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Simone di maestro Filippo da Càscina OP

Vesperie quas feci pro magistro Federico
(
Pisa 1390-1391 ca.)

BAV, Barb. lat. 710, ff. 107va-108vb

originale latino

volgarizzamento (2009) di EP

|107va...| Vesperie quas feci pro magistro Federico fuerunt michi ablate, ideo postea feci hunc sermonem et obmisi derisiva[1].

 Avevo fatto il sermone in occasione delle vesperie (seduta seròtina) di maestro Federico, ma mi è stato sottratto; ho riscritto allora il sermone seguente e ne ho saltata la sezione derisoria.

Hoc signum federis quod do inter me et vos.

Hic insistam principaliter in duobus:

- primo in derisivis veris ystoriis ut humilietur; quod demonstrabit totum thema propositum, dicens Hoc signum federis quod do inter me et vos;

- secundo in instructivis claris victoriis ut dignificetur, quia Hoc signum federis quod do inter me et vos.

Questo è il segno della federazione (ovvero alleanza), che io pongo tra me e voi (Genesi 9,12).

Insisterò principalmente su due punti:

- primo, veri fatti irrisorii per umiliarlo, come mostra l'intero versetto tematico Questo è il segno della alleanza che io pongo tra me e voi;

- secondo, illustri vittorie istruttive per esaltarlo, poiché Questo è il segno della alleanza che io pongo tra me e voi.

Dimisso primo principali, dico secundo quod insistam in instructivis claris victoriis ut dignificetur. Quia premia statuuntur hiis semper quibus certamina dura proponuntur; ac pro magnitudine certaminis, premii ponitur magnitudo. Hinc est quod noster vesperiatus, studii sudores portavit ylariter, pericula despexit, sitim et famem sustinuit, ut post labores ad magisterii premium perveniret. Dicitque magistris, a quibus sperat in brevi accipere premium, Hoc signum federis quod do inter me et vos.

Ometto il primo punto. Punto secondo: illustri vittorie istruttive per esaltarlo. I premi vengono deliberati per coloro che affrontano dure battaglie; e più grande è la battaglia, più grande è il premio. Ora il nostro vesperiato ha sopportato con buonumore le fatiche dello studio, ha sprezzato i pericoli, ha sopportato sete e fame; il tuttto per raggiungere, dopo tante prove, il premio del magistero. E ai maestri, dai quali spera di ricevere presto il premio, dice: Questo è il segno della federazione che io pongo tra me e voi.

Ubi tria ponuntur:

et primo demo<n>strationis grata pulcritudo, quia Hoc signum federis;

secundo condonationis vera gratitudo, quia quod do

tertio colligationis firma sanctitudo, quia inter me et vos.

Vi sono proposte tre distinzioni principali:

prima distinzione, gradevole splendore della manifestazione, Questo è il segno della alleanza;

seconda, autentica gratitudine per la donazione, laddove dice che io pongo;

terza, solida santità di ricongiungimento, laddove dice tra me e voi.

Dico primo quod ponitur demonstrationis grata pulcritudo, quia Hoc signum federis. Equidem noster vesperiatus demonstrat gratam pulcritudinem archus celestis, dicens Hoc signum federis. Quid per archum celestem, idest yridem, designatur nisi - ut dicit Beda - sapientia inspirata? Ipsa enim dicit: «Girum celi circuivi sola».

Prima distinzione, gradevole splendore della manifestazione: Questo è il segno della alleanza. Il nostro vesperiato indica la simpatica bellezza dell'arcobaleno celeste quando dice Questo è il segno della alleanza. Che cos'è l'arcobaleno celeste, ovvero l'iride, se non la sapienza rivelata? - come vuole Beda (673-753). La stessa iride asserisce: «Il giro del cielo da sola ho percorso» (Ecclesiastico, o Siràcide, 24,8).

Audite quid legimus, Ecc. 43: «Vide archum et benedic qui fecit illum; valde enim |107vb| spetiosus est in splendore suo, giravit celum in circuitu glorie sue». Significat enim yris quadricolor: Christi divinitatem,  humanitatem, penalitatem, formositatem. Nam in yride est:

- color ethereus limpidius clarescens

- color ceruleus remissius lucescens

- color coccineus intensius rubescens

- color gramineus placidius virescens.

Sentite sentite cosa leggiamo in Ecclesiastico (o Siràcide) 43,11-12: «Osserva l'arcobaleno e benedici colui che l'ha fatto; |107vb| è bellissimo nel suo splendore, avvolge il cielo con un cerchio di gloria». I quattro colori dell'iride stanno per: divinità di Cristo, sua umanità, penalità, formosità. Vi è infatti nell'iride:

- colore etereo, o celeste, che s'illumina limpidissimo

- colore ceruleo, o azzurro, decrescente per luminosità

- colore scarlatto, più intenso del rosso

- colore graminaceo, moderatamente verdastro.

Unde Beda in libro De natura rerum: Archus in aere yrisque in corpore nubis quadricolor redditur ex sole adverso, nubibusque formatur dum radius solis immissus concave nubi repulsus acie radii in solem restringitur instar cere, ymaginem anuli reddentis; qui de celo ethereum, de aere ceruleum, de aqua gramineum, de terra coccineum trahit colorem. Nam in ea parte nubis, que rara est, solares radii ethereum idest yacintinum colorem faciunt, in parte dempsa ceruleum idest lividum, in parte densiori gramineum idest viridem, in  parte densissima coccineum idest plusquam rubeum; vel in purpureum vel croceum obscurum colorem vergentem faciunt.

Beda nella sua opera Sulla natura dell'universo: L'arcobaleno in cielo e l'iride nel corpo della nuvola sono resi quadricolore per contrasto col sole, e vengono formati dalle nubi quando il raggio solare immesso in una nube concava, respinto dal lampo radiale verso il sole, si restringe come fosse cera, a forma d'anello; e dal cielo prende il colore etereo, dall'atmosfera quello azzurro, dall'acqua quello verdastro, dalla terra quello scarlatto. Infatti in quella parte della nuvola, che è rarefatta, i raggi solari generano un colore celeste ovvero color giacinto (azzurro-violaceo), nella parte densa un colore ceruleo smorto, nella parte più densa un colore graminaceo verde, nella parte densissima un colore scarlatto, oltre il rosso; oppure fanno evolvere in colore purpureo o zafferano il colore scuro(?).

Sic radii inspirantes sapientiam scripturarum feruntur in nubem idest in capacitatem intelligentie et in corda sanctorum et doctorum. Et ideo ibi apparet respectu Verbi incarnati:

- in nube lucida color ethereus preconium divinitatis

- in nube rorida color ceruleus vestigium humanitatis

- in nube solida color coccineus ludibrium penalitatis

- in nube limpida color gramineus presagium felicitatis.

I raggi dunque che destano la sapienza delle sacre scritture vengono orientati verso la nube ovvero verso l'abilità dell'intelligenza e verso il cuore dei santi e dei dottori. E là, in rapporto al Verbo incarnato, emerge:

- nella nube luminosa, il color celeste presagio della divinità

- nella nube rugiadosa, il colore azzurro impronta dell'umanità

- nella nube solida, il colore scarlatto scherno del castigo

- nella nube limpida, il color graminaceo presagio della felicità.

In nube lucida: «Nubes lucida obumbravit eos et vox de nube dicens "Hic est filius meus dilectus"». In nube rorida, hoc est que septenario donorum rorata est, 3 Reg. 18: «In septima autem vice: Ecce nubecula parva quasi vestigium hominis ascendebat». In nube solida: nonne in ludibrium penalitatis veste coccinea vestitus est Dei filius, et antea pannis infantie obvolutus? Ecce quid ait Pater, Iob 38: «Posui nubem vestimentum eius, pannis infantie ipsum obvolvens». In nube limpida: nonne presagium felicitatis eterne fuit ascensionis triunphus? «Ponis nubem ascensum tuum», Ps. 103.

Nella nube luminosa: «Una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra, ed ecco una voce che diceva: "Questi è il Figlio mio prediletto"» (Luca 9,35; Matteo 17,5). Nella nube rugiadosa, ossia che è stata irrorata col dono settenario, I Re 18,44: «La settima volta riferì: Ecco, una nuvoletta, come impronta di uomo, sale dal mare». Nella nube solida: a ludibrio del castigo non fu forse vestìto il figlio di Dio con una veste scarlatta, e precedentemente avvolto in fasce infantili? Ecco quel che disse il Padre, Giobbe 38,9: «Lo circondavo di nubi per veste, e lo avvolgevo in panni infantili». Nella nube limpida: il trionfo dell'ascensione non fu forse presagio della felicità eterna? «Tu fai delle nubi il tuo carro», Salmo 104,3.

 Unde beatus Ambrosius, sermone 64, tractans illud Actuum 1 «Nubes suscepit eum ab oculis eorum», ait: Videamus que ista nubes sit, quam splendida quam preclara, que lucem mundi Christum suscipere meretur, que radios Patris in seipsa inflexit. Neque enim poterat obscura esse ac tetra vel tenebrosa, quia scriptum est «Et tenebre lucem non comprehenderunt». Tenebre enim lucem gestare non possunt. «Vide yridem et benedic qui facit illum, valde spetiosus est in splendore», non in tenebra eius.

Sant'Ambrogio, sermone 64, in commento ad Atti degli Apostoli 1,9 «Una nube lo sottrasse al loro sguardo», dice:  Vediamo quale sia siffatta nube, quanto splendente, quanto luminosa: è degna d'accogliere la luce del mondo, il Cristo, che riflette i raggi del Padre. Non poteva essere oscura o tenebrosa, perché è scritto: «E le tenebre non hanno accolto la luce» (Giovanni 1,5). Le tenebre infatti non sono in grado di portar luce. «Osserva l'arcobaleno e benedici colui che l'ha fatto, è bellissimo nel suo splendore» (Ecclesiastico, o Siràcide 43,11-12), non nelle sue tenebre.

Illa est enim nubes que ascendentem suscepit Christum, que et testimonium Christo etiam in monte perhibuit. De qua evangelista: «Vox de nube audita est dicens: Hic est filius meus dilectus, ipsum audite». Hec est sanctarum series scripturarum que omnes retro patres misterio obumbravit, dicente Apostolo: «Patres nostri omnes sub nube fuerunt». Ergo hoc signum federis, scilicet yris iste pulcerimus, scriptura Dei quatuor coloribus obiciebatur oculis nostri vesperiati. Qui colores erant causati celitus in nube, idest mente doctorum, et divinitus inspirati.

La nube che accolse il Cristo ascendente in cielo è la medesima che sul monte rese testimonianza al Cristo. Dice l'evangelista: «Ed ecco, da una nuvola fu udita una voce che diceva: Questi è il Figlio mio prediletto, ascoltatelo» (Matteo 17,5). Ecco il corpo delle sacre scritture che custodì gli antichi padri nel mistero della propria ombra; a detta dell'apostolo Paolo: «I nostri padri furono tutti sotto la nuvola» (I Corinzi 10,1). E pertanto questo  segno dell'alleanza, ossia questo bellissimo arcobaleno della scrittura di Dio, è proposto tramite quattro colori allo sguardo del nostro vesperiato. Colori generati nel cielo delle nubi, ovvero nella mente dei dottori, e divinamente ispirati.

Ipsa enim scriptura:

- vel est theorica et speculativa, ecce color ethereus

- vel est phisica et figurativa, ecce color ceruleus

- vel est politica et informativa, ecce color coccineus

- vel est ystorica et enarrativa, ecce color gramineus.

La sacra scrittura:

- o è teorica e speculativa, ed ecco il color celeste

- o è fisica e simbolica, ed ecco il color azzurro

- o è politica e informativa, ed ecco il colore scarlatto

- o è storica e narrativa, ed ecco il color graminaceo.

Et isti colores facti sunt in nube, idest mente sanctorum doctorum radio inspirationis divine. Nam «Spiritu sancto inspirati loquti sunt sancti Dei homines», ut dicit Petrus apostolus. Hinc Ambrosius, v(ersicul)o 10 super Lucam: Sunt nubes roride |108ra| que rore gratie spiritualis humectant. Aspice nubem in veteri testamento: «in columna nubis, inquit, loquebatur ad eos»; per Moysen utique loquebatur hic nubes magna; per Yehsum Nave, qui solem statuit ut plenioris acciperet in pulcrum yridem luminis claritatem.

Tali colori si son formati nella nube, ossia nella mente dei santi dottori per il raggio della divina ispirazione. Infatti «mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio» (II Pietro 1,21). Donde Ambrogio in commento a Luca 9,35: Sono nubi rugiadose, |108ra| che irrorano con la rugiada della grazia spirituale. Considera la nube nell'antico testamento: «parlava loro da una colonna di nubi» (Salmo 99,7); qui la grande nube parlava tramite Mosè; e tramite Giosuè figlio di Nun (Ecclesiastico, o Siràcide, 46,1.4), il quale arrestò il sole (Giosuè 10,13) per riversare maggior splendore sul magnifico arcobaleno.

 Ergo Moyses et Yehsus Nave nubes sunt. Aspice quia sancti nubes sunt, qui sicut nubes volant, alta petere non formidant. Superne  nubes sunt Ysaias, Eçechias; que nubes michi per cherubin et seraphin yridem monstrant quomodo sanctitatem per ter Sanctus divine trinitatis ostendunt. Nubes sunt hii omnes ac nebule glorie, sicut de scriptura legimus: «Quasi archus refulgens inter nebulas glorie».

Mosè e Giosuè figlio di Nun sono dunque delle nubi. Fa' attenzione: i santi sono nubi, perché come nubi volano, e non temono le altitudini. Nubi superne sono Isaia, Ezechia. Nubi che tramite cherubini e serafini svelano l'arcobaleno, così come con il triplice Sanctus mostrano la santità della divina Trinità. Tutti costoro sono nubi e nuvole di gloria, come sappiamo dalla scrittura: «Quasi arcobaleno splendente fra nubi di gloria» (Ecclesiastico, o Siràcide 50,7).

In hiis nubibus venit Christus, quia legimus: «Apparebit Dominus super nubem candidam et cum eo sanctorum milia». Venit in nube in Canticis canticorum, serena nube et sponsi refulgens letitia. Venit in nube levi et candida incarnatus ex Virgine. Iam per colorem gramineum, idest viridem, intelligi dixi presagium felicitatis; quia scriptura sacra, qua «videmus nunc per speculum et enigmatice», insinuat presagium illius clare et refective visionis «que exuperat omnem sensum» et omnem humanam intelligentiam, antecellit huic visioni faciali, que solo intuitu oculos mentis satiat. «Satiabor, inquit Davit, cum apparuerit gloria tua».

In tali nubi verrà il Cristo, e infatti leggiamo: «Il Signore apparirà su nube splendente, e con lui migliaia di santi». Venne nella nube nel Cantico dei cantici (cf. 5,10), nube nitida, che splendeva della gioia dello sposo. Venne in una nube delicata e pura, incarnato nella Vergine. Il color graminaceo, o verde, sta per preannuncio della felicità, come detto. La sacra scrittura, tramite la quale «ora vediamo come in uno specchio e in maniera confusa» (I Corinzi 13,12), insinua il presagio d'una visione chiara e rinnovata «che sorpassa ogni facoltà» (Filippesi 4,7) e ogni umana intelligenza; che supera questa fisica visione, capace di saziare soltanto con una visione di occhi della mente. «Mi sazierò della tua presenza quando apparirà la tua gloria», dice David (Salmo 17,15).

Yris ...

 


[1] Altrove Simone: «Presens actus nominatur vesperie, quìa vespere fit; sive vesperie quasi vespe ree; sicut enim vespe, que sunt prave et ree, pungunt et cruciant, sic in isto actu consueverunt vesperiandi pungi duris aculeis dum quedam malefacta ad memoriam reducuntur» (M. Soriani Innocenti, La prédication à Pise: le cas du frère dominicain Simone de Cascina (1345-1420 env.), AA. VV., De l'homélie au sermon..., Louvain-la-Neuve 1993, p. 273).

Per esempi della "sezione derisoria" delle vesperie, vedi caso di Bartolomeo di Tebaldo da Orvieto (Pisa, autunno 1388).


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