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De mutabilitate et immutabilitate

Mutabilità e immutabilità

originale latino

volgarizzamento (2010) di EP

10. De mutatione eius quantum ad divinam dilectionem et non <dilectionem>

Expedito primo membro, prosequamur de secundo idest de mutatione hominis quantum ad divinam dilectionem et oditionem, quod diximus referri ad boni collationem et subtractionem.

10. Mutazione dell'essere umano quanto all'amore divino e al non-amore divino

Trattata la prima distinzione, passiamo alla seconda: mutazione dell'essere umano quanto all'amore divino e quanto all'odio; che - come detto - ha a che fare con concessione e sottrazione.

Et quidem ad mutationem hominis de non dilectione Dei in dilectionem Dei, sive exponatur de gentilibus sive de non ecclesiasticis, prius potest intelligi illud Sap. 4 «Placens Deo factus dilectus, et vivens inter peccatores translatus est». Placens Deo per fidelitatem qui primo displicebat per infidelitatem, factus dilectus per gratiam qui primo erat odiosus per culpam, et vivens inter peccatores per Dei et ecclesie inobedientiam, translatus est de inobedientia ad obedientiam. Et Ysa. 63 «In dilectione sua» scilicet qua postea fuerunt dilecti, «et in indulgentia sua» scilicet offense propter quam erant prius Deo exosi, «ipse redemit eos».

Al mutamento dell'uomo dal non-amore di Dio all'amore di Dio, sia in rapporto ai pagani che ai non-membri della chiesa, si può anzitutto intendere Sapienza 4,10: «Divenuto gradito a Dio, fu amato da lui, e poiché viveva fra peccatori, fu trasferito». Divenuto gradito a Dio a motivo della fedeltà, mentre prima era sgradito a motivo dell'infedeltà; fu amato da lui per grazia, mentre prima era odiato a motivo dei peccati; e poiché viveva fra peccatori a causa di disubbidienza a Dio e alla chiesa, fu trasferito dalla disubbidienza all'ubbidienza. Isaia 63,9: «Col suo amore» col quale poi furono amati, «e con la sua compassione» circa le offese che prima li avevano resi odiosi a Dio, «egli li ha riscattati».

De huius autem vocatione dicitur Ysa. 43 «Vocavi te nomine tuo, servus meus es tu»; et post 43 «Ex quo factus es honorabilis in oculis meis et gloriosus, ego dilexit te», qui scilicet prius eras vituperabilis et ignominiosus et michi exosus.

Di tale denominazione, in Isaia 43,1 è scritto: «Io ti ho chiamato per nome, tu mi appartieni». E poco dopo, Isaia 43,4: «Poiché tu sei prezioso ai miei occhi e sei degno di stima, io ti amo», tu che prima eri riprovevole, vergognoso, odioso.

Quantum autem ad mutationem hominis in contrarium, dicitur Deuter. 32 «Incrassatus est dilectus» etc.: incrassatus corporaliter, impinguatus temporaliter, dilatatus mentaliter. Et tamen contra primum recalcitravit sicut equs satur; contra secundum dereliquit sicut malus filius; contra tertium recessit sicut infidelis amicus. Et Ierem. 11 «Quid est quod dilectus meus - scilicet prius - in domo mea facit scelera multa?»;  propter que scilicet postea factus est exosus, quia «similiter sunt Deo odio impius et inpietas eius», ut dicitur Sap. 14. Et tanto per ingratitudinem fit Deo magis exosus quanto prius fuerat magis dilectus, iuxta figuram II Reg. 13 «Maius erat odium quo eam oderat amore quo ante eam diligebat».

Quanto al cambiamento di nome per antitesi, si dice in Deuteronomio 32,15 «Si è ingrassato il mio diletto» eccetera: ingrassato fisicamente, impinguato nel tempo, rimpinzato mentalmente. E in antitesi al primo, ha ricalcitrato come un cavallo sazio; al secondo, ha respinto come un figlio indegno; al terzo, ha abbandonato come un amico sleale. Geremia 11,15: «Che ha da fare il mio diletto - già tale! - nella mia casa, con la sua perversa condotta?»; divenuto di conseguenza odioso, perché «ugualmente in odio a Dio sono l'empio e la sua empietà», come detto in Sapienza 14,9. Ed è diventato tanto più odioso a Dio quanto più prima era amato, come metaforicamente detto in II Samuele 13,15: «L'odio verso di lei fu più grande dell'amore con cui l'aveva prima amata».

Et de huismodi vocatione dicitur Ierem. 6 «Argentum reprobum vocate eos quia Dominus proiecit illos», quos scilicet prius approbabat et amplectebatur tamquam bene sonantes.

E di siffatta denominazione, in Geremia 6,30 si dice: «Scoria di argento si chiamano,
perché il Signore li ha rigettati», quelli cioè che prima egli approvava e abbracciava perché risuonavano graziosamente.

|135ra| Quantum autem ad utramque mutationem simul, dicitur Eccli. [= Eccles.] 3 «Tempus dilectionis et tempus odii». Quando enim quis obedit Deo et ecclesie et sic est iustus, tunc est tempus dilectionis, iuxta illud Eccli. 3 «Filii sapientie - scilicet increate - ecclesia iustorum, et natio illorum obedientia et dilectio». Quando autem facit contrarium tunc est tempus odii, iuxta illus Ps. [25,5] «Odivi ecclesiam malignantium», qui scilicet dicumt se ecclesiasticos cum tamen sint rebelles Dei et ecclesie; sunt enim excomunicati et interdicti ab ecclesia, sunt pessimi usurarii lidibinosi homicide proditores et omnibus malis pleni.

|135ra| In rapporto poi ad entrambi cambiamenti simultanei, Qoelet (Ecclesiaste) 3,8 dice: «Un tempo per amare e un tempo per odiare». Quando uno è obbediente a Dio e alla chiesa, allora è uomo giusto, ed è dunque tempo di amore, secondo Ecclesiastico (Siràcide) 3,1: «Figli della sapienza -  quella increata -, comunità dei giusti, e il loro paese è obbedienza e amore»[1]. Quando uno opera il contrario, allora è tempo di odio, secondo Salmo 26,5 «Odio l'alleanza dei malvagi», quelli cioè che si dichiarano membri della chiesa ma che tuttavia sono ribelli a Dio e alla chiesa. Sono scomunicati e interdetti dalla chiesa, sono orrendi, usurai, osceni, omicidi, traditori, ricolmi d'ogni disonestà.

Unde Glosa: «De nobis sunt corpore non mente, numero non merito, nomine non numine» scilicet veritatis. Unde Prov. 5 «Pene fui in omni malo in medio ecclesie»; "pene" dicit quia licet sint in vita ista in malo culpe et pene temporalis, tamen adhuc restat eis post hanc vitam malum pene eternalis.

Glossa biblica: «Sono dei nostri soltanto fisicamente non per condivisione, per numero non per merito, per nome non per provvidenza» ovvero verità. Pertanto Proverbi 5,14 «Per punizione d'ogni male mi son trovato in mezzo alla comunità»; "punizione", perché sebbene questa vita sia nel dolore della colpa e della pena, tuttavia oltre questa vita resta ancora per loro l'infelicità della pena eterna.

Quantum autem ad utramque vocationem sinul, dicitur Prov. 15: Melius est scilicet abusiva comparatione, quia istud bonum illud malum, vocari scilicet divina dispensatione, ad olera idest ad vitam austeram, cum caritate idest cum Dei dilectione, quam ad vitulum saginatum idest ad vitam delitiosam, cum odio idest Dei oditione. Quia quod Deus odit, eternaliter dampnat, iuxta illud Luc. 19: «Inimicos meos illos quia noluerunt me regnare super se, adducite huc et interficite - scilicet morte eternali - ante me». Et quos Deus diligit, eternaliter salvat, iuxta illud Io. 14 «Ego diligam eum et manifestabo ei  me ipsum». In qua scilicet manifestatione consistit vita eterna, iuxta illud Io. 17 «Hec est vita eterna ut cognoscant te solum Deum verum et quem misisti Iesum»; et in Ps. [126,2-3] «Cum dederit dilectis suis sompnum, ecce hereditas Domini» etc.

In rapporto poi ad entrambe denominazioni simultanee, in Proverbi 15,17 si dice: Meglio, detto per scorretto paragone, perché tra un bene e un male, un invito per provvidenza divina, a un piatto di verdura, come dire a una vita sobria, con amore per amorosa volontà di Dio, anziché a un piatto di bue grasso ossia a godurie, con odio o dispregio divino. Infatti ciò che Dio odia, genera sempiterna condanna, secondo Luca 19,27: «Quei miei nemici che rifiutavano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli - di morte eterna - davanti a me». Quelli invece che Dio ama, li salva in eterno; Giovanni 14,21 «Anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui». E proprio in siffatta manifestazione consiste la vita eterna, secondo quanto in Giovanni 17,3 «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo»; e in Salmo 127,2-3 «Ai suoi amici darà riposo, questa è l'eredità del Signore» eccetera[2].

11. Quantum ad divinam miserationem et non miserationem

Expedito secundo membro, restat prosequi de tertio idest de vocatione Dei quantum ad suam miserationem et non miserationem, quod refertur ad mali ablationem et non ablationem.

11. (Mutazione dell'essere umano) quanto alla misericordia e alla non-misericordia

Trattata la seconda distinzione, passiamo alla terza: chiamata di Dio quanto alla sua misericordia e alla non-misericordia, in riferimento a rimozione e non-rimozione del male.

Et quidem quantum ad mutationem hominis de non miseratione Dei in Dei miserationem dicitur I Pet. 2 «Qui non misericordiam consecuti, nunc autem misericordiam consecuti». Ex sola enim Dei misericordia aufertur a nobis malum omne, et culpe et pene, et in presenti et in futuro, iuxta illud Ps. [50,3] «Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam» etc. Unde Rom. 15 «Gentes autem - idest gentiles - super misericordia honorare Deum», scilicet quod habent honorabilem locum Iudeorum. Et similiter non ecclesiastici, quod habet |135rb| locum ecclesiasticorum.

In rapporto alla mutazione dell'uomo dalla non-misericordia di Dio in misericordia di Dio, si dice in I Piero 2,10: «Voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia». Soltanto dalla compassione di Dio noi veniamo liberati da ogni male, della colpa e della pena, del nostro presente e del futuro; Salmo 51,3 «Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia» eccetera. Pertanto, Romani 15,9: «Le nazioni pagane glorificano Dio per la sua misericordia»; come dire: ottengono l'onorabile posto degli ebrei. Simile cosa accade ai non-membri della chiesa, che prendono il posto dei membri della chiesa.

Et de hiusmodi vocatione dicitur in canonica Iude: «A Iesu Christo conservatis et vocatis, misericordia vobis»[3], quia «non ex operibus sed ex vocante dictum est ei: Maior serviat minori», ut dicitur Rom. 9. Et Ysa. 62 «Non vocaberis ultra Derelicta, et terra tua non vocabitur amplius Desolata, sed vocaberis Voluntas mea in ea, et terra tua Inhabitata»; quia IV Reg. 4: «Voca Sunamitem hanc», que interpretatur misera, scilicet ad misericordiam.

Di tale chiamata, si dice nella lettera canonica di Giuda vv. 1-2, «Ai chiamati e preservati da Gesù Cristo, misericordia a voi», poiché «non in base alle opere ma alla volontà di colui che chiama le fu dichiarato: Il superiore serva il minore», come detto in Romani 9,11-12. E Isaia 62,4: «Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra Abitata»; perché in II Re 4,36 «Chiama questa Sunamita" - che significa "misera" -  alla misericordia.

Quantum vero ad mutationem in oppositum, dicitur Mt. 18: «Serve nequam, omne debitum dimisi tibi quoniam regasti me; nonne ergo oportuit te misereri conservi tui sicut et ego tui miserus sum? Et iratus dominus eius tradidit eum tortoribus quoadusque redderet universum debitum». Quia «Iudicium sine misericordia illi qui non fecerit misericordiam», ut dicitur Iac. 2.

Quanto al cambiamento per antitesi, si dice in Matteo 18,32-34: «Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato; non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto». E infatti «Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia», è scritto in Giacomo 2,13.

Et de hiusmodi vocatione dicitur Osee 1: «Voca nomen eius Absque misericordia quia non addam misereri ultra domui Israel, sed oblivione oblisciscar eorum».

Di tale chiamata, dice Osea 1,6: «Chiamala Senza-misericordia, perché non avrò più compassione della casa d'Israele, non ne serberò più memoria».

   

[1] Ecclesiastico (Siràcide) 3,1 «Filii sapientie...» ecc. : testo nella Vulgata, non accolto nelle traduzioni moderne.

[2] Questo, presumo, il senso che l'autore dava al suo testo della volgata latina, molto dissonante dalla traduzioni moderne.

[3] Lettera "catholica" di Iuda, capitolo unico nella tradizione prevalente, qui versetti 1-2. Da altre citazioni remigiane della medesima lettera, si ricava che nella bibbia di Remigio, la lettera di Giuda era divisa in due capitoli.


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