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4. S’è fatto cenno all’urgenza, per il pensiero cristiano del XIII secolo, di definire contenuti e modi storici della nuova legge come anima della predicazione di Gesù e modello della vita degli apostoli. Da qui infatti partivano le proposte di vita dei movimenti spirituali dei sec. XII e XIII; similmente qui terminavano le escursioni più audaci - e più fruttuose - dello sforzo esegetico della seconda metà del ’200. Ma non tutte le aspirazioni evengeliche sortirono l’effetto desiderato. Le anticipazioni utopistiche di taluni, l’impazienza riformatrice di talaltri, l’aderenza accanita alla littera senza glosse di sorta, fecero scattare - com’era prevedibíle - i meccanismi di difesa, a volte di repressione, della christianítas del tempo. E questo in coincidenza con l’arco di tempo (dal Dictatus papae di Gregorio VII, 1075, all’Unam Sanctam di Bonifacio VIII, 1302) in cui il rafforzamento ideologico e politico della plenitudo potesiatis del papa operava una contrazione e della potestas delle chiese locali e dell’esercizio dei ministeri ecclesiali. L’irritazíone maturò, negli strati laici e popolari dei movimenti evangelici, íntemperanze ed esasperazoni. Ma in molti spiriti più vivaci e più irrequieti maturò, per così dire, una virata esegetica. Le frustrazioni per una riforma sempre invocata e sempre rinviata, gl’interventi canonici che surrogavano la lex novissima con la regula degli ordini religiosi (il dramma di Francesco!), le tentazíoni di scavalcare il presente recalcitrante per anticipare le consolazioni del futuro, generarono la seconda ondata dell’evangelisino medievale dietro la spinta d’una lettura dei testi sacri in chiave apocalittica. Un “evangelismo apocalittico”, verrebbe da dire, a confronto dell’“evangelismo apostolico” del primo ’200. Si potrebbe suggerire - come momnento tipico di trapasso - la data del caso Evangelium aeternum (1254). Il gioachinismo trovò il suo tempo propizio. Scavalcati i confini claustrali, si trasformò in corrente portante dei movimenti spirituali del secondo ’200 e oltre. Il letteralismo arrabbiato dei movimenti apostolici cedette il passo all’allegorismo bizzaro ed intemperato dell’evangelismo apocalittico. L’escatologismo anzi si sostituì qua e là all’evangelismo; la febbre del futuro alla riforma del presente; il pronostico dell’Anticristo alla proclamazione del Cristo. Tra le letture bibliche il libro dell’Apocalisse tenne incontrastato il primo posto nelle preferenze del tardo evangelismo; come i Vangeli e gli Attí degli Apostoli erano stati pressoché gli unici testi frequentati dall’evangelismo della prim’ora.

Le suggestioni dell’allegoria avevano sopravanzato il rigore della littera.

Ma la cosa, vista dall’interno del sistema esegetico del tempo, è meno macroscopica di quanto possa apparire. Sa più di “rotazione” che di “sovvertimento”. La novità storico-spirituale veniva ricondotta meno drammaticamente dal contemporaneo ad una fase d’alternanza delle chiavi esegetiche all’ínterno dei quattro sensus della Scrittura. Ed ecco come.

Il sensus litteralis ora sopravanza ora cede a quello allegoricus (o ai tre sensi spirituales in solido). Come in un fascio rotante d’elementi orizzontalmente sovrapposti, l’avvícendarsi dell’uno e dell’altro elemento a funzione d’albero imprime sempre nuovi movimenti a tutta la compagine e stabilisce alterne relazioni tra gli elementi stessi. I sensi allegoricus, tropologicus (o moralis), anagogicus - spesso designati collettivamente come sensus spiritualis - si sovrappongono in una sorta di stratificazione semantica sul senso litteralis. Ogni testo biblico possiede, in linea di principio, tutt’e quattro i sensi simultaneamente.

Un esempio per tutti. David uccide Golia: «Historice intentum, (hoc) intelligitur de occisione Goliath... Allegorice significat Christum víncentem demonem... Tropologice denotat bellum justorum contra demonem de carne tentantem... Et anagogice ímportatur victoria Christi in die judicii, quando novissime inimica mors destruetur» (J. M. de Turre; in Exégèse I, 2, 644). Un esempio da san Tommaso sul «Fiat lux», In Gal. c. V, lect. 7. Ma ordinariamente, per s.T., i quattro sensi non s’impongono per ogni testo biblico (cf. Quodl. VII, q. 6, a. 15, ad 5).

Di fatto la natura letteraria d’un passo biblico e le predilezioni esegetiche risultanti da un dato clima spirituale, favoriscono una posizione di rafforzamento ermeneutico di questo o quel senso rispetto agli altri. La successione delle falde semantiche ne è conseguentemente disturbata, o comunque alterata. Non di rado invertita.

L’importanza di siffatto gioco per quel che concerne l’atto conclusivo della macchina esegetica che congeda il messaggio del testo, è evidente di suo. Ma il principio ha ben più vasto campo di applicazione.

Dalla sua prima formulazione (Origene) fino al costituirsi della sacra doctrina in disciplina epistemologicamente autonoma al tempo della grande scolastica, la teoria dei quattro sensi raccoglie e organizza intorno a sé tutto il sapere cristiano e i modi di vita della comunità dei credenti.

La scuola vittorina segnerà il momento di trapasso - e di nesso - tra lettura monastica della Bibbia (collatio) e bisogno d’edificare la sapienza cristiana in un tutto comprensivo ed organico nello stesso tempo. All’immagine dei tre fiumi primordiali che scorrono nel mondo fecondandolo, i vittorini sostituiscono l’immagine della fabrica spiritualis.

Ugo di San Vittore, Didascalicon VI, 4: «Meministi... supra me divinam Scripturam aedificio similem dixisse, ut primum fundamento posito (historia) structura in altum levetur (allegoria), plane aedificio similem; nam et ípsa structuram habet» (PL 176, 802 B; cf. ib. 799 B). E lo stesso Ugo avverte l’importante risvolto gnoseologico implicito in una lettura contesa tra l’ordo temporis e l’ordo cognitionis: «Non idem ordo librorum in historica et allegorica lectione servandus est. Historia ordinem temporis sequitur; ad allegoriam magis pertinet ordo cognitionis» (Didasc. VI, 6; PL 176, 805 C).

La fabrica, costruita per cumulazione intrecciata e distribuita dei quattro sensi, incorpora e compone l’intelligenza della historia sacra. Suggerisce persino le linee del primo abbozzo di curriculum degli studi sacri. Questi sono organizzati in un ciclo che replica la successione dei quattro sensi e da cui mutua l’ordine distributivo dei diversi stadi delle erudítiones. Ugo di San Vittore († 1141), ad esempio, compone la summa De sacramentis con l’intento di passare dalla historica lectio alla secunda eruditio quae in allegoria est.

Ugo di San Vittore, De sacramentis, prol.: «Cum igitur de prima cruditíone sacri eloquii quae in historica constat lectione, compendiosum volumen prius dictassem, hoc nunc ad secundam eruditíonem (quae in allegoria est) introducendis praeparavi, in quo, si fundamento quodam cognitionis fidei animum stabiliant, ut caetera quae vel legendo vel audiendo superaedificare potuerint, inconcussa permaneant» (PL 176, 183). Ib. c. 1: «De bac autem materia tractat divina Scriptura secundum triplicem intelligentiam: hoc est historiam, allegoriam, tropologiam. Historia est rerum gestarum narratio, quae in prima significatione lítterae continetur; allegoria est cum id quod factum dicitur, aliquid aliud factum sive in praeterito sive in praesenti sive in futuro significatur; tropologia est cum id quod factum dicitur, aliquid faciendum esse significatur» (PL 176, 184-85).

E l’ordo cognitionis suggerisce una lettura dei libri sacri che ne inverte la cronologia: «Unde consequens est ut Novum Testamentum, in quo manifesta praedicatur veritas, in hac lectione Veteri praeponatur» (PL 176, 805 D). La stessa omiletica modella i propri generi letterari - una sorta di retorica sacra - sulla base della distinzione quadripartita dell’atto esegetico. «Quatuor sunt regulae Scripturarum», insegna Guiberto di Nogent († 1124 ca.) ai predicatori:

Liber quo ordine sermo fieri debeat: «Quatuor sunt regulae Scripturarum, quibus quasi quibusdam rotis volvitur omnis sacra pagina: hoc est historia... allegoria... anagogia, spiritualis scilicet intellectus... Ex his igitur quatuor modís, licet omnis fieri possit, aut certe aut singulis, tamen si quid utilius ad curam ínteriorirs hominis pensetur, magis commoda ac intelligíbilis in tractando moralitas esse videtur» (PL 156, 25D-26A).

Anche la crescita della vita cristiana trova le proprie leggi nell’ordine (ora di subordinazione ora di praeeminentia) stabilito dai gradi di lettura del testo sacro: l’allegoria segna il momento della fides, la tropologia quello della caritas o mores, l’anagogia quello della spes o superna gaudia.

Adamo Scoto († 1186), Sermo 38, n° 4: «Primo etenim exempla sanctorum in eius percussione narrantur, et pertransit animam historia. Secundo verítas fidei revelatur, et tangit allegoria. Tertio mores instruuntur, et percutit eam tropologia. Quarto superna gaudia revelantur, et suaviter vulnerat eam anagogia» (PL 198, 344 A-B).

La historia sacra, le prefigurazioni del vecchio testamento come nutrimento della fede cristiana, l’esemplarismo come anima della dottrina etica, l’attesa della vita ultraterrena e lo scrutinio dei segni premonitorí: non sono che la controparte catechetico-ecclesiale - e più tardi teologica – dei quattro sensi dell’ermeneutica biblica (historicus, allegorigus, moralis, anagogicus).

Il binomio antitetico littera/spiritus inizia la propria storia come categoria ermeneutica proprio in rapporto alla teoria dei quattro sensi biblici. Se san Giovanni parla nell’Apocalisse d’un libro scritto «dentro e fuori» (Ap. 5,1), Origene e poi Girolamo vi poggiano i piloni d’una storia esegetica dalle imprevedibili conseguenze sulla vita cristiana. La Bibbia è esternamente scritta secondo la «lettera», internamente secondo lo «spirito». Per una vera comprensione di essa è necessario operare il passaggio dalla lettera allo spirito. Littera occidit, spiritus vivificat... Agglutinata, anzi, alla littera c’è una tal quale turpitudo:

San Girolamo, In Amos I, c. 2. Circa l’episodio di Tamar: «Si turpitudinem sequatur litterae et non ascendat ad decorem intelligentiae spiritualis... » (PL 25, 1003 D).

E chi non darebbe, in regime cristiano, la precedenza allo spirito? Al limite, se il senso allegorico o figurale si pone forza traente del congegno esegetico, tutto il vecchio testamento è littera in quanto figura del nuovo. Questo ne è lo spiritus. Il passaggio dalla lettera allo spirito s’impone con la medesima categorícità del passaggio dal vecchio (VT) al nuovo testamento (NT). L’ordíne soteriologíco stabilisce l’ordíne esegetico. Lo schema si riafferma, di rimbalzo, fra le strutture della fede e della vita cristiana.

Così quelle che erano categorie ermeneutiche son divenute principi organizzatori della Scrittura (V-NT); perfino scaturigini dell’intelligenza cristiana della storia sacra sullo spartiacque dell’evento cristico. Il VT è il senso letterale, così come il NT è il senso spirituale.

L’ermeneutica ha reificato il significato.

Parimenti sarà opportuno notare fin d’ora il trasferimento categoriale di “eventi” a “tipi”. Fasi dello svolgimento storico sono riproposte in istanti tipici della storia salvifica ordinatí in praesentia. L’intelligenza di essi nasce non dal rapporto stabilito sulla sequenza temporale ma dalla suggestione tipologica che il loro raffronto evoca nella comparizione simultanca dinnanzi all’atto esegetico. Si pensi ai binomi tipologíci quali “diluvio/battesimo”, “manna/eucaristia”, “tabernaculum/ecclesia”, “Adamo/Cristo” ecc. La teoria dei quattro sensi e l’uso che ne farà l’alto e medioevo sulla scia di Gregorio Magno non segna più i confini di scuole esegetiche ma la nascita d’una nuova cultura nell’Europa cristiana postromanica e postpatristíca. La “memoria típologico-esemplaristica” prende il posto della “memoria storica” nell’atto d’enucleare ed organizzare il sapere cristiano. Origene aveva accennato un preludio che imporrà la propria chiave tonica a tutta l’esegesi medievale: l’uno e l’altro testamento è per noi un Testamento Nuovo non in forza della successione nel tempo ma in forza della novità dell’íntelligenza (In Num. h. 9, n. 4).

E l’intelligentia (che nel linguaggio medievale denota il frutto dell’atto tripartito del sensus spiritualis) è ermeneutica. La rotazione a favore dello spiritus trasferisce gli eventi nella sfera dei significati. L’universo degli esseri è surrogato dall’universo delle significazioni. Ma la significazione - lievitata a dismisura dal fervore dell’allegoria - sopravanza il sistema dei segni linguistici. Anche le cose, anche gli eventi sono costitutivi della intelligentia spiritualis. Il mysterium cristiano è onnicomprensivo. La passione dell’unitas a tutti i livelli sollecita il medievale al gusto della “sutura” di gran lunga più marcato di quello del “taglio”. L’allegoria facti e l’allegoria dicti sono due topici ricevuti con equanime simpatia nel medesimo universo semantico.

«In divina pagina non solunn intellectus et verba res significant, sed ípsae res alias res significant» (Ps-Ugo di San Vittore, Speculum de mysteriis Ecclesiae c. 8; PL 177, 375 C) .

Il binomio significatio vocum e significatio rerum, prima di trovare altro assetto nel quadro della sacra doctrina di san Tommaso (Summa theol. I, 1, 10; Quodl. VII, q. 6, a. 14; In Gal. IV, lect. 7), aveva già uno statuto ben definito nell’esegesi classica. Si colloca all’interno d’un universo spirituale che rípone il suo massimo esercizio nello scrutinio delle significazioni. L’ermeneutica è la scienza del tempo. Fatto, cosa, parola sono a pari titolo allegoroumena. L’universo del tempo come quello della natura, l’universo terrestre come quello celeste sono raccolti - con lo stesso amore e lo stesso rigore - nella categoria del sacramentum. Mysterium, typos, imago, sono annidati nel cuore delle cose. L’esemplarismo tipologico è la chiave di decodificazione di tale sistema semiologico, come è l’asse su cui si dispongono le coordinate del sapere cristiano da san Gregorio a Tommaso d’Aquino. Quot enim verba tot mysteria!

Almeno fin quando Tommaso prende atto che «symbolica theologia non est argumentativa» (In I Sent., prol. a. 5; Contra doctr. c. 7: EL 41, C 51 rr. 186-87) nel contesto d’una sacra doctrina aspirante a statuto di scienza. E ne trarrà tutte le conseguenze. Da una parte affermerà che l’ordo rerum, o l’universo della storia, ha altre leggi che l’ordo figurarum (l’universo delle significazioni): «Nec enim oportet secundum ordinem figurarum ordinem rerum esse quae figurantur, quia quandoque per priora figurantur posteriora, et e converso»: Contra doctr. c. 7, rr. 179-82); dall'altra proporrà uno statuto della teologia in chiave di scientia argumentativa.

In breve. L’esegesi medievale opera una subalternazíone semantica dello spessore ontologico degli esseri. Questi, una volta attirati entro l’area delle significazioni, non sono mai termini referenziali fuori del sistema dei segni ma si rincorrono in successive e ascendenti riprese semantiche. La rotazione del sistema dei segni assicura regolari trapassi da significatum a significans come legge di lettura dell’universo-sacramento. In una formula piana e suggestiva ad un tempo, Stefano Langton († 1228) sulla scia dei Vittoriní testimonia l’anima dell’esegesi medievale:

Dicit magister Hugo: tanta est sublimitas sacrae paginae super alias disciplinas, quod significata aliarum sunt significantia in theologia; illa enim quae sunt res nominum et verborum in aliis facultatibus, sunt nomina in theología (ms riportato in Smalley, The Study..., p. 199).

Un’ermeneutica quindi che sorpassa di non poco i compiti dell’interpretazione di testi letterari così come l’intenderebbe il moderno. La precedenza, ad esempio, concessa alternativamente al senso allegorico e a quello tropologico decide, per sì e per no, le sorti d’una teologia morale “cristiana” secondoché questa succeda o preceda l’enucleazione cristica d’un testo scritturale  -  funzione svolta dal sensus allegoricus.

La precedenza semantica del V o NT (secondo il caso, il rigurgito di auctoritates veterotestamentarie che facciano credito a costumi ecclesiastico-politici, a tratti anacronistici della prassi e culto cristiani); l’alterna fortuna di taluni libri della Scrittura a scapito d’altri (libri didattici <-> libri storici, libri apostolici <-> libri apocalittici, libri cultuali <-> libri profetici); addirittura la stratificazione dei gradi gerarchici della Chiesa e della società civile (è superiore il clericus o il monachus, la vita attiva o quella contemplativa?): sono altrettanti risvolti della posizione rafforzata con cui la sorte della rotazione ermeneutica premia ora questo ora quello dei quattro sensi scritturistíci. Se alla classificazione in ordine ascendente proposta da san Bernardo (coniugati - monaci - prelati) Gíoachino da Fiore sostituisce la sequenza coníugati-chierici-monaci, non è forse perché la preferenza all’intelligentia spiritualis ridistribuísce la piramide gerarchica in tal modo che il tempo dello Spirito (monaci) sopravanzi quello del Figlio (chierici) e del Padre (coniugati)?

Quale conclusione trarre?

Non certo per il gusto d’imporre un metodo qualsivoglia, ma per rispondere alle sollecitazioni ermeneutiche d’un sapere che si compone in un ordine eminentemente strutturale, si delinea l’esigenza d’integrare la ricerca storico-genetica con una lettura critica in chiave strutturale. Se la ricerca storica rinviene segmenti del passato (lavoro preliminare ed irrinunciabile) ed il soggetto del nostro studio si situa nel cuore d’un sapere cristiano disciplinato dalla teoria ermeneutica dei “quattro sensi”, allora è giocoforza riconoscere che tali segmenti rilasciano messaggi non in giunti disposti in successione lineare ma in relazioni sincroníche all’interno d’una cumulazione di strati semanticí. Il campo semantico si stabilisce non nella distribuzione cronologica degli eventi ma negli interstizi della struttura. Non nella genesi ma nel sistema. La simultaneità della quadruplice lettura d’un evento sottrae l’evento stesso alle coordinate del tempo e lo incastra nel reticolo d’una polisemia super-relazionata. E la polisemia è l’anima del sistema semantico collocato sull’asse paradigmatico del linguaggio. Come la monosemia si distribuisce in successione lineare sull’asse del síntagma.

Quando tale sistema si sfalderà e l’esegesi umanistica segnerà la fine (culturale se non cronologica) del gioco dei quattro sensi, allora una nuova cultura cristiana ed un nuovo sapere biblico verrà alla luce. Sarà l’esegesi “moderna”. E lo storico della teologia darà altri strumenti ed altro assetto alla propria ricerca.

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