precedente successiva

De misericordia

La compassione

originale latino

volgarizzamento (2009) di EP

Capitulum VI

Capitolo 6

Estote.

Sed quia posset aliquis dicere "Sine dubio bonum est misereri sed ego non |199vb| obligor ad omne bonum faciendum", ideo quarto addendum est quod debemus esse misericordes quia Deus hoc frequentissime precipit. Et hoc apparet auctoritate et ratione quod sit preceptum obligatorium.

Siate compassionevoli, Luca 6,36.

Qualcuno potrebbe dire: "Aver compassione è di certo un bene, ma io |199vb| non sono obbligato a compiere ogni genere di bene". Va pertanto aggiunto che dobbiamo esser misericordiosi perché Dio ripetutamente lo comanda. E difatti risulta che sia precetto obbligante sia da argomenti di autorità che di ragione.

Auctoritate quidem quia vix est aliquis liber in tota sacra scriptura in quo non fiat nobis preceptum de misericordia. Unde Ambrosius: «Nullum officium, nulla etas, nullum genus ab agenda misericordia excluditur. Omnes in comune monentur ut conferant non habenti». Misericordia enim plenitudo virtutum est. Sed quia forte aliquis diceret quod illa non indicuntur nobis per modum precepti sed per modum consilii vel moniti - inter decem enim precepta nichil videtur de misericordia commemorari - ideo ostendatur quod misericordia sit in precepto sextuplici ratione.

Argomenti di autorità. Non c'è libro della sacra scrittura che non ci comandi la compassione. E sant'Ambrogio: «Nessun ruolo, nessuna età, nessuna persona può esimersi dall'aver compassione. Tutti sono comunitariamente esortati ad aver cura dei bisognosi». La compassione è la somma delle virtù. Qualcuno potrebbe dire: "Tali cose non ci sono prescritte a mo' di comendamento, bensì di consiglio o di esortazione" - e difatti la misericordia non è elencata tra i dieci comandamenti. Va pertanto mostrato che la misericordia è inclusa nei comandamenti per sei ragioni.

Quarum prima summitur ex parte iuris naturalis. Omnia enim que sunt de iure naturali cadunt sub precepto, cum ad huiusmodi homo maxime obligetur. Sed misericordia est de iure naturali; cum enim naturaliter conveniat omnibus aliis creaturis, ut ostensum est, multo magis naturaliter convenit homini, qui ad ymaginem et similitudinem Dei misericordissimi creatus est, unde et homo immisericors contra naturam suam facit et  propter hoc vocatur inhumanus. Ergo misericordia cadit sub precepto.

Prima ragione, da parte del diritto naturale. Tutto ciò che rientra nel diritto naturale ricade sotto precetto, visto che l'uomo vi è vincolato in prima istanza. Ma la misericordia fa parte del diritto naturale; si addice a tutte le altre creature, come mostrato, e pertanto molto di più si addice all'essere umano. Questo infatti è stato creato ad immagine e somiglianza del Dio misericordiosissimo, cosicché l'uomo immisericordioso va contro la propria stessa natura ed è detto inumano. Dunque la misericordia rientra nel precetto.

Secunda vero ratio summitur ex parte caritatis. Certum est enim quod dilectio proximi cadit sub precepto. Dilectio autem in se includit ut homo velit bonum ei quem diligit; hoc enim est amare aliquem velle ei bonum, secundum quod dicit Philosophus in II Methaphisice, et nostro etiam vulgari concordat. Et quia carere malo habet rationem boni, ut dicitur in V Ethicorum, inde est quod ad rationem delectationis pertinet ut etiam velimus mala non inesse dilectis nostris, iuxta illud I Io. 3 «Si quis habuerit substantiam mundi huius et viderit fratrem suum necessitatem habere et clauserit viscera sua ab eo, quomodo caritas Dei manet in illo?», quasi dicat "nullo modo".

Seconda ragione, da parte della carità. È evidente che l'amore del prossimo cade sotto precetto. L'amore infatti implica volere il bene di colui che si ama; amare qualcuno infatti significa "volere bene a qualcuno", come dice Aristotele in Metafisica II,2 (994b 10-20), e ben s'accorda col nostro volgare. Assenza del male è in qualche modo un bene, secondo Etica nicomachea V,1 (1129b 8-9); di conseguenza è nella natura dell'amicizia volere che il male non s'impossessi dei nostri amici; I Giovanni 3,17: «Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio?», e sottintende "in nessun modo".

Hoc autem pertinet ad rationem misericordie, ut patet ex dictis. Ergo qui habet dilectionem ad aliquem, necessario habet misericordiam ad ipsum. Non enim potest esse oleum nisi tactum ungat, nec ignis nisi calefaciat, |200ra| nec aqua nisi madefaciat, nec sol nisi illuminet; ergo per oppositum qui non habet misericordiam non habet dilectionem proximi, ac per hoc facit contra preceptum.

Tutto ciò appartiene alla natura della compassione, come detto. Chi dunque coltiva affetto per l'amico, necessariamente ha compassione per lui. Non c'è olio che non unga il tatto, né fuoco che non riscaldi, |200ra| né acqua che non bagni, né sole che non illumini; al contrario, chi non è compassionevole non ama il prossimo, e pertanto agisce contro il comandamento.

Tertio idem apparet ex parte oppositionis. Cum enim immisericordia sit contra preceptum, ergo misericordia est sub precepto. Primum apparet quadrupliciter. Primo quia furtum est contra preceptum, sed etiam immisericordie(?) est furari, iuxta illud Eccli. 4 «Elemosinam pauperis ne defraudes», et Ysa. 3 «Rapina pauperis in domo vestra»; ergo immisericordia est contra preceptum.
Secundo [Tertio cod.] quia homicidium est contra preceptum; sed immisericors est homicida, iuxta illud Augustini «Pasce fame morientem; quod si non pavisti occidisti»; ergo immisericordia est contra preceptum.

Terza ragione, per contrasto. Poiché l'immisericordia è contro il comandamento, ne segue che la misericordia è materia del comandamento. Il primo asserto lo si prova con quattro argomenti. Primo: il furto contravviene al comandamento, ma parimenti proprio dell'immisericordia è furto, come Ecclesiastico (Siràcide) 4,1 «Figlio, non rifiutare il sostentamento al povero»: e Isaia 3,14 «Le cose sottratte ai poveri sono in casa vostra». La immisericordia dunque va contro il comandamento.
Secondo argomento: l'omicidio è contro il comandamento; ma l'immisericordioso è omicida, al dire di Agostino «Dà da mangiare all'affamato, se non lo sfami lo hai ucciso»; dunque l'immisericordia è contrario al comandamento.

Tertio quia irreverentia et vituperium Dei est contra preceptum; sed immisericors vituperat Deum, iuxta illud Prov. 17 «Qui despicit pauperem exprobat factori eius»; qui enim vituperat opus vituperat opificem; ergo immisericordia est contra preceptum.
Quarto quia nullus punitur a Deo eternaliter nisi pro transgressione precepti; sed immisericors punitur a Deo eternaliter, iuxta illud Iac. 3 «Iudicium - idest condemnatio - sine misericordia - scilicet liberante a pena - fiet ei qui non fecit misericordiam»; ergo immisericordia est contra preceptum.

Terzo argomento: irriverenza e oltraggio di Dio sono contro il comandamento; ma l'immisericordioso offende Dio, a detta di Proverbi 17,5 «Chi deride il povero offende il suo creatore»; chi deride il manufatto deride l'artigiano; l'immisericordia dunque è contro il comandamento.
Quarto argomento: nessuno subisce da Dio punizione eterna se non per trasgressione d'un comandamento; ma l'immisericordioso è punito da Dio per l'eternità, a detta di Giacomo 2,13 «Il giudizio - ovvero la condanna - sarà senza misericordia - che dispenserebbe dalla pena - contro chi non avrà usato misericordia»; e dunque l'immisericordia è contrario al comandamento.

Igitur misericordia est sub precepto, etsi non patule tamen inclusive. Includitur enim in iure naturali et in amore sicut pars in toto, ut caput in homine, vel sicut effectus necessarius in causa, sicut ungere in oleo etc. Ita irreverentia autem Dei includitur et in furto et in homicidio sicut habitus in carentia privationis, puta sicut videre in non esse cecum et esse sanum in non esse infirmum in animali; punitio autem eterna sicut premium in merito.

La compassione dunque è materia di comandamento non espressamente, bensì implicitamente. È inclusa nel diritto naturale e nell'amore così come la parte sussiste nel tutto, come la testa nell'uomo, la conseguenza necessaria nella causa, e così come lubrificare è effetto incluso nell'olio, eccetera. Parimenti l'irriverenza verso Dio è inclusa nel furto e nell'omicidio allo stesso modo della capacità operativa nella sua negatività; ad esempio, capacità visiva in chi cieco non è, o buona salute nell'essere vivente che non soffre infermità; punizione eterna analoga al premio del merito.

Circa crucem vero nota quod crucifixus fuit propheta, iuxta illud Mt. 21 «Hic est Iesus propheta a Naçareth». Prophetas autem decet misericordia, in cuius signum in veteri testamento non solum ungebantur reges et sacerdotes et episcopi et pape, de quibus dictum est, sed etiam ungebantur prophete. Oleum enim et unctio misericordiam in scriptura significant. |200rb| Exemplum de Moyse qui dixit in Exo. 32 «Obsecro, Domine, peccavit populus iste peccatum maximum, feceruntque sibi deos aureos: aut dimitte eis hanc noxam aut, si non facis, dele me de libro tuo quem scripsisti».

Quanto alla croce, considera che il crocifisso era profeta, Matteo 21,11 «E la folla rispondeva: "Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea"». Ai profeti si addice la compassione; ne è segno che nell'antico testamento venivano unti non soltanto re sacerdoti vescovi e papi, come abbiamo detto, ma anche i profeti. Olio ed unzione nella sacra scrittua significano compassione. Esempio in Mosè, il quale disse, Esodo 32,31-32: «T'imploro, Signore. Questo popolo ha commesso un grande peccato: si son fatti un dio d'oro. Ma ora, perdona il loro peccato; e se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!».

Capitulum VII

Capitolo 7

Estote.

Quinto debemus esse misericordes quia inter alia precepta hoc preceptum specialissime Christus docuit. Licet namque Christus multa docuerit tamen solum ter legimus eum dixisse «Discite», sicut consuevit magister dicere quando vult aliquod verbum pre ceteris retineri a discipulis, saltem inquiens "Hoc discite". Semel quippe dixit Mt. 11 «Discite a me quia mitis sum et humilis corde». Sine dubio multum vult Deus retineri lectionem humilitatis in mente et lectionem mansuetudinis in exteriori conversatione, quia ex mansuetudine perficitur natura humana quia homo est animal mansuetum natura, sed ex humilitate acquiritur divina gratia quia «Deus humilibus dat gratiam», ut dicitur Iac. 4 et I Pet. 5.

Siate compassionevoli.

Quinto motivo per dover esser misericordiosi: tra i molti altri precetti insegnati da Cristo, questo è il più peculiare. Dètte molti insegnamenti, il Cristo, ma soltanto tre volte pronunciò la parola «Imparate»; più o meno come usa fare il maestro quando vuol sottolineare talune parole e dice agli alunni "Imparate questo". E una volta addirittura disse, Matteo 11,29, «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore». Di certo Dio vuol confermare l'insegnamento dell'umiltà di cuore e l'insegnamento della mansuetudine nel pubblico comportamento; tramite la mansuetudine infatti, la natura umana raggiunge la perfezione, perché l'uomo è per natura animale mansueto, ma tramite l'umiltà si acquista la grazia divina, perché «agli umili Dio dà la sua grazia», Giacomo 4,6, e I Pietro 5,5.

Alia vice dixit Mc. 13 «Ab arbore fici discite parabolam» etc. Multum sine dubio vult retineri lectionem de mortis et iudicii meditatione, quod quidem significat dicta parabola. Per hanc enim ostenditur quod gratia post peccatum non restituit ad totum illud quod conferebat ante peccatum in statu innocentie in quo homo poterat non mori. Sed tertia vice dixit Mt. 9 «Euntes discite quid est: misericordiam volo». Aliis duabus vicibus non dixit "Euntes" quasi dicat "Etiam si bene didiceritis illa, adhuc tamen revertamini ad scolas", sed modo dixit «Euntes» et «discite», idest et eatis et non revertamini plus ad scolas si hoc didiceritis, quia hoc sufficit vobis.

Una seconda volta, in Marco 13,28, disse «Dal fico imparate questa parabola» eccetera. Senza dubbio Dio vuol confermare l'insegnamento circa meditazione della morte e del giudizio, oggetto della parabola del fico. Vi si mostra come la grazia successiva al peccato non restaura in toto lo stato anteriore al peccato, ovvero quello dell'innocenza e della potenziale immortalità. Ma una terza volta disse, Matteo 9,13, «Andate e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio». Le prime due volte non pronuniò la parola "Andate", come se avesse voluto intendere "Anche se quelle cose le sapete bene, tuttavia tornate a scuola!"; ora invece dice «Andate» e «imparate», come dire: Andate pure e non tornate più a scuola se le cose le avete già imparate, ché questo vi basta.

Nec mirum, quia in isto documento totum summatim colligitur. Unde Ambrosius: «Omnis summa discipline christiane in misericordia et pietate est». Iterum in hoc precepto |200va| omnis virtus impletur. Unde Ambrosius: «Misericordia enim plenitudo virtutum est». Unde et Dominus in extrema examinatione iudicii solum de hac lectione examinabit, ut dicitur Mt. 25, et illos quos invenerit bene ipsam retinuisse licentiabit et magistrabit et collocabit ad dexteram suam in cathedra paradisi ad actu regendum et alios iudicandum.

Né c'è da meravigliarsi, perché in queste parole (Siate compassionevoli) si raccoglie la somma della sapienza. Ambrogio: «La somma della dottrina cristiana consiste nella misericordia e nella pietà». Inoltre in questo precetto si realizza |200va| ogni virtù. E Ambrogio: «La misericordia è la pienezza delle virtù». Difatti il Signore negli esami finali del giudizio tiene conto soltanto di questa lezione, come si dice in Matteo 25,31-46; e quelli che avranno ben appreso la lezione, li promuoverà maestri e li collocherà alla sua destra nella cattedra del paradiso in qualità di maestri regggenti e a far gli esami agli altri.

Circa crucem vero nota quod crucifixus fuit predicator, iuxta illud Ps. «Ego autem constitutus sum rex ab eo super Syon montem sanctum eius, predicans preceptum eius». Predicatorem autem maxime decet misericordia, iuxta illud Luc. 4 «Spiritus Domini super me eo quod unxerit me, evangeliçare pauperibus misit me».

Quanto alla croce, considera che il crocifisso era predicatore, Salmo 2,6: «Io sono stato costituito sovrano sul Sion, suo santo monte, e annunzierò il decreto del Signore». E al predicatore spetta massimamente la compassione, secondo le parole di Luca 4,18: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato ad annunziare il vangelo ai poveri».

Exemplum de beato Paulo qui dicit, II Cor. 11, «Quis infirmatur et ego non infirmor? Quis scandaliçatur et ego non uror?». Et de beato Dominico fundatore ordinis fratrum Predicatorum qui existens scolaris apud Palentiam libros et omnem superlectilem vendidit et pauperibus erogavit. Postmodum autem iam actu predicans pluries se vendere voluit ut aliis subveniret, nisi Deus aliter providisset: semel quidem ut quendam pre inopia adherentem hereticis liberaret; post vero ut quendam in captivitate saracenorum detentum redimeret.

Esempio di san Paolo, il quale dice, II Corinzi 11,29, «Chi è debole, che anch'io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?». Esempio di san Domenico, fondatore dell'ordine dei frati Predicatori (= domenicani), che quand'era scolare in Palentia vendette libri e suppellettili, e distribuì il ricavato ai poveri. Quando poi esercitava la predicazione, più volte aveva deciso di vendersi come schiavo a beneficio altrui, se Dio non avesse provveduto altrimenti: una volta per liberare un tale che a causa di povertà aveva aderito agli eretici; un'altra volta per riscattare un tale detenuto in schiavitù dai saraceni.

precedente successiva