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7. La copia secentesca del Liber recordationum novus

ASMN <I.A.12>,  Libro G, ovvero Libro detto del p. Lapi. Cart., 355 x 255, ff. I-293-I. Piatti in cartone coperti da membrana, sul dorso quattro corregge in cuoio a sostegno della rilegatura. Lettera G. su piatto superiore e dorso, vergata dalla stessa mano di Giuseppe di messer Piero di Lionardo Lapi OP che avvia la compilazione (confronta molteplici ricorsi di G maiuscola in f. 10r). Libro detto del p. Lapi scritto da mano recente sul dorso, e così denominato dalla successiva tradizione archivistica del convento. Nessun prologo né iscrizione. Compilazione secentesca di generale censimento patrimoniale e loro titoli di garanzia, non strettamente di amministrazione corrente, in lingua volgare.

■ ASMN I.A.28, BORGHIGIANI, Cronica I, 237: « Segue la notizia che ne dà il Libro di ricordanze Lapo Radda al n' 67 alla pagina 22: Filippo del quondam Cesti de' Carini... », che rinvia ad ASMN I.A.14, Libro Lapi-Radda ff. 8v-9r n' 67, e questo a sua volta a ca. 22 del nostro libro G o Libro detto delp. Lapi. Anche questi due erano "sentiti" nel Sei-Settecento come libri di ricordanze?

Contiene:

I) Regesti dei diplomi conventuali alla base dei titoli di diritto (1226-1295), ff. 10r-24v; Testamenti contratti donagione... cavate da cartapecore autentiche del 1300 fino al 1400 per fra Giuseppo Lapi del'ord. de' Pred..., ff. 35-86, di fatto aa. 1300-1366. E della medesima mano:

II) Origine et ragioni donagioni lasciti oblighi apartenenti alle chiese ospizii et spedali sotto la cura del convento... cavati da varie scritture... per fra Giuseppo del signor cavalier Piero di Lionardo Lapi fiorentino e professo di SMN, ff. 189-219.

Da identificare con «fr. Ioseph domini Petri de familla Laputa florentinus», deceduto il 17 agosto 1611 (Cr SMN  n° 1024, ed. P. Ricozzi, MD 11 (1980) 276). Che avvia il lavoro poco prima del 1608: evoca infatti «fra Ridolfo Strozzi al presente vivo, di età di 84 anni, dicie che... » (f. 71r), morto secondo la Cronica fratrum «fere octogenarius» in settembre 1608 (Cr SMN  n° 1014, ed. MD 11 (1980) 273). Dunque sezioni I e II, entrambe dovute a Giuseppe Lapi, tra 1607 e 1611.

III) Francesco da Radda subentra al Lapi. Copia di beni del conv. di SMN di Firenze levata dal catasto delle Badie e Conventi sotto n° 64, ff. 86r-93r, Uscita... ecc., ff. 93v-108r (a. 1629), e altri simili spogli ff. 25-26 (Beni alienati dal 1529...), 196v-197r, 213r ecc., a complemento delle sezioni aperte dal Lapi. Redige tabula ff. 284v-292v a censimento di sezione I: «Questo stratto fu fatto da F. Francesco da Radda a fine la faticha di quel nostri rev.di patri antiqui li figli moderni conoschino chi governava questo nobilissimo convento et habbino occasione a pregare Iddio per quelle nobilissime famiglie che lasciorno al convento le loro richeze che al presente noi figli detto convento le godiamo. Questo dì 22 dicembre 1627» (f. 292v). E redige tabula (ff. 231v-239v) a quanto qui riportato sotto IV, con chiusa «Questo stratto fatto da F. Francesco da Radda el dì 25 di dicembre 1629 comincia a ca. 232» (f. 239v).

■ Francesco da Radda OP † 6.X.1630 settuagenario: Cr SMN n° 1086, ed. P. Ricozzi, MD 11 (1980) 295-96. Radda in Chianti (pr. Siena), allora nel piviere San Giusto in Salcio, dioc. Firenze: RD Tuscia I, 349a; II, 63.

IV) Trascrizione anonima del Liber recordationum novus, ff. 240v283v, in fascicoli organici all'originale confezione fisica del codice, benché carta 240r appaia inscurita; da collocare tra 1607 ca. e 1629. Scrittura regolata e uniforme (trascriveva da modello intermedio di servizio?), da calligrafo, dal forte contrasto con le dissolute altre grafie che lavorano alla compilazione. La trascrizione risponde agl'intenti amministrativi del libro, ad essi funzionale: omette calendario, tabula, ricordanze estinte e barrate.

Non vi sarebbe ragione d'intrattenersi su una trascrizione secentesca in presenza dell'originale se nel nostro caso essa non rivendicasse un ruolo importante nella tradizione del più prezioso libro di ricordanze, Liber recordationum novus. A molteplice titolo. Perché l'anonimo trascrittore leggeva sì a inizio Secento carte digià evanescenti, come denunciano alquanti spazi in bianco, ma meno disastrate e meno dilavate di quanto non appaiono al nostri occhi. Perché tale trascrizione è rimasta a disposizone dei successivi annalisti del convento, anche quanto l'originale si trasferì (Sette-Ottocento?) all'Archivio generale dell'Ordine in Roma. Perché ha continuato, fino a tempi recentissimi, a sussurrare anonime lezioni anche a chi dichiarava di leggere (com'era dovere) l'originale. E infine perché dimostra nell'insieme diligenza di lavoro; e a lui dobbiamo i brani di quelle carte originali che hanno perduto i segni significativi di scrittura. Rammentando le ripuliture delle grafie mediolatine ipercorrette (hedificare, habundare ecc.); e per i testi volgari, le convenzioni d'ogni scrivano del tempo d'ammodernare sul bisogni del lettore: nella committenza degli affreschi capitolari ad Andrea di Bonaiuto, ad esempio, il tre-quattrocentesco debbe[5] del Liber recordatíonum novus (ff. 40v-41r) è sistematicamente ridotto a deve.

A metà Settecento l'annalista Vincenzo Borghigiani legge la concessione dei locali della vesteria e calzoleria ai Disciplinati di San Lorenzo (1365) «nel Libro del P. Lapi ca. 270» (ASMN I.A.29, Borghiciani, Cronica II, 109). Che altro non è se non l'anonima copia secentesca del Liber recordationum novus. Al limite della commistione di testi e d'autori: «Il P. Lapi ca. 266to asserisce che F. Zanobi Guasconi successore poi nel Priorato del Convento, ebbe a pagare la copia di detto testamento fior. 82» (ib. II, 86). Il Lapi non asserisce alcunché. A f. 266v della miscellanea il Borghigiani leggeva «pro quo habendo, Ego fr. Zenobius de Guasconibus tunc Prior Florentinus dedi Flor. octuaginta duos...», e cioè l'anonima copia secentesca di quanto il Liber recordationum novus registrava in proprio a f. 33v. E ancora: «Quanto sopra sta registrato nel Lib. L Ra n° 401, qual cita quello di F. Gio. Infangati a ca. 251 che si è smarrito» (ib. II, 43), dove rischiamo il capogiro: l'annalista preleva la notizia da un'altra compilazione conventuale, ASMN <I.A.14>, Libro Lapi-Radda (termine ante 1630) f. 50r n° 401, che rinvia a «Infang(at)o ca. 251»; che a sua volta null'altro è che la trascrizione del Liber recordationum novus letta nel Libro G ovvero Libro detto del p. Lapi! Cosicché va lasciato cadere qualsiasi iniziale sospetto che il Borghigiani disponesse ancora delle ricordanze dell'Infangati, come qualche suo sbrigativo modo di citare insinua: «F. Gio. Infangati nel suo Libro di ricordanze ca. 256, riportato dal L(api) R(add)a al n° 416 dà questa memoria e dice che lo spedale della Porcellana...»[6]. Dove quest'ultimo è il Libro Lapi-Radda f. 51v n° 416, che a fine ricordanza rinvia a «Infangato 256», vale a dire al cosiddetto Libro del p. Lapi f. 255v (anziché 256). Non dunque al Liber recordationum novus né tanto meno al libro di Giovanni degl'Infangati.

Era doveroso segnalarlo. A motivo dell'ampia utilizzazione e molteplici interessi storici del Liber recordationum novus. Lo studioso ha da assicurarsi della tenuta delle trascrizioni di recente divulgazione; sospette di contaminare con correnti sotterranee e anonime, ma di facile corso lungo il passamano delle compilazioni conventuali.

Qui appresso qualche saggio di trascrizioni del Liber recordationum novus.

LN = mia lettura del Liber recordationum novus <ASMN I.A.3>, con l'aiuto - dove necessario - della lampada a raggi ultravioletti.

A = anonima trascrizione (1607-29 ca.) in ASMN <I.A.12>,  Libro G ovvero Libro detto del p. Lapi ff. 240v-283v. Ignoro i dittonghi, ristabiliti con cediglia.

O = Orlandi, “Necrologio” II, 420 ss.

< . . . > sta per spazio in bianco, <* * *> per testo illeggibile; punti e asterischi in numero proporzionale agli spazi dell'originale.

LN

A

O

a primo via, a secundo et tertio et quarto dictorum fratrum Predicatorum Sancte Marie Novelle ad habendum et morandum in ea cum familia sua toto tempore vite ipsius [dicte sequ. et exp.] domine Belcoloris. Postea vero eodem anno fr. Munio magister ordinis antedicti concessit domine Belcolori quod post mortem suam posset concedere habitationem (...). Eandem etiam licentiam concessit cisdem fr. Nicholaus magister ordinis sequens. (...) Item habemus instrumentum (2v).

a primo via, a secundo et tertio et 4° dictorum fratrum Pred. Sancte Marie Novelle ad habitandum et morandum in ea cum familia sua toto tempore vite ipsius dicte D'ne Belcoloris. Preterea vero eodem anno fr. < ... > Magister ordinis antedicti concessit d'ne Belcolori quod post mortem suam potest concedere habitationem ( ...). Eamdem etiam licentiam concessit eisdem fr. Nicholaus Magister ordin. sequutus. (...) Item habemus instrumentum (241v3 ss).

a primo via, a secundo tertio et quarto dictorum fratrum pred. sancte marie novelle ad habitandum et morandum in ea cum familia pro toto tempore vite sue ipsius domine belcoloris. postea vero eodem anno fr. Munio mag. ord. antedicti concessit huic belcolori quod post mortem suam possit concedere habitationem (...). Eandem etiam licentiam concessit eisdem fr. Nicholaus mag. ord. septimus. (...) Et habemus instrumentum (Necr. II, 421).

O legge direttamente LN: postea vero ] Preterea vero A; Munio om. A.

Ma ha avuto sottomano anche A: ad babendum] ad babitandum AO, a meno che non lo si voglia considerare errore poligenetico dal compendio hndm. E ha errori propri, ad es.: cum familia sua toto tempore ] cum familia pro toto tempore O; sequens ] sequtus A, septimus O.

LN

A

O

obtulerunt se ipsos... et cuiusque ipsorum bona mobilia et immobilia, presentia et futura, promictentes expresse veram obedientiam et ommia alia, et maxime castitatem, que sunt necessaria (21v). obtulerunt se ipsos... et cuiuscumque ipsorum bona mobilia, et immobilia presentia, et futura promittentes expresse veram observantiam, et omnia alia, et maxime castitatem, que sunt necessaria (257r). obtulerunt scipsos... et cuiuscumque ipsorum bona mobilium et immobilium, presentia et futura promictentes expressive vitam observari(?) et omnia alia et maxime onestatem(?) que sunt necessaria (Necr. II, 434).

In poche righe O abbonda di errori in proprio. Ma cuiusque ipsorum ] cuiuscumque ipsorum AO congiunge i due contro LN; veram obedientiam ] veram observantiam A, vitam observari(?) O, svela in quest'ultimo un conciero costruito con materiale di A, a questo legandosi con errore congiuntivo.


[5] Schiaffini, Testi fiorentini 313b. F. Pezzarossa, Ugolino... Martelli, Ricordanze..., Roma 1989, 341. ASF, CRS 102 n° 81, ins. 433: «Et più troviamo debbe dare a... » (1446).

[6] Ib. I, 370-71. Nel prologo della Cronica l'autore Borghigiani confessava: «chi l'ha distesa l'ha fatto a stento di caratteri antichi difficultosi a intendersi, a capo assai stracco, a vista debilitata per la sua grave età..., senza avere avuto luogo di vedere in fonte le cartapecore originali, che si conservano nella stanza del deposito comune chiusa a tre chiavi» (I, p. IX). La successiva storiografia conventuale ha fatto eccessivo credito all'autorità del Borghigiani.
Dei «privilegi del Porcellana» era andato in cerca frate Cipolla in quelle parti dove apparisce il sole: Boccaccio, Decameron VI, 10, 37.


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