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Cronaca di San Domenico d'Orvieto  |

Bibliografia e aggiornamento

 Tommaso Bottini da Lucca OP, Memorie dell’origine e progressi del monasterio delle monache di S. Paolo d’Orvieto dell’ordine di S. Domenico, Orvieto 1631. BiblDom XIV.67.

Bartolomeo di Tebaldo da Orvieto OP († 1423 ca.) oltre che sulla cronaca orvietana è intervenuto anche sulle carte della Cronica del convento perugino; di sua mano è la glossa inserita in Perugia, Bíbl. Comunale Augusta 1141, f. 10v marg. inf.: «Sub magistro Iordano… chathalogo sanctorum fuit annotatus».

Rossi-Riccetti = M. Rossi Caponeri - L. Riccetti, Chiese e conventi degli ordini mendicanti in Umbria nei sec. XIII-XIV. Archivi di Orvieto, Perugia (Archivi dell'Umbria, Inventari e Ricerche, n° 9) 1987.

Preziosa pubblicazione documentaristica. Qualche cautela nell'uso: "superior" correggilo in supprior, almeno nei testi relativi ai conventi OP (emendazione per divinatio!); l'ablativo "Urbevetere" potrebb'apparire Urbeveteri quando in scritto extenso. Toponimi e antroponimi presentano oggettive difficoltà di lettura, e qua e là le flessioni della grammatica tardomedievale potrebbero suggerire esiti diversi. Quando si mirasse a ricostruire rigoroso curriculum personale, o a sciogliere omonimie, bisognerà ricontrollare l'originale.

E. Paoli - L.G.G. Ricci, La Legenda di Vanna da Orvieto, Spoleto 1996, pp. 254. Vanna o Giovanna da Orvieto, sorella dell'ordine della Penitenza di San Domenico, † 23.VII.1306, 42enne. Autore della Legenda il contemporaneo fra Iacopo Scalza da Orvieto OP: 44 anni di vita religiosa, ultimo dato conosciuto 1331, nel 1299 già studente in filosofia: dunque deceduto prima della redazione della cronaca orvietana 1346-48. SOPMÆ II, 340-41; IV, 136-37. In appendice, pp. 191-242, antico volgarizamento della Legenda, eseguito in agosto 1400 da Tommaso d'Antonio di Naccio da Siena OP (nessuna testimonianza attendibile del cognome "Caffarini", p. 132), che riproduce edizione Passserini, Roma 1879.

Paola Réfice, Pulchra ut Luna. La Madonna de Braye in San Domenico a Orvieto, Roma (Editrice Univ. La Goliardica) 1996, con 54 riproduzioni. Specie nel primo capitolo: notizie e bibliografia sulla chiesa e sue vicende edilizie di base. Dono dell'Autrice, ott. '96.

(dalla quarta di copertina): Pulchra ut Luna, bella come la luna: è uno degli appellativi tratti dall'Antico Testamento con cui i testi del Medioevo si rivolgono a Maria. La Luna è un elemento chiave della ricerca affrontata in questo libro. Essa è rappresentata, sotto forma di gioiello, nella statua della Vergine che compare nel monumento funebre del cardinale Guglielmo de Braye (morto nel 1282) nella chiesa di S. Domenico a Orvieto. Studi recenti hanno provato che la statua è un originale antico, una divinità femminile che Arnolfo di Cambio [1245 ca. - † Firenze 1302 ca.] riutilizzò adattandone l'aspetto - con l'introduzione di elementi quali appunto la luna - a immagine sapienziale della Maria/Ecclesia. Partendo dalla luna, appunto, il libro si propone di percorrere questo importante episodio di riuso dell'antico, analizzando i significati che l'immagine andò ad assumere, in relazione con le elaborazioni dottrinali e teologiche proprie dellambiente dei dottori e della curia, di cui Guglielmo de Braye faceva parte.

(pp. 18-19) Prima del recente smontaggio, il monumento era addossato al muro a sinistra dell'entrata dell' aula, già transetto, e quindi nella stessa posizione - la parete breve sud dello stesso transetto - in cui è descritto nella relazione del 1752; si presentava come una struttura complessa, su un doppio basamento cosmatesco - nella parte superiore derivato da una serie di arcate a galleria, rese cieche - sormontato dalla camera con la figura del defunto giacente affiancata da due accoliti reggicortina e da una parte superiore, impostata su una mensola evidentememente ricavata in epoca posteriore, con due nicchie in spessore di muro contenenti le statue del defunto con san Marco, di san Domenico e, al culmine, la nicchia archiacuta con il trono della Vergine col Bambino. Al centro dei tre gruppi scultorei, la lunga iscrizione, con la data 1282 e il nome di Arnolfo.

Da quasi due secoli, comunque, la statua della Vergine col Bambino è inserita in ogni proposta di ricostruzione, sempre con un ruolo di grande rilievo nel significato complessivo del monumento. La constatazione della sua antichità conferma oggi questo ruolo centrale e induce a porre l'accento sulle implicazioni derivanti da due fatti: 1) l'inserimento ab origine di un siffatto elemento di riuso; 2) le modifiche ad esso apportate da Arnolfo per adattarlo alle nuove significazioni.

C. Delacroix-Besnier, Les dominicains et la chrétienté grecque aux XIVe et XVe siècles, Rome (École franç.) 1997, pp. XIV-478.

«Une étude approfondie de la présence dominicaine en Orient et du róle des frères précheurs dans l'ancien domaine byzantin était nécessaire pour mieux comprendre leur action déterminante dans la mise en oeuvre du concile de Ferrare-Florence en 1438-1439. (...). Au centre de cette mosaique, une attention toute particulière est consacrée au couvent de Péra, situé dans la colonie génoise de Constantinople et de certains de ses religieux (Philippe de Péra, André Chrysobergès) qui entretiennent des rapports étroits aver l'élite intellectuelle byzantine. Préparant le concile de Florence et ses discussione théologiques qui aboutiront au décret d'union de 1439, l'oeuvre de ces frères précheurs apportera également une importante contibution à l'Humanisme naissant».

Utilissime cartine geografiche in pp. 492-93. Interessa molti domenicani della provincia Rmana, e sue cronice fratrum, in rapporto alle missioni in Oriente. In pp. 431-446 lista dei frati domenicani orientali o in Oriente.

L. Pellegrini, I manoscritti dei Predicatori, Roma (Istituto Storico Domenicano) 1999, 470a.

 (pp. 122-23) La cronaca del convento di Orvieto presenta notevoli affinità strutturali con la cronaca perugina: è anch'essa articolata in tre parti, nettamente distinte a livello redazionale, disposte secondo uno schema concentrico che va dall'Ordine in generale, alla Provincia romana, al convento orvietano. La prima sezione contiene la biografia dei maestri generali e dei cardinali domenicani da Ugo di San Caro (m. 1264) a Geraldo di Limoges (m. 1343); la seconda è dedicata alla brevissima menzione di personaggi domenicani appartenenti alla Provincia romana che abbiano rivestito gradi gerarchici nella Chiesa o nell'Ordine (vescovi, rubricati per città e conventi di provenienza, penitenzieri del Papa, maestri in teologia, priori provinciali); una terza sezione, in conformità con l'uso istituito dalla cronaca fiorentina, contiene le biografie dei frati defunti originari di Orvieto e del territorio che ne limitava la praedicatio conventuale. Le notizie contenute nelle prime due sezioni fanno sì che l'arco cronologico complessivamente abbracciato dalla cronaca parta dal 1215. Compilata da frate Giovanni di Matteo Caccia tra il 1346 e il 1348, la cronaca si arresta con la notizia relativa a Nallo da Orvieto, deceduto nell'aprile di quell'anno, e contiene, complessivamente in questa sezione, centoquarantasei biografie.

È ormai provato che il Caccia, nel redigere la cronaca orvietana seguisse, almeno per le parti più generali e comuni, la falsariga di quella perugina. Lo stretto legame tra le due cronache è testimoniato dalla pressoché esatta sovrapponibilità dei rispettivi prologhi e dal brano in cui si prospettano istruzioni per i futuri compilatori, mentre è appurata l'antecedenza cronologica della cronaca perugina rispetto a quella orvietana.

(pp. 393-95) sermonari di Iacopo Scalza da Orvieto OP.

Raimondo da Capua, Legenda beate Agnetis de Montepolitiano, ed. critica a c. di Silvia Nocentini, Firenze (Ed. del Galluzzo) 2001. Interessa Orvieto, perché allora Montepulciano apparteneva alla predicatio orvietana.

(2009) Un convento domenicano in Pitigliano?

S. TUGWELL, Did Dominicans practise affiliation in the thirteenth century?, AFP 80 (2010) 94-95.

30.VIII.2012. «Dominican history newsletter» 18-19 (2009-2010) pp. 101-02 sul convento di Narni.

3.IV.2013. CAMPANE PER LA CATTEDRALE. NUOVI RECUPERI DAI DEPOSITI DEL MUSEO DELL'OPERA DEL DUOMO, a cura di Laura Andreani, Alessandra Cannistrà, Giampaolo Ermini. OPERA DEL DUOMO DI ORVIETO 2011, pp. 26.

■ p. 9, SOMMARIO:

Anima e mantello. Dare forma alla memoria

Alessandra Cannistrà, p. 11

Campane per la cattedrale di Orvieto.

Qualche nota per una storia da scrivere

Giampaolo Ermini, p. 19

Campane per la cattedrale

Giampaolo Ermini

     Scheda 1, p. 33

     Scheda 2, p. 41

Appendice documentaria

a cura di Laura Andreani e Giampaolo Ermini, pp. 51-62

p. 62: Finito di stampare nel mese di Aprile 2011 dalla Tipografia Ceccarelli, Grotte di Castro (VT)

■ Dono di Giampaolo Ermini, 18.III.2013, venuto a consultare l'Archivio di SMNovella.

■ «Come detto, il campanile ospita cinque bronzi. Nella finestra più vicina alla facciata si trova la campana maggiore, un grande bronzo fuso nel 1609 da Orazio Censore e Marcello Mannaccio, due bronzisti romani. Proseguendo in direzione della tribuna, la seconda finestra accoglie una campana del 1551 - la quarta in ordine di grandezza -, l'autore della quale rimane per ora ignoto. Questa potrebbe corrispondere alla mezzana di Sant'Agostino: è un'identificazione sulla quale si ritornerà. Nella terza finestra alloggiano due campane sovrapposte: un bronzo fuso dal fermano Giuseppe Compiano nel 1598 - il terzo del concerto - e, al di sotto, una campana del 1797; questa è la minore di tutte ed è opera di due fonditori romani, Francesco De Blasi e il figlio Pietro. Nell'ultima apertura si trova il bronzo fuso nel 1961 dalla fonderia Marinelli di Agnone (Isernia), importante opificio che a tutt'oggi continua la propria attività. La campana Marinelli è la seconda del concerto» (p. 23).

■ Appendice documentaria, pp. 51 ss, con interessanti testi secenteschi del volgare orvietano!

J. CANNON, Religious Poverty, Visual Riches. Art in the Dominican Churches of Central Italy in the Thirteenth and Fourteenth Centuries, Yale University Press, 2013, p. 440a.

Pp. 167-68: «The Good Friday [= venerdì santo] experiences of one local woman, Vanna of Orvieto (1264—1306), who prayed in the church of S. Domenico in Orvieto, have been recorded. Vanna was a member of the Dominican Third Order in Orvieto whose devout life was recorded in a legenda compiled after her death. She was regarded locally as a saint. For all except one of the last ten years of her life, the legenda tells us, she experienced Good Friday in the Dominican church at Orvieto with particular intensity. Stretching her arms out, she stood rigid, pale and insensible in the form of a cross. Her companions could hear the rattling of her bones, as though they were about to fall from their sockets. She placed one foot over the other and became immovable. In this posture she felt bitter pain and weakness, and she remained thus, affixed to the cross with Christ, until nightfall.

As Elvio Lunghi has noted, the description of Vanna's pose offers a striking comparison with a carved wooden crucifix stili located in S. Domenico in Orvieto (fig. 146). Lunghi convincingly associates this crucifix with the type represented by the 'Pestkreuz' in S. Maria im Kapitol, Cologne, arguing that it is probably a Rhenish work of the late thirteenth century. The sculpture insists on the wounded skin and stretched body of Christ. The observation of Vanna's companions that her arms appeared about to fall from their |168a| sockets could equally be applied to this piece, and her stance, with one foot placed upon the other, imitates the pose of Christ in the three-nail crucifix type standard in northern European crucifixes of the thirteenth century, but introduced finto Italian works only in the later part of the century. The holy woman and the crucifix were connected after death, for by the time of Vanna's beatification in 1754, and perhaps long before that, her remains were associated with the crucifix altar in the right transept of the church.

The Orvieto sculpture's very troubling concentration on Christ's bodily suffering is of a type often associated, in discussione of Italian art, with Franciscan devotional literature. Giotto's S. Maria Novella crucifix has been seen, by Emma Simi Varanelli, as a distinctively Dominican (and specifically Thomist) visual contrast to these concernes. But themes in |168b| Franciscan Passion literature can already be found, as Thomas Bestul has clearly demonstrated, in earlier works, often from a Cistercian milieu, and attributed to such authors as Anselm and Bernard. Moreover, Bernard's description of Christ's bodily suffering is quoted extensively in one of the most popular of Dominican texts, Voragine's Legenda aurea. Voragine enumerates five pains of the Passion, citing Bernard (and Jerome) in describing, for example, how "the fourth pain resulted from the tenderness of his body...  Jesus was handed over to the soldiers to be scourged, and the scourges tore that most sacred body and the breast in which God dwelt".

We do not know how the Orvieto crucifix came to S. Domenico: whether it was brought there through connections with a house of north European, perhaps Rhineland, Dominicans, or was made by an itinerant north European sculptor. Nor do we know where and how it was displayed. But its relatively small scale (under life size) indicates that it was not displayed above the tramezzo as the great cross of the church. Vanna's story suggests that towards 1300 the crucifix was accessible to the laity, including females, on Good Friday, and probably at other times. Her story also suggests that the local friars may have considered the sculpture an important tool for instructing the laity. In Vanna's vita the anonymous author [= fra Iacopo Scalza da Orvieto OP], assumed to be a Dominican, says that the Good Friday representation of Christ's passion was provided "by holy mother church in order to stimulate the devotion of the faithful" ("ad excitandum devotionem fidelium"), and his description of Vanna's empathetic sufferings was presumably intended to have similarly instructive value, especially for those expected to leave the choir enclosure before the Adoration of the Cross».

17.VI.2014. DHN 20 (2011) pp. 127-29 n° 612.

 


ASMN  I.C.102 A 77r Sanctificamini (resp. in vig. Nativ. Dni)
finis

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