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BNF, Conv. soppr. C 8.1173, ff. 185r-218r

Contra legem sarracenorum

Confutazione della legge islamica

originale latino

volgarizzamento (2011) di EP

 

(... capitolo 15, qq. 4-5)

(208) Quarta questio.

Quarta questio est quia Machometus frequentissime in alchorano commendat legem Moysi et Iob et Dauid, et dicit Psalterium «librum luminosum»[1], et super omnes alios libros commendat euangelium, in quo dicit quod est «salus et directio»[2], queritur quare sarraceni non habent et non legunt libros istos nec exponunt in scolis?[3]

Questione quarta.

Nel corano Muhammad elogia frequentemente la legge di Mosè, Giobbe, Davide; chiama il Salterio «libro luminoso» (cf. Cor. 3,184); sopra tutti gli altri libri elogia il vangelo, nel quale - dice - è «salvezza e guida» (cf. Cor. 2,97). Si pone allora la questione: perché i musulmani non posseggono questi libri?, e perché nelle loro scuole non li assumono quali libri di testo e non li commentano?

(213) Quia enim Christus commendauit Moysen et alios prophetas, et christiani eos non habebant, acceperunt eos a iudeis et fecerunt transferri de diuersis linguis, et habent eos autenticos et legunt in suis scolis. Et dicunt sarraceni quod iudei corruperunt libros ueteris testamenti et christiani corruperunt euangelium et libros noui testamenti, et quod nichil ueritatis remansit in mondo de scripturis nisi quantum est in alchorano. Sed ostensum est supra, in tertio[4] capitulo, quod hoc est falsum et contra alchoranum[5].

Cristo elogiò Mosè e gli altri profeti. Ma i cristiani non avevano quei libri, li mutuarono allora dagli ebrei, li fecero tradurre da diverse lingue, e ora li giudicano libri autentici e li commentano nelle proprie scuole. I musulmani sostengono inoltre che gli ebrei avevano alterato i libri dell'antico testamento, che i cristiani avevano alterato il vangelo e i libri neotestamentari, e che nessuna verità era sopravvissuta se non quella trasmessa nel corano. Ma abbiamo mostrato sopra, nel terzo capitolo, che questo è falso e contrario allo stesso corano.

(221) Preterea quomodo tantus propheta, qualem reputant Machometum, tantum commendasset exemplaria corrupta et dixisset quod in eis est «salus et directio»?; uel quomodo non predixisset in posterum corrumpenda sed potius dixit contrarium?, scilicet quod si saraceni erant in dubio de alchorano quod peterent ab illis qui ante eos acceperant libros, scilicet a christianis et a iudeis. Et hoc dicit in capitulo de Iona. Potius autem dixisset: "Non credatis eis quia habent libros corruptos".

E come mai un così grande profeta, quale ritenuto Muhammad, avrebbe tanto elogiato libri corrotti, e poi li avrebbe chiamati libri di «salvezza e guida» (cf. Cor. 2,97)? Oppure perché non ne aveva predetto la futura corruzione anziché asserire il contrario? ovvero, che se i musulmani dubitavano del corano, consultassero chi prima di loro aveva ricevuto il libro, cioè ebrei e cristíani. Tutto questo lo dice nel capitolo di Giona (Cor. 10,94). Avrebbe dovuto dire, più coerentemente, "Non credete a chi detiene libri corrotti".

(227) Preterea in capitulo Amram, docet saracenos petere auctoritatem legis Moysi dicens: «Afferte Pentateuchum, si estis ueraces, et legite»[6] etc. Non est autem alia causa quare non legunt sarraceni predictos libros nisi quia sapientes sciunt quod de facili deprehenderetur falsitas alchorani si libros sanctos et ueraces legerent.

Nel capitolo Amram (= al-'Imrân) Muhammad istruisce i musulmani a ricorrere all'autorità della Legge di Mosè, laddove dice: «Portate il Pentateuco, se siete sinceri, e leggetelo!» (Cor. 3,93) eccetera. I musulmani, allora, perché non leggono tali libri? Unica ragione è che i loro maestri sanno bene che la lettura dei libri santi e veritieri svelerebbe la falsità del corano.

(233) Vnde et alchoran etiam sibi maliciose prouidit et posuit quattuor remedia ne desereretur a suis et ne falsitas eius deprehenderetur.

Vnum est quia mandauit eos occidi qui contrarium alchorano aliquid dicerent, sicut patuit superius in decimo capitulo.

|214r| Secundum quia dixit quod cum hominibus alterius secte non disputarent[7].

Lo stesso corano ha escogitato con astuzia quattro ricette per non esser rigettato dai suoi, e perché non se ne scoprisse la falsità.

Prima ricetta: ordinò di uccidere chiunque contraddicesse il corano (cf. Cor. 9,29), come risulta da quanto detto sopra nel capitolo decimo (CLS 10, righi 8-24).

|214r| Seconda: ordinò di non accettare pubblica disputa con i seguaci d'altre religioni.

(239) Tertium quia prohibuit ne eis crederent. Dicit enim in capitulo Amram: "Non credatis nisi illi qui sequitur legem uestram", cum tamen dicat quod in euangelio est «salus et directio». Dicit etiam quod saraceni nichil sunt nisi compleant legem et euangelium[8]. Ergo tenentur ea habere.

(244) Quartum est quod ab eis totaliter separentur et dicant «Michi lex mea et uobis lex uestra» etc.; et post: «Vos liberi ab eo quod operor et ego liber ab eo quod operamini», et hoc dicit in capitulo Ione.

Terza ricetta: proibì di credere ai seguaci d'altre religioni. Dice nel capitolo Amram: "Non credete se non a colui che segue la vostra legge" (cf. Cor. 3,3-4), sebbene avesse detto che nel vangelo c'è «salvezza e guida» (cf. Cor. 2,97). Afferma anche che i musulmani nulla varrebbero se non osservassero la legge e il vangelo (cf. Cor. 5,68). Essi son dunque tenuti a serbare tali libri sacri.

Quarta: ordina che i suoi si dissocino nettamente da loro, e dichiarino «A me la mia legge, a voi la vostra» (Cor. 109,6) eccetera. Successivamente: «Voi siete liberi riguardo al mio comportamento, ed io son libero riguardo al vostro comportamento», e lo dice nel capitolo di Giona (Cor. 10,41).

(246) Si igitur saraceni bene acciperent consilium alchorani proculdubio dirigerentur; haberent enim euangelium et legem Moysi et alias scripturas sanctas, maxime cum ipsum alchoranum, commendando Moysen et Dauid et Salomonem et alios prophetas, frequentissime dicat quod non prefert unum alteri[9].

Se pertanto i musulmani seguissero con attenzione il consiglio coranico, camminerebbero sul retto sentiero; avrebbero il vangelo, la legge di Mosè e le altre sacre scritture; specie per il fatto che lo stesso corano, elogiando Mosè, David, Salomone e altri profeti, ripete spesso di non anteporre l'uno all'altro.

Et hoc sufficit de quarta questione.

Fine della questione quarta.

(253) Quinta questio.

Quinta questio est quid sibi uult Machometus in alchorano quod totiens et totiens dicit et replicat de se scribens[10] «credite in Deum et nuncium», «obedite Deo et nuncio», «sequimini Deum et nuncium»?[11] Scimus enim quod soli Deo debetur fidelitas credentie, honor latrie, operatio obedientie et sequela uie, quia ipse solus «principium et finis» omnium. Vnde nullus unquam propheta fuit ausus hec dicere ut Deo se totaliter et in talibus associaret, qui nullum unquam potest habere participem neque consortem. Nam Dominus in lege dixit Moysi et omnibus iudeis «Videte quod ego sim solus». Et ideo Helyas dixit: «Si Dominus est Dominus, sequimini eum; si autem Baal, sequimini eum».

Questione quinta.

Che cosa intende Muhammad, in rapporto a se stesso, quando nel corano insistentemente ripete «credete in Dio e nel messaggero», «obbedite a Dio e al messaggero», «seguite Dio e il messaggero»? Sappiamo infatti che al solo Dio si deve adesione di fede, ossequio di adorazione, testimoniaza di obbedienza, sequela di rotta, perché lui solo è «principio e fine» (Apoc. 1,8) di tutto. Mai nessun profeta osò proclamare tali proprietà per equipararsi a Dio in tutto ed in esse, lui che non ha né pari né socio. Nella legge infatti disse il Signore a Mosè e a tutti gli ebrei «Ora vedete che io sono l'unico Dio» (Deuter. 32,39); e di conseguenza Elia proclamò: «Se il Signore è il Signore, seguitelo; se invece è Baal, seguite lui!» (I Re 18,21).

(264) Videtur igitur Machometus ex talibus non solum dare Deo participem sed facere se Deo participem et consortem; et sicut dicitur in alchorano capitulo Elnesa: «Deus non parcit si quis dat ei participem»[12]. Solus autem Christus, qui non fuit particeps Dei neque consors sed fuit uerus Deus et uerus |214v| homo, potuit dicere «Creditis in Deum et in me credite». Qui tamen nunquam dixit "Credite in Deum et in me", uel "Obedite Deo et michi", ne homines crederent eum Dei participem et consortem.

Con siffatti modi di dire, dunque, Muhammad non soltanto sembra associare un compagno a Dio, ma fa se stesso compartecipe e compagno di Dio; mentre lo stesso corano asserisce nel capitolo al-nisâ': «Dio non perdona chi gli dà un compagno» (Cor. 4,48). Soltanto Cristo, il quale non fu né compagno né socio ma vero Dio e vero |214v| uomo, poté dire «Credete in Dio, e credete in me» (Giovanni 14,1). Mai egli disse "Credete in Dio ed in me", oppure  "Obbedite a Dio e a me", affinché non lo si ritenesse compartecipe e compagno di Dio.

   

[1] Cf. Cor. 3,184 (wa-l-zubûri wa-l-kitâb al-munîr, «avec les Ecritures, avec le Livre lumineux», MASSON, p. 88, et note 184, p. 812). Est-ce ce verset qui a amené Riccoldo à qualifier le livre des Psaumes de: «liber luminosus»?

[2] Cor. 2,97 (budan wa bushra, «Dircetion et Annonce», BLACHERE, p. 41); 3,3-4.

[3] nec exponunt in scolis add. R marg. sin. Riccoldo parte d'expérience, rares sont les musulmans qui lisent l'Evangile et connaissent bien la Bible.

legere et exponere in scolis. La traduzione italiana qui proposta non si prende alcuna licenza. Il medievale Riccoldo fa uso delle nozioni del sistema scolastico in uso al suo tempo (scontato per loro, sconosciuto a noi!), e in particolare all'insegnamento di base denominato lectio o lezione (poco dopo farà mensione della disputatio). Area didattica che trasmette agli studenti le conoscenze di base e consolidate d'una data disciplina. Il maestro (o lettore o baccelliere) legge, espone e commenta l’auctor, o meglio il liber textus di quella disciplina, determinato dagli statuti degli studi generali o loro tradizioni: curriculum delle arti; regolato dai capitoli generali e provinciali degli ordini religiosi, o dagli statuti delle città e dei loro studia.

Corsi di logica ricavabile dagli atti capitolari OP (ma da articolare cronologicamente), e relativi libri di testo:

- logica antica (logica vetus): Isagoge di Porfirio, Divisioni e Topici di Boezio, Categorie e Interpretazione di Aristotele, Trattati ovvero Summule logicales (1230 ca.) di Pietro Ispano;

- logica nuova (logica nova), corso avanzato di logica: sui libri aristotelici Topici, Elenchi sofistici, Analitici primi e secondi.

- filosofia della natura: Physicorum, De celo, De generatione, Meteorologica, De mineralibus, De anima, De animalibus et plantis

- metafisica ecc.

[4] in tertio ] in .3. cod.

[5] C'est ce que concluent les musulmans de Cor. 15,9; cf. CLS 3, righi 37-43. Dieu «conserve» les Ecritures et ne les laisse pas corrompre, c'est pour cela qu'Il y renvoie les musulmans (Cor. 10,94); CLS 3, righi 44-48; R. MARTIN, Explanatio, pp. 452-455.

[6] Cor., al-'Imrân (3), 93; cf. trad. Marc de Tolède, Bibl. Maz., f. 13r: «Afferte legem decalogi et sequimini eam si veraces estis».

[7] Cf. Cor. 29,46; 4,140. Riccoldo s'est heurté à la difficulté du dialogue. Si le Coran n'interdit pas la discussion, il y met certaines conditions; CLS 6, rr. 23-24; 9, rr. 263-265.

non disputarent = "non accettare pubblico dibattito"; qui Riccoldo, anziché "altercare" (cf. CLS 6, rr. 23-24), intendeva la seconda fascia della didattica medievale, la disputatio, distinta e complementare alla lectio poco prima menzionata.

[8] Cf. Cor. 5,68; CLS 3, rr. 118-121; 17, rr. 26-28.

[9] Cf. GARDET, L'Islam, Religion..., Paris 1967, pp. 67-70.

[10] scribens: dicens praem. et del.

[11] Cf. Cor. 4,136 ('âminû, credite); 3,32,132 ('atî'û, obedite); 47,3 ('itba'û, sequimini).

[12] Cor., al-nisâ' (4),48,116. Cf. trad. Marc de Tolède, Bibl. Maz., f. 17va: «Deus enim non parcit qui cum eo statuit participem».


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