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o) I confini della predicazione conventuale coincidono di solito con quelli della città-stato e/o della diocesi. Mobilissimi tuttavia nelle fasce periferiche, soggetti a raccordarsi con le riconfinazioni territoriali sui ritmi delle vicende politico-militari; molto fluide prima delle solidificazioni statuali del Quattro-Cinquecento. I capitoli dirimono frequenti controversie liminari tra conventi (de terminis, de finibus predicationis); d'abitudine nominano una commissione e ratificano la decisione dei giudici.

MOPH III, 247/3-10, e simili. Peculiare la convenzione ag.-sett. 1414 circa cessione dei diritti di questua in territorio della predicazione, senza modificarne i termini e dietro compenso di 200 fiorini renani, tra i conventi Groningen e Osnabrück (provincia Saxoniae), approvata dal provinciale: P. Wehbrink, Aus dem Preußischen Staatsarchiv in Osnabrück, «Archiv der deutschen Dominikaner» 1 (1937) 129-31.

L'accertamento della predicazione di frati originari di territori limitrofi, in mancanza d'attestazioni esplicite, può restare problematico. In linea di principio la registrazione nella cronica fratrum vale affiliazione, salve consuetudini lassiste di taluni cronisti, specie tardivi. «Frater Riccardus de Laraghaza» (Cr SMN n° 274 edizione) sfida ogni identificazione geografica. Il testo dice «Frater Riccardus de Baraghaça» (OP 1294, † 1334). Baragazza oggi in provincia di Bologna (tra Roncobilaccio e Castiglione dei Pepoli), allora nella Romandiola fiorentina, territorio appenninico di confine conteso dai due comuni; un arbitraggio l'aveva assegnato a Firenze, rivendica Matteo Villani († 1363). Cronica VIII, 95, 37-45 (ed. G. Porta, Parma 1995, II, 255-56): «diremo de' confini tra il nostro Comune e quello di Bologna...». Sacchetti novella 185.

La predicazione d'un fr. Dominicus de Monte Luco (1327) (ASS, Patrim. resti eccles., S. Domenico 9.XI.1327, tra i 45 frati capitolari del convento senese, MD 18 (1987) 255 n. 72)? Monteluco a Lecchi (oggi comune Gaiole in Chianti, pr. Siena) nel piviere San Marcellino in Chianti (dioc. Arezzo), all'incrocio dei confini diocesani Arezzo Siena Fiesole; e di quelli politici Siena e Firenze, un tempo motivo d'affronto tra le due città, buone alleate ora contro la potenza pisana (Davidsohn II, 239-40; V, 402. P. Santini, Studi sull'antica costituzione del comune di Firenze. I. Contado e politica esteriore nel sec. XII, «Archivio storico italiano» ser. V/ t. 25 (1900) 25-86, con carta topografica acclusa). Cr SMN tace Domenico. Cr Si incapace nel 1403 di recuperarne il nome? Il notaio fiorentino Biagio di ser Gianni Boccadibue (1314) sembra messo alla prova per fermare sul protocollo identità e appartenenze: «Cione filius fratris Dominici de ordine Predicatorun conventus Beati Dominici de Senis, qui vocabatur in seculo dominus Ciampolus fil(ius) olim domini Salvi iudicis fil(ii) condam domini Drudoli de Monte Lucho ad Lecchium, qui dicebatur de Cacchiano comitatus Florentie, civis senensis, suo proprio... nomine et etiam procurator legitimus Vulti fratris sui, filii etiam eiusdem fratris Dominici», vende un terreno sito «prope civitatem Florentie in contrata et populo Sancti Miniatis ad Montem» (ASF, Notar. antecos. 2964, ff. 130r-132v: Firenze 13.VI.1314).

Dunque fra Domenico di messer Salvi da Monteluco a Lecchi, nel secolo messer Ciampolo, originario di Cacchiano (Cacchiano pressso San Regolo di Brolio? piviere San Marcellino, territorio del contado fiorentino), a suo tempo sposato, padre di Cione (cittadino senese) e di Volto; beni immobili nel suburbio fiorentino. RD Tuscia I, 73 n° 1635 (da.lLekio), 89 n° 1986 (de Lecchio); II, 105-06 n° 1862, n° 1872 (de Monteluco). Villani  VI, 6; XIII, 23, 45-50. E. Conti, La formazione della struttura agraria moderna nel contado fiorentino III/2, Roma 1965, 453b.

Mobilità e ridefinizioni terminali delle predicazioni: soglia a una storiografia politica dei conventi mendicanti e delle loro solidarietà civili. La linea di confine, e suoi movimenti, svela le intenzioni del sistema.

p) Frati perseveranti fino all'ultimo, «et in eodem ordine usque ad mortem perseveraverunt». Chi ha abbandonato, è ignorato dalla cronica fratrum; non per dimenticanza, disinformazione o discrezionale reticenza del cronista ma per programmata esclusione. Defezione dall'ordine, o dallo stato religioso, di chi ha già emesso professione: fenomeno pudicamente eluso, che campioni di ricerche locali fanno ritenere rilevante. La casistica giuridica prevede:

1°) transizione legale ad altra regola, arctior in linea di diritto, con licenza delle autorità competenti, sufficiente quella del priore provinciale; possibile il ritorno alla religione d'origine: Decretales Extra III, 31, 10 e 18; giurisprudenza e prassi variegata trasmesse dalla Glossa ordinaria. Caso esemplare per iter legale e documetaristico: fr. Iacopo di Gino da Calenzano (1291-1308) in Quel che la cronaca..., MD 18 (1987) 275-81.

Quanto al "Feliciano da Calenzano" (ib. p. 281, e MOPH XX, 373b) credo si debba riferire tutto a un unico Feliciano da Spoleto, 1288-1310: MOPH XX, 86/20; 101/17; 112/29-30 (restitusci fratres Felicianum, Iacobum de Chalenzano,...); 132/7-8; 147/28; 148/3; 154/26; 177/34; 179/30.

MD 18 (1987) 276-77. ASF, Notar. antecos. 1761, ff. 63r-64r (Firenze 1.IX.1403, capitolo di SMN): priore, con i frati capitolari del conv. fiorentino (tot. 21), «asserens se habere licentiam et mandatum a patre < .  .  . > provinciali totius dicti ordinis..., considerantes fr. Iacobum Angeli de Florentia, fratrem dicte ecclesie SMN et dicti ordinis sancti Dominici, ex certis iustis et rationabilibus causis dicto domino priori expressis et per ipsum fr. Iacobum enarratis et maxime quia videt quod alibi vitam suam et quoad fructum anime melius poterit profi<ci>sci, ex causis ut predicitur expositis, velle ad artiorem vitam vel saltem parem transire, ingredi, et se a dicta ecclesia... et conventu segregari», danno consenso, per quanto loro spetta, a che fr. Iacopo di Angelo possa tornare al suo primitivo stato legale, rientrare in pieno diritto d'ogni suo bene, passare ad altra regola.

Cr Si n° 150, 1424.

 2°) abbandono illegale dello stato religioso, configurato quale apostasia ab ordine, inducente irregolarità canonica, e successivamente scomunica ipso facto; si dà che l'apostata rientri in convento, sconti le pene previste e riacquisti pieni diritti di religioso: Glossa ordinaria Ad nigros, Extra I, 11, 10 (Decretales Gregorii papae IX una cum glossis, ed. Venetiis 1584, col. 255a): «Vel dic quod non est apostata nisi qui ad seculum redit, infra De apostatis c. 1, et 50 dist. c. 6»; Glossa Apostasia, Extra V, 9 De apostatis, 1 (col. 1689a): «Est autem triplex apostasia..., <3a> irregularitatis cum quis recedit ab ordine suo, sive sumptae religionis, ut hic et 50 dist. c. ultimo, et dicitur apostata idest retro stans»; Casus, Extra III, 31, 23 (col. 1255a): «Nota quod novitii in probatione positi infra annum libere possunt redire ad seculum, nisi evidenter appareat quod noluerint vitam mutare». Sextus III, 24, 2.

3°) espulsione, prevista ed eseguita a norma di Constitutiones OP I, 19 (de gravissima culpa), accertata che sia l'incorreggibilità.

Poco utilizzata a quanto pare la Forma et modus correctionis criminum fratrum in ordine delinquentium (26.V.1339), recuperata da H.Ch. Scheeben, Handschriften I, «Archiv der deutschen Dominikaner» 1 (1937) 151-56: testo in appendice al capitolo generale 1339 (nulla negli atti capitolari, MOPH IV, 252-60), descrive in 11 articoli la procedura seguita nell'ordine per l'accertamento dei crimini ed erogazione delle pene costituzionali (dist. I, cc. 16-20); sottoposta a consultazione teologico-giuridica, i commissari approvano. Atti de apostata capiendo nel regno d'Inghilterra studiati da D. Logan, Runaway Religious in Medieval England, c. 1240-1540, Cambridge Univ. Press 1996, con supplementare censimento dei religiosi apostati ab ordine; notizia da «Mémoire dominicaine» 11/Pr (1998) 203-05.

q) "Il cronista ha dimenticato": lamento e spiegazione insieme dei frequentatori di queste cronache, anche premoderni; inclini a riparare tramite integrazioni marginali. Presunte omissioni promosse a testo d'edizione anziché interpolazioni da relegare in nota. L'accertamento di lacuna, vera omissione d'autenticità redazionale o d'autore, nella cronica fratrum deve passare duplice vaglio: a) appartenenza del frate alla predicazione conventuale; b) perseveranza in religione fino alla morte.

Esempi di tardive interpolazioni Cr SMN n° 196 (pratese 1321), n° 203 (pistoiese 1312); del primo il cronista di Cr Ov (1346-48) diceva che aveva lasciato erede il convento pratese «unde traxit originem» (31, ed. 41), e riponeva il secondo tra i vescovi del convento pistoiese (39, ed. 35-36), ben praticando le regole della cronica fratrum. Mentre Cr SMN n° 44, n° 78, n° 97, n° 98, n° 109, accoglie coerentemente pratesi prima dell'istituzione del convento in Prato (1282), territorio della predicazione fiorentina.

# Gualtieri da Ganghereto ( 1321)

# Domenico "de Florentia" arcivescovo tolosano († 17.III.1422)

# Guglielmo di Niccolò da Aachen o da Firenze (OP 1440 ss)

Ignoro in questa sede i luoghi testuali che soffrono parentesi d'incuria o d'abbandono dei cronisti, con recupero non coevo di decessi trascorsi; da passare a doppio vaglio critico, visto il valore di ricaduta. Il paragrafo marcato * in Necr. I, 345, inferisce grave colpo alla redazione di Cr SMN decenni 1330-40, a motivo di «Frater Thomas filius olim ser Bindi pinçocheri de populo Sancti Miniatis inter Turres» (Cr SMN n° 276; OP 1276, † 1336): entro un blocco di testo  -  si argomenta  -  redatto dopo il 1343 perché in quest'anno il padre di fra Tommaso risulta ancora in vita. Ma chi è il ser Bindus padre di Tommaso? «Domina Ghese filia condam Gualduccii de Pilastris de populo Sancti Miniatis inter Turres, domina de Penitentia de habitu fratrum Predicatorum», il 15 febbraio 1321 fa testamento e dispone tra l'altro un lascito fr. Thome filio condam ser Bindi Montanini de OP (ASF, NA 3143, ff. 53v-54v: Firenze 15.II.1320/1). Padre di fra Tommaso è ser Bindo di Montanino del popolo San Miniato tra le Torri (centralissima chiesa, abbattuta, presso Via Pellicceria e Via de' Lamberti, patronato dei Pilastri), dell'ordine della Penitenza (Meersseman, Dossier 312a; AFP 1990, 213-14), ancora in vita in gennaio 1306 (ASF, NA 3141, ff. 18v-19r (12.I.1305/6) Bindo Montanini uno dei sindaci e procuratori «fratrum de Penitentia civitatis Florentie bigi habitus de ordine tertio beati Francisci»), già deceduto in febbraio 1321; non Bino di Bonagiunta: «Binus condam Bonagiunte Venuti olim populi Sancti Pauli, qui hodie vocatur frater Bene pinçocherus de tertio ordine beati Francisci, qui moratur in populo Sancte Marie de Verçaria... donavit irrevocabiliter inter vivos anno Domini Mcccxliij cum infrascriptis pactis» (ASMN I.A.3, Liber recordationum novus f. 22v).

r) Il codice anagrafico tra individuo e istituzione riversa fantasmi nei chiostri conventuali; unitamente alla reticenza, che coniuga pietas e decoro. Un priore notabile di Santa Maria Novella non ha da comparire nella cronaca domestica se originario della predicazione aretina (Ugo degli Ubertini (d’Arezzo): Priori di SMN, MD 1986, 273-74). Per altro verso, frate è anche chi non lascerà nome sulle carte ufficiali della rappresentazione conventuale. Fantasmi rimossi in radice e tuttavia ingombranti. Zanobi di Ricco degli Albizzi da Firenze: apostata e incorreggibile, viene espulso dall'ordine dei Predicatori per decisione del provinciale Giovanni dei Porcari da Roma e definitori, Orvieto 22 settembre 1331. Soccorso dal cardinal legato in Tuscia Giovanni Gaetano degli Orsini († 27.VIII.1335) e dal vescovo fiesolano Tedice degli Aliotti, nel 1334 Zanobi è benedettino nella Badia Fiorentina. Pontius Stephani (cf. G. Biscaro, Inquisitori ed eretici a Firenze (1319-1334), «Studi medievali» 6 (1933) 173 ss) canonico di Béziers, delegato papale sui monasteri, ingiunge a Zanobi di produrre evidenza di legittimità canonica della sua monacazione; consulta in materia quattro giuristi (Firenze-Bologna 1335-36), incluso Giovanni d'Andrea, famoso autore della glossa al Liber sextus decretalium; tutti concordi nella negativa. È il medesimo Zanobi, figlio di Ricco di ser Compagno degli Albizzi, che il 24 giugno 1313 aveva contratto matrimonio con una Bardi? Perplessità da sorpresa più che da incongruenza testimoniale. Comunque sia, non si può dire che il caso Albizzi non facesse rumore. Eppure costui non lascia traccia nei ricchissimi fondi del convento fiorentino; sconosciuto al gran collettore prosopografico che è il "Necrologio" dell'Orlandi.

Giovanni dei Porcari da Roma: personaggio notabile sfuggito alla pregevole ricostruzione di A. Modigliani, I Porcari. Storie di una famiglia romana tra Medioevo e Rinascimento, Roma 1994. Cf. MOPH IV, 221/16-17; XX, 383a. ASS, Patrim. resti eccles., S. Domenico 24 dic. sec. XIV (questa la segnatura archivistica): lettera, qua e là lacera, di Ugo da Vaucemain maestro OP (1333-41) al priore del convento OP di Siena, Datum Parisius 27.XII.<1333-34?>: «Notum autem vobis facio quod Vannicellum, famulum fratris Iohannis de Roma bachelarii parisiensis, mittunt ad vos...».

Dev'esser raro specimen di lettera d'espulsione, ASF, Dipl. Badia fiorentina 19.X.1334, terzo §: «Universis presentes licteras inspecturis fr. Iohannes de Porcariis fratrum OP in Romana provincia prior provincialis indignus, salutem et sinceram in Domino caritatem. - Iustitia, sine qua multitudo gubernari non potest, secundum gravitatem culparum acerbitatem adhibet penarum ius suum unicuique tribuens, crimini distinguens modos afflictionum secundum exigentiam transgressionum. Frater igitur Çenobius de Albicçis de Florentia, qui gravissimam culpam commisit in Parasceve apostatando, acerbissima pena plecti et amaris doloribus castigari debebat; quam penam et penitentiam impositam et imponendam ferre contumaciter recusavit. Ego igitur, considerata beati Augustini patris nostri regula, que iubet reum emendatoriam subire vindictam, quam si non tulerit de nostro ordine nostraque sotietate mandat proici, viso etiam et diligentissime inspecto nostrarum constitutionum tenore, qui gravissimam appellat culpam incorregibilitatem illius qui nec culpas timet admictere et penas recusat ferre..., de diffinitorum consilio et assensu ipsum fr. Çenobium, qui iam a corde abiecit, habitum nostre professionis mando exui et a corpore nostri ordinis tanquam inutile membrum <... un rigo di scrittura d'incerta lettura per guasto da piega di pergamena; ne decreta l'espulsione e lo assolve dalla sentenza di scomunica precedentemente incorsa per apostasia>. In cuius sententie et expulsionis et absolutionis testimonium, sigillum nostri provincialatus duxi presentibus appondendum. Datum in Urbeveteri in nostro provinciali capitulo anno Domini millesimo trecentesimo trigesimoprimo die vigesimasecunda mensis septembris». Nulla negli Atti del relativo cap. provinciale, MOPH XX, 255-68.

Tutto il caso in ASF, Dipl. Badia fiorentina 19.X.1334, segnalato da M. Ascheri, Analecta manoscritta consiliare (1285-1354), «Bulletin of Medieval Canon Law» 15 (1985) 68-70. «Religiosus vir Çenobius condam Ricchi infrascriptus...» nel § 2°. Nerbo argomentativo del consilium dei giuristi: fatta la distinzione tra abiectus cum ignominia (espulso) e licentiatus ad alium ordinem, ritengono che quod factum est per episcopum fesulanum nullum est in iuribus; che per privilegio apostolico i professi OP non possono assumi vel transire ad monacatum nigri habitus (cf. MOPH IV, 181/21-25); che Zanobi non fu mai monaco, e pertanto eiciendus tamquam intrusus da tale abbazia. In definitiva, espulso senza licenza di passare ad altra religione, costui in radice è ancora sottoposto alla giurisdizione del suo prelato OP. 

ASF, Notar. antecos. 2964, ff. 67v-68r (Firenze 22.VI.1313): «Ricchus filius olim ser Compagni de Albicçis populi Sancti Petri Maioris, et Çenobius filius eiusdem Ricchi paterno consensu et iussu, et uterque ipsorum», confessano aver ricevuto da Lippo del fu Maffeo dei Bardi 412 fiorini d'oro quale dote di donna Grana, figlia di Lippo e futura moglie di Zanobi; a lovo volta e a norma degli statuti fiorentini, «vice et nomine morgincap» [= donativo sponsale risalente al diritto longobardo, cf. G. Masi, Formularium florentinum artis notariae, Milano 1943, 122-24] donano a Lippo per donna Grana lire 50 di fiorini piccoli. Segue immediatamente, f. 68r (24.VI.1313): «Predictus Çenobius consensu dicti Ricchi sui patris ex una parte, et dicta domina Grana consensu dicti Lippi sui patris ex altera, per verba de presenti et utriusque consensum expressum et anuli dationem et receptionem inter se ad invicem, matrimonium contraxerunt».

■ → fr. Zanobi di Ricco degli Albizzi da Firenze

Sconosciuto parimenti Ambrogio dalla Querciuola: così nei capitoli provinciali, lettore 1287-92, senza svelare la predicazione conventuale (MOPH XX, 365b). Un atto capitolare di Città di Castello ci dice formalmente che in febbraio 1291 lettore in quel convento è «frater Anbrosius de Guerciola Florentinus»: G. Casagrande, Chiese e conventi degli ordini mendicanti in Umbria nei sec. XIII-XIV. Archivi ecclesiastici di Città dei Castello, Perugia 1989, 55-56 (18.II.1291).

Altro sconosciuto alle fonti conventuali fr. Marianus della Casa de Florencia OFP: nel 1434 ottiene licenza papale di passare all'ordine di San Benedetto: ASV, Reg. Suppl. 297, f. 43v (Eugenio IV, Firenze 24.VII.1434).

In regolata redazione fin dal 1403, Cr Si dimentica il maestro nell'arte del vetro fra Ambrogio di Bindo da Siena (Laurent, I necrologi x-xi)? Frate di San Domenico in Camporegio già nel 1390 (ASS, Spoglio de' Contratti dell'Arch. S. Domenico B 56 (xvii in), ff. 23v-24r: 22.IV.1390), ancora nel 1411, in febbraio 1416 Ambrogio di Bindo porta l'abito camaldolese (V. Marchese, Memorie dei più insigni pittori, scultori e architetti domenicani, Genova 18693, II, 499-500, 602-06; in p. 606 «del'ordine di Chamaldoli»). Tragitto inverso: Ambrogio di messer Luigi dei Sansedoni, professo nella Certosa del suburbio fiorentino, passa ai domenicani in Pistoia 1373, muore in Roma agosto 1392, figlio del convento senese, Cr Si n° 102 ne tesse l'elogium (ASS, Patrim. resti eccles., S. Domenico 12.V.1376; vi si dice «professionem olim factam per ipsum in conventu fratrum cartusien(sium) extra Florentiam», che rinvia alla Certosa fiorentina, fondata nel 1342 da Niccolò Acciaioli, cf. C. Chiarelli - G. Leoncini, La Certosa del Galluzzo a Firenze, Milano 1982). E chiudiamo il cerchio: per effetto della distribuzione adeguata dei ruoli, il liber mortuorum (Laurent, I necrologi n° 610 1344, «... qui fuit frater noster», n° 809 1348, «... monachus de Colle, olim frater noster») o delle sepolture può ricuperare contro il programmato silenzio della cronica fratrum il nome d'un ex frate se sepolto nei recinti conventuali:

Pistoia, Bibl. comunale Forteguerri B 76 (xv-xvi), f. 81v (Liber de sepulturis di San Domenico di Pistoia, 1457): «sepultura Peghini Nelli, de cuius stirpe tantum superest Petrus Antonius ser Luce spur<i>us, qui fuit frater noster, et etiam pater suus scilicet ser Lucas, et non perseveraverunt; et etiam creditur quod sit mortuus, et sic vacaret; qui etiam nunquam hic conparuit ex quo a nobis recessit, et pater suus eo die quo a nobis recessit mortuus est anno revoluto».

Occulto e tenace funzionamento delle regole del giuoco. Da portare alla luce. A condizione che si esca dal testo.

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