Per essere
sincero, debbo dire che la nomina a direttore della Sezione Musica - che
seppure di fatto mando avanti da qualche anno – mi ha anche inorgoglito, al
pensiero di aver avuto un predecessore illustre. Pochi sanno che il primo
direttore della Sezione Musica fu nientemeno che l’autore teatrale Giuseppe
Giacosa, il Giacosa di “Come le foglie”, “Tristi amori”, “Il marito amante della
moglie”, “Una partita a scacchi”. Strano, come mai proprio lui? Bene, il Giacosa
in una lettera al Fogazzaro raccontava: “Verdi e Boito mi fecero avere la
rappresentanza in Italia della Società degli Autori di Parigi, la quale, in
seguito a recenti convenzioni con le Società di Autori di tutti gli altri Paesi
di Europa, raccoglie una somma di interessi
importantissimi”[1].
In realtà, al momento, di Società di Autori in Europa, Francia esclusa, c’era
solo quella italiana, ma la francese SACEM (Société
des Auteurs Compositeurs et Editeurs de Musique
Ho già detto che la Sezione Musica è di gran lunga la più importante nell’ambito della SIAE non solo per il volume dei suoi incassi, ma anche perché è l’unica ad avere la piena gestione del suo repertorio in via esclusiva per l’Italia e per l’estero. Essa rilascia le licenze di utilizzazione del repertorio ai vari tipi di utenti (esecuzioni dal vivo, esecuzioni a mezzo di registrazioni, diffusioni radiofoniche e televisive, fissazione su supporti di suoni, riproduzione in copia delle registrazioni e vendita delle stesse), stabilisce la misura dei compensi dovuti per le dette utilizzazioni, incassa tali compensi, ripartisce gli stessi fra i vari aventi diritto secondo regole e criteri da essa stessa stabiliti e delega queste funzioni per i paesi stranieri ad organizzazioni consorelle secondo speciali accordi.
La Sezione disponeva allora di circa 150 dirigenti, funzionari e impiegati e di una decina di uscieri o inservienti, distribuiti nei seguenti uffici presso la Direzione Generale in Roma:
Segreteria della Direzione, che si occupava delle questioni di carattere generale riguardanti le leggi, lo statuto, il regolamento generale e le specifiche normative, dei rapporti con l’estero, delle nomine dei soci, della preparazione e verbalizzazione delle riunioni degli organi collegiali, delle relazioni con i grandi utenti (imprese radiotelevisive nazionali, industra fonografica), della gestione del personale;
Ufficio Dichiarazioni, presso il quale si dichiaravano e si depositavano le opere musicali da tutelare (circa 100.000 all’anno), e che si occupava di ogni questione riguardante la titolarità e la rivendica di diritti sulle opere e i rapporti fra gli aventi diritto, nonché del repertorio straniero e dei relativi acquirenti italiani, gestendo la conseguente immensa documentazione cartacea e magnetica;
Ufficio Istruzioni e Accordi, che forniva disposizioni e istruzioni agli uffici periferici della Società in merito ai diritti da incassare nelle varie casistiche di esecuzioni in pubblico e che curava la elaborazione delle tariffe e la stipula di accordi in materia con le organizzazioni rappresentative di categorie di utenti;
Ufficio Programmi, che provvedeva alla raccolta dei programmi musicali compilati dagli esecutori delle opere, curava la contabilizzazione degli incassi di tutte le pubbliche esecuzioni musicali e, distintamente, degli incassi corrispondenti ai programmi musicali raccolti e gestiva i rapporti con una ditta esterna incaricata di acquisire e trattare elettronicamente i dati dei programmi;
Ufficio Tecnico Musicale composto di ispettori e tecnici musicali incaricati del controllo sulla veridicità dei programmi compilati dagli esecutori e delle pratiche disciplinari relative alle irregolarità di programmazione, nonché di consulenza varia in materia musicale e in particolare in materia di elaborazioni tutelabili di composizioni musicali di pubblico dominio;
Ufficio Ripartizione, incaricato di curare, per cicli semestrali, l’applicazione dei criteri di attribuzione di quote degli incassi alle singole esecuzioni di opere e il raggruppamento di tutti gli importi maturati per ogni composizione utilizzata, l’identificazione di dette composizioni fra quelle italiane e straniere gestite dalla SIAE e dalle consorelle estere e quelle di pubblico dominio e l’attribuzione degli importi agli aventi diritto sulla base delle dichiarazioni depositate dagli stessi, e ciò anche per quanto riguardava i programmi delle imprese di radio e televisione, nonché per le somme versate dai produttori fonografici e videografici;
Ufficio Contabilità, che gestiva la contabilità generale di tutti gli importi gestiti dalla Sezione e aveva la tenuta dei conti degli iscritti e delle Società corsorelle, sui quali venivano registrati a credito gli importi maturati per effetto delle operazioni di ripartizione e a debito gli importi versati a titolo di anticipi e di saldi, provvedendo alle operazioni di pagamento normalmente per bonifici bancari e in limitati casi per contanti presso l’apposito ufficio Cassa del Credito Italiano o mediante l’invio di assegni.
Agli uffici suddetti erano preposti dei Vice Direttori (dirigenti di grado III) o dei Capi Ufficio (funzionari di grado IV) e, per l’Ufficio Tecnico Musicale, un Ispettore Capo Musicale (grado III).
Naturalmente, la Sezione usufruiva dei vari Servizi facenti parte della Direzione Generale: Affari Generali, Iscritti e Soci, Personale, Ispettorato Centrale, Legale, Amministrativo, Provveditorato, Informatica, Studi e Organizzazione, Stampa.
Nei 12 anni trascorsi in Sezione prima di esserne nominato Condirettore e poi Direttore titolare, avevo già dovuto affrontare come mio impegno personale alcuni problemi che erano stati sino allora ignorati o trascurati, oppure problemi che si presentavano per la prima volta alla SIAE e che subito mi venivano addossati essendo io visto come il jolly disponibile per tutto.
Ho già parlato del radicale mutamento apportato al sistema di acquisizione dei dati contenuti nei programmi musicali e della gestione elettronica della relativa contabilità, che aveva risolto il grosso e grave problema della approssimazione e inaffidabilità degli importi ripartiti agli aventi diritto. Come frutto di risulta di questa riforma si poté avere anche una procedura di abbinamento automatico tra titoli delle opere acquisite in archivio come repertorio italiano e straniero aministrato dalla Sezione e titoli rilevati dai programmi musicali, anche se imprecisi o in varianti d’uso, procedura che venne poi particolarmente apprezzata dai vari tecnici di Società straniere che ne vennero a conoscenza.
Problemi delicati e difficili trovai nella materia del cosiddetto “diritto demaniale” e altri nuovi e impegnativi si presentarono in relazione al Trattato di Roma istitutivo della Comunità Economica Europea, nonché a seguito della tumultuosa esplosione della emittenza radiofonica e televisiva privata.
La prima questione che rilevai con sorpresa come incredibile e inimmaginabile riguardava i rapporti con lo Stato.
Tra SIAE e Ministero delle Finanze intercorrevano sin dal 1921 particolari rapporti disciplinati da apposite convenzioni di durata decennale, sempre rinnovate con i necessari aggiornamenti. Per convenzione era affidato alla SIAE l’incarico di provvedere all’accertamento e alla riscossione delle tasse erariali sugli spettacoli e trattenimenti e del diritto demaniale sulle rappresentazioni, esecuzioni e radiotelediffusioni di opere teatrali e musicali di pubblico dominio. La struttura preposta all’attività di riscossione delle tasse erariali era il Servizio Erario. Le Sezioni Lirica e DOR e la Sezione Musica provvedevano, per i generi di opere di rispettiva competenza, alla gestione del “diritto demaniale”. Su tutte le riscossioni lo Stato riconosceva alla SIAE un aggio percentuale.
Già quando ero in servizio alla Sezione Lirica io avevo dovuto, per la prima volta, elaborare una tabella riguardante la misura del diritto demaniale dovuto per le rappresentazioni di opere drammatico-musicali di pubblico dominio quando ne veniva utilizzata una qualche elaborazione coperta da diritto di autore. Era ad esempio il caso di opere antiche (del ‘500, del ‘600 e anche dei primi decenni del ‘700) di cui non esiste il testo nella notazione moderna o un testo completo scritto dall’autore, ma solo un canovaccio, oppure un testo lacunoso. Secondo la legge (art. 175 della legge 633\1941 e art. 5 della legge 95\1942), sulle rappresentazioni di opere drammatiche o drammatico-musicali il diritto demaniale era dovuto nella misura del 5% degli incassi lordi; nel caso di elaborazioni tutelate di opere di pubblico dominio, il diritto demaniale si riduceva alla metà. Ma nel caso delle opere liriche poteva essere elaborato il solo libretto (traduzione italiana tutelata del libretto di un’opera wagneriana) oppure la sola parte musicale (operina del ‘600, il cui testo poetico era rimasto quello originale, mentre era stato necessario costruire tutta una partitura sulle scarne tracce della musica originale). Stranamente, soltanto al mio arrivo ci si preoccupò di questi casi e io redassi una tabella che teneva conto del peso specifico che la stessa legge (art. 34 della legge 633\1941) attribuisce alle diverse parti, tabella che poi è stata sempre applicata puntualmente.
Nei primi anni dal mio arrivo alla Sezione Musica mi avvidi casualmente che il Servizio Erario, che nell’atto di girare allo Stato gli incassi delle tasse erariali applicava la detrazione dell’aggio spettante alla SIAE, tratteneva la stessa percentuale (era allora, mi pare, il 9%) non solo sui diritti demaniali per opere di competenza delle Sezioni Lirica e DOR (Drammatica Operette e Riviste), ma anche su quelli della Sezione Musica, i quali invece venivano girati al Servizio Erario già al netto della provvigione sociale. La Sezione Musica infatti mette in ripartizione gli incassi dalle varie fonti (concerti e spettacoli vari, balli, juke boxes, musica di fondo in pubblici esercizi, musica di richiamo negli stands fieristici, esecuzioni negli stadi sportivi, bande musicali, ecc. ecc., nonché trasmissioni radiotelevisive) dopo aver detratto la provvigione sociale dovuta dagli iscritti ai sensi di statuto e che può essere ed è diversa per diversi tipi di incasso; il metodo della detrazione all’origine è l’unico effettivamente praticabile e mette il Demanio statale nelle stesse condizioni di trattamento degli iscritti alla Società e delle Società straniere consorelle.
Di fatto, la SIAE stava trattenendo a carico del Demanio non solo la normale provvigione sociale, ma anche, in sovrappiù, l’aggio convenzionale.
Fatta questa allarmante scoperta, ne parlai subito col direttore della Sezione dott. Pecori, il quale non se ne meravigliò affatto. Probabilmente non ne sapeva niente neanche lui, ma si dette subito a giustificare il comportamento della Società, che non poteva trattare lo Stato come i propri soci ed iscritti, i quali pagavano anche una tassa di iscrizione e una quota sociale annua e avevano l’onere di documentare tutte le opere del proprio repertorio con impegnative dichiarazioni, mentre lo Stato non interveniva minimamente nel fornire una qualsiasi documentazione. Queste ragioni, forse atte a provare una buona fede, non mi convinsero affatto. Mi recai quindi risolutamente dal prof. Bruno Grazia Resi, direttore del Servizio Erario e che in quel momento aveva anche l’incarico di Vice Direttore Generale della Società; espostagli la mia scoperta, lo misi subito in ambasce, per la responsabilità che la SIAE intera e anche lui personalmente avevano per questo comportamento chiaramente illecito. Sapevo che erano da poco iniziate col Ministero delle Finanze le discussioni per il rinnovo della Convenzione decennale di prossima scadenza; era quindi a portata di mano l’occasione per sanare almeno per l’avvenire questa situazione insostenibile. Grazia Resi era seriamente preoccupato di dover portare il problema all’attenzione dei negoziatori del Ministero delle Finanze confessando così questa grave irregolarità. Sostenni che però erano anche loro in qualche modo responsabili non essendosene avveduti nonostante che presso la SIAE era installato un Ufficio Controllo del Ministero con a capo un Funzionario ministeriale e con un discreto organico, il quale continuava da anni ad impegnarsi in inutili operazioni di routine senza mai girare gli occhi intorno.
In effetti, la Convenzione fu rinnovata per un ulteriore decennio con l’inserimento, fra l’altro, di una clausola che prevedeva per i diritti amministrati dalla Sezione Musica, in luogo del normale aggio, la trattenuta di una provvigione pari a quella praticata dalla SIAE ai propri iscritti. E per il passato si mise una pietra sopra, evidenziando che per l’avvenire la Società accettava di rinunziare ad un consistente aggio che le sarebbe spettato per i diversi onerosi adempimenti sostenuti in aggiunta a quelli riguardanti i normali iscritti.
La materia del diritto demaniale restò sempre spinosa, particolarmente per la Sezione Musica. Questo strano istituto esisteva soltanto nella legislazione italiana ed era stato adottato allo scopo di limitare la concorrenza che le opere di pubblico dominio, in quanto liberamente utilizzabili senza alcun onere, potevano fare alle opere tutelate. Ma la sua natura era piuttosto ibrida, poiché il diritto demaniale poteva essere considerato genericamente come un tributo, ovvero come una speciale tassa dovuta per l’uso di un bene facente parte del demanio pubblico, o meglio – a mio avviso – come corrispettivo per l’uso di un bene “patrimoniale” dello Stato (alla stregua dei beni provenienti da una eredità devoluta allo Stato in mancanza di successibili – art. 586 c.c.). Dottrina e giurisprudenza lo consideravano di natura tributaria, nonostante che: 1) si appuntava su opere che, prima della scadenza dei termini di tutela legale, costituivano beni privati; 2) in base alla legge (art. 175, terzo comma, della legge 633/1941 e art. 50 del regolam. di esecuzione) la determinazione dell’ammontare del diritto – per quanto di competenza della Sezione Musica - era attribuita alla SIAE sulla base dell’ammontare del compenso normalmente richiesto dalla stessa SIAE per le opere tutelate eseguite in analoghe condizioni. Come tributo era stato comunque anche di recente riconosciuto dalla Cassazione [4] a conclusione di una vertenza intentata dall’esercente di una sala da ballo di Pordenone, che aveva richiesto il rimborso dell’IGE versata su una quota di diritti relativi alla esecuzione – nell’ambito di un intero programma serale - di un minuetto di Boccherini; sulla base dei chiarimenti da me forniti in dibattimento presso il Tribunale di Trieste, la Cassazione riconobbe all’esercente il diritto al rimborso, che ammontò a poche decine di lire.
Questioni intricate emersero allorquando il Ministero del Tesoro - essendo già io titolare della direzione della Sezione Musica - inviò alla SIAE un autorevole ispettore per un controllo di fondo dell’attività svolta dall’ente in materia di riscossioni per l’Erario. Il dott. Paolo Germani, esaurito abbastanza rapidamente un pur minuzioso controllo dell’attività della Società in materia di tasse erariali sugli spettacoli e trattenimenti, prese ad abbordare l’esame degli adempimenti della Sezione Musica in materia di diritto demaniale. Resosi conto che l’argomento era molto più intricato di quanto egli avesse potuto immaginare, trovò necessario installarsi presso la Sezione, in una stanza messagli a disposizione e dove trascorse ben nove mesi non inattivi. Dopo una serie di colloqui iniziali di orientamento, dovetti vederlo all’incirca una volta alla settimana, dapprima in discussioni anche vivaci, poi in approfondimenti delle varie fasi operative della Sezione, che generalmente coinvolgevano il demanio. Egli riscontrava capillarmente che la Sezione non osservava mai le norme di legge sulla Contabilità di Stato, che a suo avviso e ovviamente dovevano applicarsi con assoluto rigore in ogni fase in cui il Demanio era esplicitamente o anche implicitamente coinvolto. Io gli spiegavo, momento per momento, come la SIAE non potesse trattare il Demanio con altre regole e altre procedure se non quelle adottate per i normali iscritti. A conclusione del suo incarico il dott. Germani compilò una meticolosa e precisa relazione in due poderosi volumi - nel primo descriveva per filo e per segno regole e procedure adottate dalla SIAE, nel secondo evidenziava le innumeri irregolarità commesse ai sensi di legge – rimessa formalmente al Ministero del Tesoro, al Ministero delle Finanze, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla Corte dei Conti, alla Procura della Repubblica e, naturalmente, alla SIAE. Nella relazione egli riconosceva che, a parte la violazione delle norme di legge sulla Contabilità di Stato, non era stata rilevata alcuna altra irregolarità. Egli riconosceva altresì che le norme contenute nella legge sul diritto di autore e concernenti il diritto demaniale meritavano un riesame per una possibile revisione, quanto meno per stabilire esplicitamente l’inapplicabilità, in questa materia, delle norme sulla Contabilità di Stato.
Molto meglio ha fatto invece il legislatore, dopo che io ho lasciato la Società per andare in quiescenza, ad abolire questo diritto demaniale, riallineando l’Italia agli altri paesi stranieri e liberando così la SIAE e anche lo Stato da tanti intricati problemi.
Secondo lo Statuto della SIAE, nel testo del 1948, l’iscrizione alla Società impegna l’iscritto ad affidare ad essa in esclusiva la protezione delle opere dichiarate, in Italia e in quei paesi ove esiste una sua rappresentanza organizzata, limitatamente alla competenza della Sezione alla quale le opere sono assegnate; gli iscritti tutelati dalla Sezione Musica hanno inoltre l’obbligo di affidare ad essa tutte le opere delle quali essi abbiano o acquistino diritti. La Sezione Musica ha competenza in materia di composizioni sinfoniche e composizioni musicali varie nonché di brani staccati di opere drammatico-musicali ed esercita i diritti relativi alle pubbliche esecuzioni (compresa l’esecuzione cinematografica o a mezzo di registrazione meccanica), alla radiotelediffusione e alla comunicazione pubblica mediante apparecchi radiotelericeventi, nonché alla riproduzione fonografica o videografica. L’iscrizione impegna l’iscritto per la durata di dieci anni salvo tacito rinnovo per uguali periodi di tempo. Un regime analogo esiste anche negli statuti della generalità delle Società di autori dei paesi europei.
L’entrata in vigore del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea (CEE) introduce normative nuove in materia di concorrenza e sanzioni contro gli abusi di posizioni dominanti.
Nel giro di alcuni anni gli organi della CEE, dopo aver dedicato molta attenzione alla situazione del mercato nel settore delle merci imponendo modifiche alle pratiche commerciali limitative della concorrenza, cominciano ad occuparsi anche della circolazione dei beni immateriali e si imbattono nella attività delle Società di autori specialmente nel campo musicale, che interessa diversi settori della vita economica, dallo spettacolo e trattenimento all’industria fonografica, alla radio e televisione e agli innumeri campi di attività nei quali la musica è comunque una componente sia pure con funzioni marginali. Scoprono così le normative statutarie strettamente vincolanti attraverso le quali le Società di autori dispongono in modo esclusivo dei repertori dei loro iscritti, autori compositori ed editori. Decidono di intervenire, cominciando da una delle Società minori, la belga SABAM; la sottopongono a una serrata procedura di contestazione e finalmente le impongono di modificare lo statuto al fine di consentire agli iscritti: di conferire il loro repertorio direttamente a diverse Società per diversi territori di gestione; di affidare alla Società taluni diritti (ad esempio i diritti di pubblica esecuzione) riservandosene altri (come ad esempio i diritti di radiodiffusione) da affidare ad altra Società nell’ambito della Comunità Europea; di limitare gli impegni dell’iscrizione per una durata massima di cinque anni salvo tacito rinnovo. In successione, la procedura viene adottata anche per la olandese BUMA, quindi per la tedesca GEMA e poi per la francese SACEM. Quest’ultima riuscì a contenere un poco l’ampiezza delle modifiche statutarie richieste dalla CEE. Infine si rivolsero alla SIAE, lasciata per ultima perché era un ente di diritto pubblico e presentava quindi una problematica particolare.
Una paludata commissione venne a Roma per la disamina del nostro regime statutario e per concordare le modifiche da adottare per il rispetto delle norme comunitarie. La SIAE era seriamente preoccupata per le prospettive di sconvolgimento del sistema di gestione dei diritti di competenza della Sezione Musica. Il Presidente Ciampi temeva questa invadenza e lo stesso avv. De Sanctis non era tranquillo. Le conversazioni si svolsero seguendo schemi formali piuttosto macchinosi e lenti. Io facevo parte della Delegazione SIAE in quanto Vice Direttore vicario della Sezione. Dopo alcuni incontri serviti ad analizzare la normativa comunitaria, si trattava di elaborare le ipotesi di interventi nella struttura del nostro statuto analoghi a quelli già attuati negli statuti delle altre Società della CEE. In un intervallo meridiano, trovai il modo di avere un colloquio a due con il funzionario CEE che mi era parso il meno perentorio e il più attento ai nostri chiarimenti e gli spiegai che le modifiche pretese dalla Comunità sarebbero state assai probabilmente inutili. Prendendo ad esempio un autore che, profittando della nuova liberalizzazione così ottenuta, decidesse di avere un rapporto diretto di iscrizione con la SIAE per l’Italia, con la SACEM per la Francia, con la GEMA per la Germania, con la BUMA per l’Olanda e con la SABAM per Belgio e Lussemburgo, questo autore dovrebbe gestire questi diversi rapporti regolati da distinte normative e documentare ciascuna di queste Società in merito alle varie opere da dichiarare, con un assai dubbio vantaggio pratico. La CEE naturalmente mirava soprattutto a scardinare il monopolio esercitato in ogni Paese dalla Società di autori locale, sicchè doveva essere possibile che nello stesso paese della Comunità operassero direttamente e separatamente le varie Società suddette: ciò comportava, da un lato, che l’autore di cui sopra ricevesse da ciascuna di dette Società il rendiconto dei diritti incassati per suo conto nei diversi territori, ma comportava anche che, ad esempio, il gestore di una sala da ballo sita in Italia dovesse richiedere una licenza per esecuzioni musicali separatamente a ciascuna delle Società in questione, concordando con ciascuna di esse la misura del compenso da corrispondere; ma in base a quale criterio si potrebbe valutare il repertorio di ciascuna Società messo a disposizione del gestore nonché il repertorio di Società di paesi extracomunitari rappresentato da questa o quella Società comunitaria? La licenza unica per tutti i repertori rilasciata dalla sola Società locale è fuori di ogni dubbio la più conveniente sia per gli autori che per gli utilizzatori delle opere, e il rapporto di ogni autore con una sola Società è ovviamente il più conveniente per tutte le parti in causa.
Queste semplici argomentazioni ripetute in seduta comune e illustrate con varie opportune casistiche fecero il miracolo di convincere la Delegazione CEE, che si limitò infine a chiedere alla SIAE una sola modifica statutaria: la riduzione della durata dell’impegno di iscrizione dai dieci a cinque anni salvo rinnovo, modifica apportata con decreto presidenziale del 14 novembre 1974. Le Società consorelle che si erano adeguate alle richieste della CEE non ne ebbero conseguenze negative, perché i rispettivi aderenti si guardarono bene dal profittare della liberalizzazione della normativa.
Il Trattato di Roma tornerà in ballo dopo diversi anni, per una azione intentata da un sindacato francese di sale da ballo alla locale Società SACEM per abuso di posizione dominante in materia di tariffe per diritti di autore; fu la SIAE allora a fornire sostegno alla SACEM, come esporrò in seguito.
[1] P. NARDI, Vita e tempo di Giuseppe Giacosa, Mondadori, 1949, pag. 602
[2] Ibid. pagg. 608, 710, 721, 752, 793.