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Il lector romanae curiae nelle cronache conventuali domenicane
del XIII-XIV secolo,

AA. VV., Vocabulaire des écoles et des méthodes denseignement au moyen âge
(Actes du colloque Rome oct. 1989),
éd. par O. Weijers, Turnhout (Brepols, CIVICIMA 5) 1992, pp. 130-139.

Nasce relazione al "Colloque International" promosso dall'École française de Rome (P.zza Navona 62), 20-21 ottobre 1989. Mi contattò e chiese un mio intervento il promotore J.-Y. Tilliette, nov. '88. Testo ritoccato poi per l'edizione a stampa.

sommario
1

Premessa

- lector curiae: insegnante nello studium della curia papale? insegnante nello studium conventuale della città dove risiede la curia papale?

2

Le cronache conventuali

3

Le testimonianze delle cronache: Perugia, Orvieto

4

Il lessico
- lector in romana curia, romane curie, in curia,
in Sancta Sabina tempore quo curia erat in Urbe, apud Perusium in curia

- in curia pape, lector sacri palatii  |
"da Alberto Magno fino a Clemente V (1314), nessun lettore OP insegnò nello studio della curia papale"

 

lector romanae curiae | Ne le scuole | licentia

 

ë | aggiornamento

 

Questio disputata:
Queritur utrum studium sollempne sit aliud a studio generali?

1. Premessa:
lector romanae curiae: insegnante nella curia papale? nel convento della città della curia papale?

«Magister ordinis Predicatorum, sciens eminentiam et gratiositatem doctrine eius, voluit eum deputare in romana curia pro doctore».
Oppure: «Explicit quolibet fratris Remigii Florentini ordinis fratrum Predicatorum apud Perusium in curia».

Che cosa intende chi s’imbatte in siffatte formule? (i testi sono di fine XIII - inizio XIV secolo). Nello studium romanae curiae, quello cioè istituito da Innocenzo IV nel 1244-45 e annesso alla curia papale, dovunque questa fissasse la propria dimora? È quanto incorreggibilmente  -  e in fondo legittimamente  -  si sarebbe inclini a leggere (così la formula è stata a lungo intesa), se lo spoglio sistematico degli atti dei capitoli generali e provinciali degli ordini mendicanti non avesse tratto in chiaro le tacite connotazioni racchiuse nella formula di convenzione: conventus (romanae) curiae è il convento domenicano della città dove risiede la curia papale; prior, vicarius, lector, regens, studens ecc. (romanae) curiae sono gli ufficiali del convento della città dove risiede la curia papale.

Raymond Creytens ha avuto il merito, in un contributo del 1942, di stabilire il valore semantico della formula e di sbloccare di conseguenza l’esegesi di molte testimonianze letterarie; nelle quali ci s’era intricati quando si mirava o a ricostruire il funzionamento interno degli studi regionali degli ordini mendicanti o a tracciare la carriera d’illustri lettori.

■ R. Creytens, Le “studium romanae curiae” et le maître du sacré palais, «Archivum Fratrum Praedicatorum»12 (1942) 5-83; nel medesimo volume anche R. Loenertz, Saint Dominique écrivain, maître en théologie, professeur à Rome et maître du sacré palais daprès quelques auteurs du XIVe et XVe siècle, pp. 84-97.

Applicano al caso Tommaso dAquino J.A. Weisheipl, Friar Thomas dAquino. His Life, Thought and Works, New York 1974, reprint Washington 1983, 159-63; J.-P. Torrell, Initiation à saint Thomas d'Aquin, Fribourg-Paris 2002, 172-73.

Si ha in somma una formula, diciamo così, analitica, che esplicita cioè nel sintagma tutti gli elementi connotativi, tipo: lector conventus ubi curia fuerit, oppure lector romanus in Sancta Sabina tempore quo curia erat in Urbe. Accanto ad essa, e sotto la pressione contrattiva dell’economia del linguaggio (quello appunto che conia formule e sigle), si viene elaborando una formula ellittica, che tace cioè quanto comunemente risaputo e che per convenzione viene rimesso al campo del paradigma del linguaggio: lector curiae. Perse nel tempo le connotazioni implicite, la formula ellittica diventava oggettivamente insidiosa.

Perché tornare sulla questione? Perché nella letteratura più recente capita ancora di leggere l’interpretazione "nello studio della curia papale” per formule del tipo ellittico provenienti da autori mendicanti, anche quando si conosce e si cita il contributo del Creytens (si è soggiogati dalla categoricità di superficie d’una dizione quale quolibet apud Perusium in curia? oppure non si è del tutto convinti delle conclusioni del Creytens?). Perché inoltre il Creytens restringeva lo spoglio agli atti ufficiali degli ordini mendicanti quali quelli capitolari. Che ne è di altre fonti? La formula si era diffusa nella terminologia ordinaria della scuola? e che senso aveva?

Qualche testimonianza sparsa dalle cronache conventuali (di quella orvietana) non era ignota al Creytens, ma l’utilizzazione restava controversa sia per l’inattendibilità dell’edizione disponibile che per la mancata messa a punto dello stato redazionale della cronaca.

2. Le cronache conventuali

Cronica di San Domenico di Perugia, Biblioteca comunale Augusta di Perugia ms 1141 (= Cr Pg d’ora in poi). Il grosso della Cronica è redatto da un anonimo frate perugino che avvia il lavoro tra 1327 e 1331, e in questi stessi anni redige le notizie biografiche (ff. 1r-20r, 25r-50r, 82r-89v). Altre mani posteriori aggiungono talune notizie biografiche fino al 1345. La cronaca sarà riavviata nel secondo quarto del Cinquecento (ff. 60v-71r)[2].

Cronica di San Domenico d’Orvieto[3], AGOP XIV.28 (paginata) (= Cr Ov d'ora in poi). Ne è autore fr. Giovanni di Matteo detto Caccia[4]. Giovanni ricopia le biografie dei maestri dell’ordine e dei cardinali domenicani dalla cronaca perugina; qua e là ne ritocca il testo, corregge errori d’informazione, soprattutto aggiorna cronologicamente. Di Berengario di Landorra dà l’anno di morte 1330 (Cr Ov 16), mentre Cr Pg 19r si arresta all’arcivescovato 1318; di Barnaba da Vercelli protrae la notizia fino all’anno di morte 1332 (Cr Ov 17), mentre Cr Pg 20r si era arrestata all’anno d’elezione 1324. E laddove in Cr Pg 22r un’altra mano aggiunge la voce Ugo Vaucemain con anno di morte 1340, fr. Giovanni di Matteo prosegue di proprio pugno con Ugo Vaucemain, † 1341 (Cr Ov 18), Gerardo de Daumar da Limoges eletto nel 1342 (Cr Ov 19), Pietro de Baume, † 1345 (Cr Ov 20), Garino da Gy-l’Evêque eletto nel 1346 (Cr Ov 20). Nella sezione dei cardinali il cronista orvietano ripara ad un’omissione di quello perugino inserendo al margine inferiore di Cr Ov 28 il nominativo di Guglielmo da Macclesfield sotto la rubrica ”octavus cardinalis”; verosimilmente quando aveva già trascritto le biografie dei cardinali dal modello perugino, perché esse nel testo conservano il numero seriale di Cr Pg ma risultano maggiorate di un’unità nelle rubriche che Giovanni torna a vergare a lavoro compiuto (si veda esempio nei testi trascritti più oltre). In Guglielmo di Pietro da Godin Cr Pg 7r si arresta al cardinalato, 1312; Cr Ov 33 protrae la notizia fino alla morte, 1336. Dell’altro cardinale conosciuto da Cr Pg 7r-v, Matteo degli Orsini, si dà la nomina, 1327; Cr Ov 34 prolunga la notizia fino alla morte, 1341 (di fatto 1340), e prosegue con Gerardo de Daumar, 1343 (Cr Ov 35). Nelle biografie dei frati del convento d’Orvieto, fr. Giovanni arriva fino al 9 aprile 1348 (Cr Ov 96-97), dove il testo rimane interrotto a Cr Ov 97. Fr. Giovanni muore con tutta verosimiglianza nella peste del medesimo anno. Una mano tardotrecentesca ne scrive il nome al primo posto della semplice lista nominativa di frati orvietani posteriori ad aprile 1348 (Cr Ov 98-100). Giovanni di Matteo lavora dunque alla compilazione della Cronica del suo convento negli anni 1346-48; più esattamente il lavoro suppone giugno 1346 (elezione del maestro Garino da Gy- l’Evêque) e si protrae fino ad aprile 1348, ultima notizia dei frati orvietani (maestro Garino muore in ag.-sett. 1348, ma il suo decesso è sconosciuto al cronista).

La Cronica di Santa Maria Novella di Firenze (ASMN I.A.1-2) sopravanza di gran lunga quelle perugina e orvietana per qualità redazionale e autorevolezza testimoniale; perché avviata già nel 1279/80, perché si protrae per secoli senza interruzioni di notevole entità, e soprattutto perché più cronisti conventuali si susseguono man mano a vergare le notizie biografiche in connessione stessa col decesso del frate, assicurando così contemporaneità tra redazione e notizia. Ma verosimilmente a motivo della decentralità geografica rispetto ai territori del Patrimonio di San Pietro, la Cronica fiorentina, a differenza delle altre due, non contiene testimonianze dirette circa il problema terminologico del lector romanae curiae. Segnalo tuttavia la ricorrente sottolineatura  -  comune a tutte le cronache  -  di connettere un particolare evento o ufficio col convento della città che ospita la curia papale; che si ricongiunge con le abitudini terminologiche dei capitoli generali e provinciali, attenti a riservare speciali cure nella nomina del personale del conventus curiae. Può trattarsi di volta in volta di decesso, priorato, sottopriorato, sacrestia, lettorato, studio:

Fr. Francesco di Durante dei Chiermontesi «obiit Perusii anno Domini MCCCIIII, VII° idus augusti [7.VIII.1304], ubi erat cum domino patriarca ierosolimitano [Radulfo di Borgogna OP], cui erat familiaris et socius, existente ibidem curia sed vacante» (Cr SMN  n°  187).

Cr SMN  n°  187: è il numero seriale dell’ed. S. Orlandi, "Necrologio" di S. Maria Novella, 2 voll., Firenze 1955, ma dove il testo differisse dall’edizione, s’intenda corretto sull’originale); il 7.VII.1304 era deceduto in Perugia Benedetto XI.

Fr. Iacopo d’Andrea converso († 1369) «in Viterbio existens ubi tunc romana curia residebat, comuni peste qua eadem civitas laborabat... diem clausit extremum» (ib. n° 467).

Fr. Viva da Chiusi «migrans ad Dominum dum esset actu prior proprii conventus [Orvieto] tempore quo papa Nicholaus quartus in Urbeveteri residebat» (Cr Ov 50).

Curia di Niccolò IV in Orvieto giugno-ott. 1291: cf. A. Paravicini Bagliani, La mobilità della cuna romana nel secolo XIII, Riflessi locali, in AA. VV., Società e istituzioni dell’Italia comunale: l’esempio di Perugia, Perugia 1988, 242; e alla tavola cronologica di questo saggio (pp. 225-46) si rinvia per le residenze della curia romana.

Fr. Monaldo da Ficulle «lector in diversis conventibus, scilicet Fulginei et Narnie, et supprior in Urbeveteri tempore quo papa Bonifatius VIII ibidem cum sua curia residebat, ibique obdormivit in Domino» (Cr Ov 50-51).

Curia di Bonifacio VIII in Orvieto 6 giugno - 1 nov. 1297.

Fr. Bernardino da San Lorenzo di Val del Lago converso «longo tempore sacrista existens quia homo erat discretus, securus et maturus; quod quidem offitium exercuit in terris ubi romana curia residebat annis plurimis admodum devote et gratiose» (Cr Ov 50).

Fr. Domenico dei Rimaldelli da Firenze († 1305) «lector in multis conventibus, baccellarius in romana curia et in generali studio neapolitano» (Cr SMN n° 190).

Fr. Piero di Iacopo da Firenze († 1368) «et tandem in Monte Pessulano et in Avenione, existente ibidem curia, in artibus et theologia, et consequenter in Bononia sic profecit quod erat iuvenis magne probitatis» (Cr SMN  n° 464).

La formula lector curiae non è dunque un unicum, ma si riconnette alla medesima griglia di formule complementari che descrivono lo speciale statuto amministrativo del convento della città della curia romana; e condivide di conseguenza il medesimo campo semantico delle formule sorelle. Prior, vicarius curiae: che cos’altro può significare se non priore, vicario del convento della città dove risiede la curia romana?


[2] Vedi più dettagliatamente Iacopo di Ranuccio da Castelbuono OP testimone dell’“alia lectura fratris Thome”, MD 19 (1988) 369-95, pp. 375-76.

[3] Chronique du couvent des Prêcheurs dOrviéto, éditée par A.M. Viel - P.M. Girardin, Rome-Viterbe 1907. Delle sviste di lettura e/o di stampa segnalo soltanto il caso di p. 126 (p. 92 dell’originale), pregiudizievole della datazione della Cronica: fr. Pietro della parrocchia Santa Croce «migravit ad Dominum... sub annis Domini MCCCXLV» non «MCCCLV».

[4] Cr Ov 98, lista di frati orvietani aggiunta da mano tardo‑trecentesca: «frater Iohannes Mactei qui compilavit hanc clonicam»; e in Cr Ov 1, di mano tardo-trecentesca: «Cronica fratris Iohannis dicto [sic] Caccia Urbevetani». Di fr. Giovanni sappiamo che nel 1305 viene assegnato al convento di Tivoli, nel 1311 e 1319 è in Orvieto: MOPH  XX, 160/1; AFP 1965, 111; 1963, 253.


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