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De mutabilitate et immutabilitate

Mutabilità e immutabilità

originale latino

volgarizzamento (2010) di EP

(... 9. De mutatione hominis quantum ad divinam plebificationem et non plebificationem)

(... 9. Mutazione dell'essere umano quanto a divenire o non divenire popolo di Dio)

Unde similiter etiam de hoc potest exponi illud Ps. [13,4]: «Nonne cognoscent omnes qui operantur iniquitatem, qui devorant plebem meam sicut escam panis?».

In termini simili si può intendere Salmo 14,4: «Non sapranno forse nulla tutti coloro che operano iniquità, che divorano il mio popolo come un'esca di pane?».

Nonne idest fallibiter; ad "nonne" enim respondetur "ita", sicut ad "numquid" respondetur "non"; cognoscent experimentaliter quia «Cognoscetur Dominus iudicia faciens», ut dicitur in Ps. [9,17]; omnes generaliter, qui operantur privabiliter. Sicut enim privatio forme vocatur forma, secundum Philosophum in II Phisicorum, ita privatio operis vocatur opus; proprie enim loquendo peccare non est operari sed opus destruere.

Non forse sottintende fallacia; alla domanda "non è forse?" la risposta è "sì!", così come a "è forse?" la risposta è "no"; sapranno, perché «Il Signore si è manifestato, ha fatto giustizia», Salmo 9,17; tutti coloro indistintamente, che operano in senso omissivo. Come infatti la privazione della forma è anch'essa una forma, secondo Aristotele, Fisica II, 1 (193b 20-21), parimenti la privazione dell'atto o dell'opera è anch'essa un atto; in senso stretto infatti peccare non equivale a compiere un atto ma a distruggerlo.

Iniquitatem iniuriabiliter, quia peccatum est contra equitatem omnis iuris et naturalis et divini. «Omne enim vitium in eo quod vitium contra naturam est», ut dicit Augustinus in libro III De libero arbitrio; et in libro XX Contra Faustum dicit quod peccatum |134va| est dictum vel factum vel concupitum contra legem Dei. Et ideo dicitur I Io. 3.a «Peccatum est iniquitas»[1]. Qui devorant plebem meam comsumptive, scilicet ut non sit amplius plebs mea; sicut escam conversive, que scilicet mutatur in carnem et isti in carnalitatem; panis famelice, non dicit carnes vel piscem; ex magno enim appetitu comedendi procedit quod simplex panis devoretur.

Iniquità ingiuriosamente, perché il peccato è violazione d'ogni tipo di legge, e naturale e divina. «Ogni vizio in quanto tale è contro natura», asserisce Agostino, De libero arbitrio libro III; e in Contra Faustum libro XX dice che il peccato |134va| è parola o atto o desiderio contrario alla legge di Dio. Si dice pertanto in I Giovanni 3,4 «Il peccato è violazione della legge». Coloro che divorano il mio popolo (Salmo 14,4) in modo esaustivo, al punto che non sarà più mio popolo; come un'esca per trasformazione, che muta cioè in carne e carnalità; di pane per fame, non carne o pesce, ché in caso di fame estrema, il solo pane è il primo alimento che divoriamo.

Et per eundem modum illi qui prius erant ecclesiastici mutati sunt et facti sunt non ecclesiastici, non adherentes ecclesie sed ipsam condempnentes, iuxta illud I Cor. 11 «Ecclesiam Dei contempnitis»; ut possit dici Deo, contra assertionem gentis huiusmodi dicentis se adherere Deo et ecclesie sue, cum tamen in veritate non adhereat, illud Ps. [93,20-21]: «Numquid adheret tibi sedes iniquitatis qui fingis laborem in precepto? Captabunt in animam iusti et sanguinem innocentem condempnabunt».

Allo stesso modo, coloro che prima erano membri della chiesa, ora hanno cambiato e son diventati non-membri della chiesa, perché dissentono e la condannano, come si dice in I Corinzi 11,22 «Voi gettate disprezzo sulla chiesa di Dio». Contro chi asserisce di aderire a Dio ma in realtà non lo fa, potremmo rivolgere a Dio stesso quanto dice Salmo 94,20-21: «Può forse un tribunale iniquo essere tuo alleato, tu che adorni di travagli i tuoi comandamenti? Inseguiranno l'anima del giusto, e condanneranno sangue innocente».

Gens enim predicta, sedes iniquitatis dici potest in quantum iniquitas in ipsa requiescit ad com-perseverandum, fingendo laborem inportabilem in precepto sibi ab ecclesia facto. Quem Deus dicitur fingere quia ipsum fingi permittit, cum tamen scriptum sit, Mt. 11: «Venite ad me omnes etc., iugum enim meum suave est et onus meum leve». Vel etiam dicitur sedes iniquitatis quia in ipsa sedet iniquitas ad iudicandum.

Gente siffatta la si può chiamare tribunale iniquo, perché l'iniquità vi si insedia stabilmente, e simula sforzo insopportabile nell'osservare i comandamenti ordinati dalla chiesa. Dio sembra simulare tale sforzo nel senso che lo permette, benché in Matteo 11,28-30 sia scritto: «Venite a me, voi tutti, eccetera; il mio giogo è dolce, il mio carico leggero». Oppure, tale gente la si può chiamare tribunale iniquo, perché in essa risiede l'ingiustizia nell'esercizio del diritto.

Unde quantum ad primum subditur Captabunt, idest captiones et insidias ordinabunt, in animam idest contra animam, iusti ut scilicet ipsum ad iniquitatem pertrahant quibusdam boni coloribus; vel in animam idest contra ipsius vitam vel personam ut ipsam auferant vel ledant. Unde translatio Ieronimi dicit «Copulabuntur adversus aimam iusti»; et Glosa: «Quia enim vera non possunt, falsa crimina obiciunt». Quantum vero ad secundum subdicitur et sanguinem innocentem condempnabunt.

In rapporto al primo punto soggiunge (Salmo 94,21): Inseguiranno ossia imbastiranno inseguimenti e insidie, l'anima ovvero contro di essa, dell'uomo giusto per corromperlo tramite parvenze di bene; oppure l'anima nel senso della sua vita o della persona per impadronirsene o per ferirla. Pertanto la traduzione di san Girolamo dall'ebraico dice «Si ricongiungeranno contro l'uomo giusto» (Salmo 94,21); Glossa biblica: «Laddove la verità è impotente, la falsità criminale si erge in opposizione». In rapporto al secondo punto soggiunge (Salmo 94,21): e condanneranno sangue innocente.

 Numquid ergo talis sedes adheret Deo vel eius ecclesie? Quasi dicat "non". Unde Glosa: «Nullus iniqus sedet tecum quia nulla conventio lucis ad tenebra». Ergo Numquid adheret tibi consotiative, sedes iniquitatis idest pars ecclesiastica perseverative et iudicative, qui fingis laborem permissive, in precepto ecclesie tue. Captabunt in animam iusti per iniquum affectum, et sanguinem innocentem condempnabunt per iniquum iudicium.

Aderirà dunque tale tribunale a Dio e alla sua chiesa? La risposta è "no". Glossa biblica: «Nessuna persona iniqua siederà con te, perché non v'è nulla in comune tra luce e tenebre». Dunque: Può forse essere tuo alleato (Salmo 94,20-21) per consociazione, un tribunale iniquo ovvero quella fascia ecclesiastica per persistenza e per diritto, tu che adorni di travagli permettendoli, i comandamenti della sua chiesa. Inseguiranno l'anima del giusto per ingiusti sentimenti, e condanneranno sangue innocente per ingiusta sentenza.

Et de huiusmodi vocatione dicitur Osee 1 «Voca nomen eius non populus meus quia non populus meus vos», scilicet iudei qui prius eratis.

A proposito di tale denominazione, in Osea 1,9 si dice: «Chiamalo non-mio-popolo,
perché voi non siete mio popolo» ovvero voi ebrei, mentre prima lo eravate.

Quantum vero ad utramque mutationem simul, scilicet plebis Dei in non plebem et e converso, et earum etiam vocationem, dicitur Rom. 9: «Non enim omnes qui sunt  ex Israel hii sunt israeliti, neque semen sunt |134vb| Abrahe hii filii omnes; sed in Ysaac vocabitur tibi semen, idest non qui filii carnis hii sunt filii Dei sed qui filiii sunt promissionis».

Quanto ad entrambe le mutazioni  simultanee, ovvero del popolo di Dio in non-popolo e viceversa, nonché la loro denominazione, si dice in Romani 9,6-8: «Infatti non tutti i discendenti di Israele sono Israele, né per il fatto d'essere discendenza |134vb| di Abramo sono tutti suoi figli. No, ma in Isacco ti sarà data una discendenza, cioè: non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma coloro che sono i figli della promessa».

Et similiter possumus dicere quod non omnes qui nati sunt carnaliter ex ecclesiasticis hii sunt ecclesiastici, sed illi qui imitantur ecclesiasticos faciendo opera ecclesiasticorum hii sunt vere ecclesiastici, quamquam secundum carnem non ex ecclesiasticis orti sint, quia «potens est Deus de lapidibus istis suscitare filios Abrahe», ut dicitur Mt. 3, idest de quantumcumque resistentibus ecclesie secundum originem carnis facere veros ecclesiasticos; quia, sicut dicitur Io. 8, «Si filii Abrahe estis, opera Abrahe facite»; «Vos ex patre diabolo estis, et desideria patris vestri vultis facere».

Parimenti possiamo dire che non tutti i figli carnali di membri della chiesa sono anch'essi necessariamente membri della chiesa; lo sono invece soltanto quanti imitano i membri della chiesa comportandosi come tali, anche se non fossero carnali discendenti di membri della chiesa. E questo perché «Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre», Matteo 3,9; cioè può rendere veri membri della chiesa anche i nati da oppositori della chiesa. Si dice infatti in Giovanni 8,39.44: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo!». «Voi avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro».

   

[1] I Giov. 3,4. Nota il sistema di citazione «I Io. 3.a». Quando ancora esisteva soltanto la numerazione dei capitoli dei libri biblici, il brano molto lungo del medesimo capitolo veniva suddiviso per lettere A-G. Sistema introdotto dalle concordaniae Sancti Iacobi, divenuto operativo nel secondo Duecento. Ancora usato, abbinato alla numerazione dei versetti, in Concordantiae, ed. Venetiis 1719 (mia bibl.). Cf. A. D’Esneval, La division de la Vulgate latine en chapitres dans l’édition parisinenne deu XIIIe siècle, «Revue des sciences philosophiques et théologiques» 62 (1978) 559-68.


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