XXX.3)  Il Maestro Roman Vlad

Roman Vlad ha avuto una presenza importante e duratura nella vita della SIAE, come Consigliere di Amministrazione, come  Presidente, come Commissario straordinario e anche come Presidente rieletto della CISAC. Musicista e musicologo insigne, egli è uomo di vastissima cultura, in grado di parlare correntemente in otto lingue (romeno, italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, russo, yiddish) e di tenere una conversazione sempre interessante sugli argomenti i più disparati. Queste capacità sono il frutto di una eccezionale curiosità, di una inesauribile avidità di conoscenza.

Ho cominciato a conoscerlo quando è stato nominato Presidente della SIAE; come tale egli presiedeva le sedute della Commissione della Sezione Musica. Le prime volte, vedendolo gettarsi decisamente nelle discussioni, ho avuto paura che rischiasse di parlare .. a ruota libera. Dovetti presto ricredermi, constatando come si impadronisse rapidamente degli argomenti volta a volta trattati dai vari esperti vecchi Commissari in materie che erano di solito sostanziate di concreti e complessi interessi generali e particolari.

Sul piano personale, lo conobbi meglio in occasione di riunioni a Buenos Aires nel 1978; ero con Maria Rosa e lui conversava volentieri con lei per informarsi di varie cose dell’Argentina; fu assai entusiasta dell’asado che ci venne abbondantemente servito nella quinta della SADAIC in un ambiente quasi da pampa, tanto da ricordarlo spesso in seguito nei nostri incontri. Mi chiedeva spesso, ovviamente, spiegazioni e chiarimenti su argomenti di lavoro, ma faceva immediato e pieno profitto di quanto potevo dirgli.

Venuto in Italia dalla natia Transilvania (ci diceva di essere un discendente di Dracula, un Vlad anche lui), aveva avuto una vita movimentata, con vari episodi anche drammatici: un incendio nella sua casa di via XXIV Maggio gli aveva distrutto carte preziose; era presente sul Treno Italicus quando una bomba di attentatori fece saltare una delle carrozze accanto alla sua causando 15 morti e molte decine di feriti; ebbe a lottare con coraggio, da direttore artistico del Teatro dell’Opera di Roma, con gli orchestrali in sciopero contro di lui. Ma era sostenuto dalla calma energia della moglie Lidia, valorosa archeologa ispettrice del Ministero dei Beni Culturali, sorella del famoso magistrato Francesco Saverio Borrelli.

Un volta Maria Rosa ed io eravamo partiti in macchina da Roma per una vacanza di qualche giorno  in Campania e Puglia. Essendo partiti tardi da Roma, ci fermammo a pranzo a Frosinone alla prima trattoria che ci capitò davanti. Una volta sedutici a tavola, ci vide il Maestro che a un tavolo vicino stava terminando il suo pasto, dopo una lezione al Conservatorio locale, prima di rientrare a Roma. Si trattenne finché non terminammo anche noi, quindi venne al nostro tavolo dove rimanemmo un pezzo in piacevole conversazione. Lo accompagnammo alla stazione ferroviaria per riprendere il nostro viaggio. Ma il vetro di una porta della macchina, una volta aperto, non volle più richiudersi per un guasto della macchinetta di manovra. Due officine ci dissero che per la riparazione occorreva una nuova macchinetta  da ordinare a Roma, che certamente non sarebbe arrivata a Frosinone in giornata. Infine, dovemmo decidere di rientrarcene a casa. Raccontando poi ad amici lo spiacevole contrattempo, qualcuno volle trovarci un rapporto con l’incontro in trattoria.

Al Maestro capitò, come anni prima a me, di dover essere operato per l’asportazione di un rene. Egli ne era seriamente preoccupato. Potei tranquillizzarlo riferendogli la mia esperienza, che non mi aveva lasciato, dopo anni ormai, nessun condizionamento e tanto meno una menomazione.

Ad inizio del 1993, Roman Vlad fu estromesso dalla presidenza della SIAE con un provvedimento governativo di nomina di un Commissario straordinario nella persona di Carlo Gessa. Quando il Commissario venne a prendere possesso della carica, durante una riunione della Commissione della Sezione Musica, anch’essa esautorata dal provvedimento, Vlad lo accolse serenamente e, salutando gli astanti, dette loro un arrivederci “a presto”. Alcuni mesi dopo, venuto a mancare tragicamente il Gessa, Vlad tornò alla SIAE essendo stato egli stesso nominato Commissario straordinario in sostituzione del defunto.

XXX.4)  Il caso Ortolani

Riz (Riziero) Ortolani raccontava di aver avuto per la prima volta l’incarico di comporre musica per un film a seguito della raccomandazione di un suo amico più anziano, Nino Oliviero; per accordi fra i due, la musica fu firmata insieme e dichiarata alla SIAE come scritta in collaborazione. Quella colonna sonora comprendeva anche una canzone (Ti guarderò nel cuore) le cui parole originali erano state scritte da Marcello Ciorciolini. Tutta la musica del film era stata acquisita dall’editore Giuseppe Campi per la casa CAM. Lanciata in America in una versione inglese di un certo Neville e col nuovo titolo More, la canzone divenne un successo eccezionale, tanto che dopo alcuni anni i suoi autori ricevettero lo speciale premio accordato dal BMI alle composizioni che raggiungevano il più alto numero di passaggi nei programmi radiotelevisivi degli USA, premio condiviso con la canzone Yesterday dei Beatles. La canzone divenne un evergreen (sempreverde) entrando nel repertorio delle migliori orchestre in tutto il mondo e produsse ovviamente somme ingenti per diritti di autore per anni e anni. Il bollettino col quale la composizione era stata dichiarata alla SIAE dagli aventi diritto prevedeva la seguente ripartizione dei diritti musicali relativi alle pubbliche esecuzioni e alle diffusioni per radio e per tv: 8/24 ai compositori (4/24  a Oliviero e 4/24 a Ortolani), 4/24 all’autore Ciorciolini, e 12/24 all’editore CAM: quel bollettino, sottoscritto da tutte le parti interessate, prevedeva lo schema di ripartizione che normalmente veniva concordato e applicato in casi simili. La normativa sociale consentiva all’editore originale di cedere la composizione ad editori stranieri ai quali, sui diritti prodotti nei loro territori, poteva essere riconosciuta una quota di 12/24 comprese le spettanze dell’autore della eventuale versione straniera. Il testo inglese di Neville in effetti non era una traduzione o adattamento della versione originale di Ciorciolini, ma  un testo del tutto diverso, che tuttavia non avrebbe potuto essere sostituito al testo originale senza il consenso del  suo autore. Una norma regolamentare SIAE prescriveva che i diritti provenienti dall’estero al netto delle quote trattenute per gli aventi diritto stranieri dovevano essere ripartiti fra gli aventi diritto italiani tenendo conto del bollettino di dichiarazione depositato alla SIAE.  Riz Ortolani un bel giorno si rese conto che per questa composizione, che andava ormai in giro per il mondo col titolo More e che veniva  generalmente eseguita dalle orchestre senza cantante e quindi con la sola parte musicale, egli riceveva in Italia una quota davvero irrisoria. Venuto da me accompagnato dalla abile moglie Catina Ranieri, mi espose dapprima la storia della composizione e quindi mi mostrò il rendiconto inviatogli dalla SIAE per i diritti esteri. Feci presto a capire il motivo del suo stupore. Mi ci volle del tempo per ricostruire ciò che stava avvenendo in America. Potei alla fine accertare che le somme prodotte in USA e Canada erano ripartite dal BMI nel modo seguente: 12/24 all’editore americano CAM/USA come rappresentante-cessionario della CAM italiana, 6/24 all’autore del testo inglese Neville, 6/24 residui alla SIAE per gli aventi diritto italiani. Di quest’ultima quota, trasmessa in Italia, Ortolani riceveva 1/6 (pari a 1/24 degli incassi esteri), secondo il bollettino di dichiarazione originario; in sostanza, le somme prodotte negli USA si sperdevano fra diversi beneficiari restando a lui appena le briciole. Questo caso, anche se da vedere come un caso limite per la concorrenza di più elementi negativi (la paternità della musica condivisa, seppure consensualmente, con altro compositore; la mancanza di regole serie nel sistema SIAE; il comportamento oltremodo scorretto dell’editore; la sostituzione indebita del testo letterario originale; la partecipazione sistematica degli autori delle parole ai diritti prodotti dalla composizione eseguita senza parole) mi rese palese quanto facile sia lo sfruttamento iniquo di un autore nonostante i sistemi di protezione creati dalle Società di autori e anzi proprio  per l’uso distorto di questi sistemi. E’ facile immaginare l’ira quasi scomposta di Riz ogni volta che mi parlava di questo incredibile affare. L’accorta tenacia della Catina fu impiegata per anni allo scopo di raddrizzare alla meglio la situazione impegnandomi con assillante perseveranza.

Per prima cosa, Ortolani cercò di recuperare per via giudiziaria la paternità assoluta della composizione, esibendo in giudizio perizie e testimonianze. Ma la causa, durata anni, non si concluse favorevolmente per lui, dato che aveva sottoscritto il bollettino SIAE con la doppia paternità e per anni non aveva obbiettato sulla sua applicazione.

Toccò a me mettere mano alla situazione innanzitutto con una indagine sulla situazione nei vari paesi stranieri creata dai sub-editori locali della CAM: dopo interventi vari, comprese due visite a New York, riuscii a ridimensionare la quota complessiva degli editori, riducendo un poco il danno. Ma soprattutto il caso mi servì per portare gradualmente a una modifica del regime delle cessioni di composizioni italiane all’estero. Potei ottenere che la quota complessiva dell’editore originale e del sub-editore non superasse mai il 50% del totale; che le società consorelle straniere non potessero liquidare quote a cessionari locali per opere del repertorio italiano se non in conformità di  un esplicito e preventivo nulla osta della SIAE: che tale nulla osta veniva rilasciato dalla SIAE sulla base della notifica della cessione fattale dall’editore originale, purché le condizioni di cessione fossero conformi alla normativa sociale; che l’editore originale fosse obbligato a notificare alla  SIAE e agli autori (eventualmente per il tramite della SIAE) le condizioni della cessione, ivi compresa in particolare la riscossione di eventuali anticipi. Gli editori dovevano naturalmente  notificare alla SIAE anche la eventuale cessione (o la concessione in rappresentanza) del loro intero catagolo ad un editore straniero; in questo caso i termini della cessione o concessione verrebbero pubblicati sul Bollettino sociale, in modo che gli autori interessati ne fossero così ufficialmente informati. Si ottenne così un notevole miglioramento del settore sia sul piano sostanziale che sul piano della trasparenza.

Riz Ortolani sembrava essere un bersaglio privilegiato degli operatori truffaldini (ovviamente, “piatto ricco, mi ci ficco”). Accadde che una importante produzione televisiva italiana di cui egli aveva composto le musiche di commento venisse trasmessa in Germania. Le relative rimesse di diritti alla SIAE dalla GEMA insospettirono: una indagine specifica evidenziò che il programma musicale utilizzato dalla GEMA per ripartire i diritti comprendeva anche una consistente aliquota di musiche di un autore tedesco. Chiesi alla GEMA di accertare il contenuto effettivo della colonna sonora utilizzata nella trasmissione in Germania, tenendo presente che nessuno, né il produttore italiano, né l’autore italiano delle musiche originali avevano mai autorizzato l’inclusione di altre musiche né tanto meno la sostituzione di quelle originali. Ne venne una controversia durata qualche anno e si dovette addirittura ricorrere a citare in giudizio l’intruso abusivo presso il competente tribunale tedesco. La Gema infine cedette e ricostituì la ripartizione corretta, rimettendo alla SIAE una cospicua somma ad integrazione di quella a suo tempo liquidata per  le musiche di Ortolani.

Attraverso gli anni, si creò una consuetudine di rapporti fra noi, che portò la Catina a rivolgersi a me anche quando avevo definitivamente lasciato la SIAE ritirandomi in provincia. Maria Rosa ed io eravamo stati anche a far visita a Riz e Catina una domenica nella loro remota e isolata villa nei pressi della Via Aurelia dalle parti del fiume Arrone, dovendo discutere pressantemente una delle solite questioni poche ore prima che essi prendessero l’aereo per il loro continuo via vai con gli USA. Debbo dire che ogni volta che mi sono trovato davanti a Riz Ortolani e ho dovuto ascoltare le sue veementi espressioni di protesta, ho sentito sempre un mio complesso di colpa, dovendo confessare le difficoltà che incontravo a raddrizzare situazioni così evidentemente inaccettabili.

XXX.5)  Rapporti con gli editori

Ho già avuto occasione di fare menzione di nomi ormai storici dell’editoria musicale internazionbale, come quelli del russo Basil Bessel e dell’inglese Leslie Boosey. Degli italiani avevo appena conosciuto Alfredo Colombo e Guido Valcarenghi di Casa Ricordi. Vedrò spesso lo svizzero Alberto Carisch erede della  omonima casa milanese. Non ho avuto rapporti concreti con nessuno della Casa Musicale Sonzogno. Della napoletana Casa Curci ho avuto rapporti amichevoli con Giuseppe Gramitto Ricci erede dei Curci. 

Gli uffici della SIAE erano frequentati poco dagli autori e solo per situazioni straordinarie. Erano gli editori ad occuparsi di tutto ciò che riguardava la tutela del repertorio anche nell’interesse dei loro autori.

Molti editori erano praticamente di casa alla SIAE, innanzitutto quelli che facevano parte della  Commissione di Sezione, poi comunque quelli più attivi nella loro professione. Avevo con la generalità di essi rapporti consuetudinari e, in diversi casi, rapporti di vera e propria amicizia.

Un rapporto singolarmente stretto e durevole di amicizia si stabilì con Luciano Villevieille Bideri e sua moglie Giulia. Luciano è un napoletano verace e come i napoletani non ha nulla di scontato. La sua casa editrice Bideri, musicale e letteraria, fa parte integrante del panorama culturale di Napoli. Egli l’ha ereditata, insieme col fratello Paolo, dalla madre e dalle zie, fra cui la famosa zia Valentina Bideri che la aveva gestita con autorevolezza prima di lui. Egli possiede uno straordinario patrimonio librario di edizioni pregiate di antiquariato riguardanti in particolare, ma non solo, Napoli. Luciano si è trasferito a Roma, nella bella casa in via Val Gardena, negli anni ’60, con la moglie Giulia Montefusco e con i figli Silvia, Flavio e Valentino. A Napoli è rimasta la sede tradizionale della Casa Bideri; a Roma hanno sede le nuove aziende editoriali nate come polloni intorno al  vecchio ceppo napoletano.

Luciano prenderà il posto della zia Valentina, dopo la scomparsa di questa, come membro della Commissione della Sezione Musica; in seguito farà parte anche del Consiglio di Amministrazione e infine, nel 1995, sarà eletto alla Presidenza della SIAE. Egli è l’editore che ha la più approfondita conoscenza della SIAE e dei meccanismi della Sezione Musica, i quali sono materia  del suo hobby preferito. Incamera dati nel suo computer e ci passa ore e ore della notte a studiare progetti e a simulare formule e procedure. Non c’è quindi seduta di Commissione nella quale egli non svolga un ruolo da prim’attore, facilitato dai modi partenopei di smitizzare e umanizzare le situazioni.

Giulia e Maria Rosa sono grandi amiche, con una frequentazione assidua. Maria Rosa è di casa a via Val Gardena, dove regna la domestica eritrea Tàdelesh (la ineffabile umanità della famiglia Bideri lascia alla domestica la piena padronanza dell’ambiente e del telefono, veste e calza e mantiene agli studi sino al liceo il suo figliolo e accetta ogni prevaricazione di questa “poveretta” finché essa stessa ritiene di lasciare la casa perché non ne ha più bisogno).

Il figlio Flavio, ragazzo di rara bontà, ha sposato Cristiana, la figlia di Oreste Lionello che dal padre ha imparato egregiamente la professione di doppiatrice cinematografica. Le festicciole in casa Bideri con la presenza di amici vari intorno ad Oreste sono semplicemente divertenti. La cerchia abituale di amici comprende il regista teatrale Antonio Calenda, il musicista Mario Pagano (che ospita la comitiva in una sua caratteristica casa rustica sul lago di Bolsena nei pressi di Montefiascone), l’avv. Roberto Gava fratello dell’on. Antonio, Luigi Conte Presidente e Lucio Capograssi Direttore Generale della SIAE e tanti altri.

Con Luciano siamo stati talvolta anche all’estero. Indimenticabile la visita a Cuba, durante la quale Giulia e Maria Rosa hanno potuto godere insieme intere giornate di inusuali esperienze.

Maria Rosa ha seguito da vicino le vicende dei figli Silvia, la maggiore, infelicemente sposata a un giovane architetto pieno di inammissibili pretese e poi per fortuna divorziata con qualche costo per la famiglia (Silvia prenderà presto la gestione e poi la guida dell’azienda editoriale, avendo come collaboratore il fratello minore Flavio) e Valentino, mandato in America per un master e poi rimasto per anni in California a svolgere attività varie nel campo artistico.

Una figura mitica  nell’editoria musicale italiana resterà quella di Ladislao Sugar, tipico self-made-man, venuto in gioventù dalla natia Ungheria a Milano, prima dell’ultima guerra,  con quattro soldi. Mi raccontavano che cominciò con uno sgabuzzino in Galleria del Corso, nel quale vendeva le “copielle” per canto e piano di canzoni e ballabili. In una ventina di anni aveva costruito un impero editoriale e discografico, acquistato e rilanciato con repertori moderni la prestigiosa casa Suvini Zerboni, creato dal nulla le “Messaggerie Musicali” divenute in breve una catena di grandi negozi di musica stampata e registrata e di strumenti musicali, impiantato l’Industria discografica e il Gruppo editoriale che hanno dominato per anni il mondo della canzone italiana. Ma Ladislao è sempre rimasto un uomo semplice e riservato, moderno ed ardito nell’intraprendere quanto serio ed equanime nei giudizi e nei comportamenti.

Quando veniva a Roma per le riunioni della SIAE, scendeva sempre all’Hotel dei Congressi, un tranquillo albergo appartato dell’EUR vicino alla nostra sede. Commissario di Sezione, parlava assai poco nelle riunioni che comunque seguiva col massimo interesse; interveniva soprattutto quando il Presidente Ciampi, avendone grande stima, ne sollecitava il parere. Un giorno, in un intervallo di seduta, volle invitarmi a pranzo insieme con il mio collaboratore Oscar Argentieri per avere una spassionata conversazione sui temi di attualità, esprimendo giudizi assai discreti sugli altri editori suoi colleghi, ma facendo ben comprendere le sue opinioni assolutamente scevre da ogni grettezza corporativa. Era davvero un uomo superiore. Il suo aspetto più umano lo scopersi in occasione di una visita alla sua tenuta nei pressi del Lago di Monfortano nel Comense, quando vidi la tenerezza con la quale portava a spasso sui bei prati verdi con una macchinina elettrica il nipotino Filippo, figlio di Piero e di Caterina Caselli. A Piero, succedutogli nell’impero dopo la sua piuttosto prematura morte, ha lasciato in eredità soprattutto la modestia e la scrupolosa rettitudine. I rapporti del Gruppo Sugar con gli uffici della SIAE erano tenuti in genere dal Direttore Generale Ettore Carrera, che ben interpretava l’anima dei Sugar e che passava con me ore di conversazione molto amichevole sulle svariate questioni di interesse della sua azienda senza rendersi conto delle decine di sigarette accese l’una dopo l’altra.

Dei tantissimi editori conosciuti, voglio ricordarne qualcuno per meriti speciali. Uno era Renato De Santis, editore romano che avevo appena conosciuto in gioventù quando mi occupavo della Sezione Lirica e che morì molto presto: aveva a sue spese curato l’edizione dell’Opera Omnia del Palestrina, una impresa quasi titanica realizzata con la collaborazione del musicologo Caffarelli: prima di morire, ebbe il tempo di cedere questa edizione, non ancora portata a termine, a Bruno Nicolai, compositore, direttore d’orchestra (di tanti film) ed appassionato editore, che purtroppo lasciò anche lui l’impresa per una morte assai immatura: due uomini che avevamno lavorato molto e bene dedicando alla musica tutte le loro risorse economiche. Di Bruno Nicolai mi rimane una incisione che mi regalò in segno di amicizia.

Altro editore benemerito è, a mio avviso, Mino Travaglia Zanibon, titolare della Zanibon di Padova, che si è dedicato in particolare alla paziente pubblicazione di musiche del Settecento, in edizioni poco redditizie, ma diffuse in tutto il mondo, e che ha dedicato tutte le sue risorse alla edizione critica dell’Opera Omnia di Luigi Boccherini per divulgare la sorprendente ricchezza della produzione di questo compositore settecentesco, generalmente noto purtroppo solo per un “Minuetto”.


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