Capitolo XXXI |
Nell’aprile del 1985 lascia il servizio per limiti di età il mio amico Mario Lanni, da anni Capo del Personale e ultimamente anche Vice Direttore Generale. Lui è il decano del nostro gruppetto di colleghi che si incontra ogni giorno al bar e di tanto in tanto in ristorante. Saluta il personale della Società intorno a un gran buffet riccamente imbandito nel cortile. Uomo schietto e vivace, lascerà un certo vuoto fra noi.
A sostituirlo come Capo del Personale viene chiamato il collega dr. Alfio Carta, abruzzese di Atri.
Il Presidente e il Direttore Generale mi invitano a un colloquio per dirmi che, dopo diciotto anni, è ora che io lasci la Sezione Musica, la cui direzione viene affidata al mio vice dr. Oscar Argentieri, per assumere le funzioni di Vice Direttore Generale senza i pesanti impegni di ordinaria amministrazione connessi alla guida della Sezione. Sono contento per Oscar, che ha trascorso al mio fianco tutti gli anni della sua carriera.
Da tempo la SIAE ha due Vice Direttori Generali, dirigenti che hanno grossi incarichi operativi e che, in assenza del Direttore Generale, sono abilitati a compiere taluni atti particolarmente in campo amministrativo e comunque per deleghe ad essi conferite volta per volta. L’altro Vice Direttore Generale al momento è il dr. Vincenzo Santoro, Capo della Segreteria Generale.
La mia nomina a Vice Direttore Generale a tempo pieno - con decorrenza dal 1° giugno 1985 - è una assoluta novità nella tradizione della SIAE. Viene deciso che Santoro si occuperà della supervisione e del coordinamento dei Servizi (Iscritti, Personale, Amministrativo, Provveditorato, Ispettorato, Erario, ecc.), mantenendo l’incarico di Capo della Segreteria Generale; e a Proia vengono affidati la supervisione e il coordinamento delle Sezioni (Lirica, Musica, DOR (Drammatica Operette e Riviste), OLAF (Opere Letterarie e Arti Figurative), Cinema, e cioè degli organismi che svolgono le funzioni istituzionali della Società.
Si appellano alla mia competenza perché nel mio lungo periodo di servizio ho già lavorato per le Sezioni Cinema, Lirica, DOR e Musica; e io ricordo che durante la mia permanenza all’Agenzia Generale di Parigi mi sono dovuto occupare molto della Sezione OLAF. Accetto di buon animo l’incarico, sperando di poter lavorare con maggiore tranquillità negli sgoccioli della mia carriera.
Do le consegne ad Oscar e vado ad occupare un pomposo studio al quarto piano, corrispondente a quello che nel quinto piano è occupato dal Presidente, composto da un vasto ufficio con pareti a vetrate ai due lati opposti e un comodo salotto, da un bagno-doccia, da una saletta per riunioni e dall’ufficio di segreteria (come segretaria mi segue Laura D’Harmant che lavora con me da anni e che mi conosce meglio di mia moglie). Lo studio è dotato di un piccolo bar rifornito di bibite ed alcolici; quando lascerò lo studio dopo tre anni ci si troveranno gli stessi alcolici della dotazione iniziale; fino allora sono stato rifornito solo di bottiglie di acqua minerale; delle bottigliette di aperitivi sono state prelevate da mia moglie quando, con evidente fierezza, ha accompagnato da me in visita mia nuora Gloria con sua madre Giorgia.
Il 18 novembre 1985 un avvenimento importante: nella Casa di Cura Mater Dei nasce felicemente la nipotina Ginevra. E’ una grossa emozione per me; ma la piccola mi vedrà poco come nonno e invece crescerà accanto ai nonni materni, particolarmente coccolata da nonno Carlo, che un brutto giorno morirà improvvisamente mentre sta giocando con la nipotina ancora bimbetta.
Nel nuovo incarico faccio effettivamente una vita più tranquilla, essendomi liberato da tutte quelle beghe (questioni riguardanti il personale, le assegnazioni ai vari uffici, la distribuzione dei compiti, questioni disciplinari, promozioni, ecc.) che costituiscono un tormento pressoché giornaliero.
Mi viene confermata la delega a proporre al Presidente la concessione agli iscritti degli anticipi più elevati, stavolta per tutte le Sezioni. Mi viene formalmente concessa la firma singola in banca per importi molto elevati e la firma abbinata con un altro qualsiasi dirigente per importi senza limiti in assenza del Presidente e del Direttore Generale.
La supervisione per quanto concerne la Sezione Musica è la prosecuzione dei rapporti di reciproca fiducia con il neo direttore Argentieri, insieme al quale vengono da me esaminati gli argomenti più importanti e delicati o più inconsueti che si presentano nel campo della gestione dei diritti musicali. La Sezione DOR ha meno bisogno della mia supervisione, per la consolidata esperienza dei suoi vertici amministrativi. I funzionari della Sezione Lirica sono lieti di venirmi a sottoporre qualche loro problemino, memori della mia lontana gestione del loro settore di cui rimangono ancora ben evidenti i criteri da me allora elaborati e messi in atto. Peculiare è invece la situazione riguardante le Sezioni OLAF (Opere Letterarie e Arti Figurative) e Cinema.
La Sezione OLAF si trova ad affrontare problematiche del tutto nuove per il rapido sorgere nei vari paesi europei di piccole Società di autori aventi finalità di tutela di diritti, trascurati in passato, riguardanti opere dell’arte figurativa o plastica e della fotografia (che il nostro Statuto assegna alla competenza della Sezione OLAF) e soprattutto per le utilizzazioni di opere letterarie e artistiche da parte dei moderni mezzi di comunicazione di massa o con modalità modernamente affermatesi come la fotocopia. Si tratta di diritti e di repertori che non avranno mai un peso rilevante nell’economia della SIAE, ma che non possono più essere ignorati anche per le sollecitazioni che pervengono dalle suddette nuove organizzazioni straniere. Il direttore della Sezione dr. Vincenzo Tamburro viene ad espormi i diversi problemi che gli si presentano e poco a poco prenderà l’abitudine di venire da me nel corso dell’ultima ora dell’orario di ufficio, costringendomi spesso a protrarre notevolmente tale orario sotto l’incalzare dei suoi quesiti. Ma la bestia nera resta per lui il comportamento delle Società francesi di arti plastiche, che per ogni riproduzione di un quadro impressionista sulla copertina di un libro italiano o su un manifesto pretendono che la SIAE conceda le licenze (secondo le proprie condizioni e tariffe) solo sulla base di un loro esplicito preventivo consenso accordato volta per volta.
Ben più complessa la situazione della Sezione Cinema, che
sinora non ha mai gestito diritti degli autori di film (diritti esclusivi o
diritti a compenso) che invece cominciano a diventare di attualità anche per
effetto di un risveglio della categoria sul piano internazionale. La Sezione non
ha un proprio repertorio e la normativa statutaria e regolamentare non contempla
l’affidamento di mandati alla SIAE per l’esercizio di questi diritti. Il
direttore della Sezione dr. Renato Lotti si trova a dover impiantare tutto da
capo, senza potersi ispirare a nessun precedente. Una associazione europea, la
AIDAA
(Association Internationale pour les Droits des
Auteurs Audiovisuels
L’attività di coordinamento delle Sezioni mi ha impegnato precipuamente sul fronte delle trattative con la RAI.
Prima di addivenire al varo di un contratto generale unificato per tutte le imprese radiotelevisive nazionali – obbiettivo raggiunto solo negli anni ’90 – ho dovuto guidare i negoziati tra la SIAE e la RAI per l’ultimo rinnovo del vecchio regime contrattuale, sul piano tecnico e normativo. Poiché con la RAI si doveva stipulare un accordo generale unico, si trattava intanto di equilibrare fra loro i sistemi di compenso comunque distinti per i repertori delle varie Sezioni e preparare il passaggio a una normativa radicalmente riveduta che risolvesse una buona volta le numerose problematiche accumulatesi nel tempo e mai affrontate per non mettere in pericolo i pacifici rapporti fra i due enti (preoccupazione che ossessionava specialmente il defunto Presidente Ciampi). Nella dialettica delle trattative, quando si dovevano esporre e argomentare le ragioni e le richieste della SIAE, toccava normalmente a me firmare le lettere a nome della “Direzione Generale” della nostra Società. Toccava a me guidare la delegazione tecnica della SIAE che si incontrava con quella della RAI per confrontare le reciproche posizioni. Talvolta ho avuto abboccamenti a due con il Vice Direttore Generale della RAI competente per i Servizi Amministrativi e Commerciali, alla ricerca, in via riservata, di formule idonee non ancora impegnative fra le parti.
Ricordo sempre con rispetto il Vice Direttore Generale dr. Carlo Livi, l’unico del suo rango che non fosse una pedina dei consueti giochi politici imperversanti ai vertici RAI a ogni mutar di vento governativo. Non oso dire che diventammo amici, perché i nostri incontri non erano abbastanza frequenti per alimentare una amicizia. Ma in occasione di un “Premio Italia” la cui cerimonia conclusiva si tenne a Lucca, nella sua Toscana, il Dr. Livi invitò me e mia moglie a far parte di un ristretto gruppo di ospiti di cui ebbe cura lui personalmente: la RAI ci offrì il soggiorno in un albergo di Forte dei Marmi e l’ospitalità completa per assistere alle cerimonie e intanto per alcune visite in luoghi privilegiati, come la Villa Reale di Marlia con raffinata colazione sui bellissimi prati, come la Villa Mansi, come la cittadina e il teatrino di Montecarlo, ecc.
Impegno gratificante per me fu quello della revisione completa del Regolamento Generale della Società, revisione ormai indifferibile alla luce delle profonde trasformazioni intervenute nell’attività sociale. La sopravvivenza di troppe norme desuete, le diverse modifiche casuali e sconnesse introdotte nel tempo, la necessità del raccordo con alcuni recenti provvedimenti legislativi, il riordino e il radicale rifacimento della normativa riguardante la Sezione Cinema, nuove concezioni dei rapporti con gli iscritti, imponevano da tempo la necessità di mettere mano a una rivisitazione generale di tutta la normativa regolamentare che affrontasse anche questioni rimaste troppo a lungo aperte e incerte. Potei finalmente, articolo per articolo, disegnare una riforma capillare di tutto l’organismo istituzionale della Società, redatta tutta tranquillamente da me solo, salvo l’intervento del direttore del Servizio Amministrativo per la parte riguardante l’amministrazione e il bilancio. Presentai il tutto a un apposito Comitato intersezionale di Commissari in più sedute con una approfondita discussione di ogni modifica e, con mia sorpresa, l’intero testo di ben 154 articoli ebbe senza troppe difficoltà l’assenso del Comitato e, seguendo l’iter previsto dallo statuto, potè essere approvato dalla Assemblea delle Commissioni di Sezione riunite e pubblicato sul Bollettino sociale.
Una occasione straordinaria di viaggio si presenta quando viene convocato in Messico uno speciale Comitato della CISAC (Confédération Internationale des Sociétés d’Auteurs et Compositeurs) ai cui lavori io sono chiamato a partecipare per la SIAE. Il Comitato si riunisce a Ixtapa, sulla costa messicana del Pacifico. Colgo l’occasione per combinare con Maria Rosa anche un viaggio-vacanza nel Nord-America. Una agenzia turistica ci prepara e prenota il giro che durerà non meno di dieci giorni, a un prezzo incredibilmente modico.
La prima tappa è Chicago. Atterriamo all’Aeroporto O’Hare, il più grande degli Stati Uniti, un modello di efficienza. Siamo alloggiati al mitico albergo “Chicago Hilton and Towers” sulla Michigan Avenue, il capostipite della catena Hilton. Chicago è la città più americana dell’America, con la architettura più moderna.
La sera del nostro arrivo, l’immensa fastosa Grand Ballroom dell’albergo è impegnata per una qualche festa privata di negri, i quali hanno a Chicago la loro comunità più progredita: vediamo arrivare macchinoni di lusso che scaricano centinaia e centinaia di negri in elegantissimi abiti da cerimonia, abiti che loro portano con sussiegosa naturalezza meglio di come li porteremmo noi. La sera dopo per cena entriamo in un locale nei pressi che si presenta come specializzato per le carni, per soddisfare uno dei sogni di Maria Rosa; ci accorgiamo dopo un pezzo che noi due siamo gli unici bianchi e forse un po’ stoniamo nell’ambiente col nostro modo guardingo vagamente provinciale.
La Michigan Avenue, che fiancheggia il vastissimo Grant Park di fronte al lago, è la strada più elegante, con musei, teatri, sale da concerto, grandi alberghi e negozi raffinati; essa continua oltre il Chicago River nel Magnificent Mile (il “miglio magnifico”) dove si allineano i più grandi e i più importanti negozi. Saliamo sulla Sears Tower, il grattacielo più alto d’America, dalla cui sommità si ammira un panorama strepitoso a 360 gradi.
L’era dei grattacieli è iniziata qui, dopo il grande incendio del 1871, con la costruzione del primo edificio di questo tipo nel 1883-84 e con il rapido sviluppo dei materiali da costruzione e la realizzazione dei moderni ascensori. I più grandi architetti moderni si sono cimentati a Chicago progettando grattacieli ed altri importanti edifici per banche, compagnie di assicurazioni, teatri e istituzioni varie, alcuni dei quali sono visitabili dai turisti che ne possono ammirare le linee eleganti e le fantasiose ornamentazioni. Molto interessanti gli edifici della vecchia e della nuova Public Library, del Board of Trade, della Civic Opera House, del Wringley Building, dello Sheraton Hotel. Stupendo il City Hall Country Building.
Una qualche idea della città si può avere facendo in battello il giro turistico sulle acque azzurre del Chicago River, il quale conduce tra il centro e il lago passando sotto un susseguirsi di splendidi e luccicanti palazzi pubblici e privati dalle multiformi concezioni architettoniche.
Originale è il sistema di tram che passano in mezzo ad ampie strade nella zona più centrale della città su percorsi sopraelevati, mentre i sottostanti pilotis accolgono parcheggi di auto.
A sera ce ne andiamo all’animatissimo Navy Pier proteso nel lago, scorrendo il quale da un estremo all’altro, curiosando tra strane mostre e negozi di ogni genere, si possono trascorrere delle ore prima di fermarsi a cena in uno degli innumeri ristoranti e ristorantini con ogni tipo di cucina e dai prezzi generalmente abbordabili.
Ma la città è immensa, numerosi i musei, grandi e bellissimi i parchi (a proposito, il Grant Park è attraversato da varie strade una delle quali è intitolata a Italo Balbo, in ricordo della famosa crociera atlantica nel 1933 della sua squadriglia di 24 grandi aerei da bombardamento marittimo partiti da Orbetello, arrivati qui davanti sul lago accolti da folle osannanti e rientrati in Italia), tante le cose da vedere. Dovremo tornarci quanto prima assolutamente.
Ci trasferiamo a San Francisco, città più adatta a dare una idea della vecchia America. Siamo alloggiati anche qui all’Hotel Hilton, meno sontuoso di quello di Chicago: un grande edificio a pianta quadrata con quattro ingressi ai quattro lati, il che talvolta disorienta un poco. Scopriamo per caso che i servizi in camera nell’albergo (ad esempio, la prima colazione) possono essere forniti anche da esercizi esterni, che costano meno.
La città, benché completamente devastata dal terremoto e conseguente incendio del 1906, è assai meno moderna di Chicago dal lato architettonico e praticamente non conosce grattacieli. Le sue origini settecentesche sono ricordate dalla piccola “Missione di San Francesco d’Assisi”, rimasta ai margini della città. Marcata è qui l’influenza delle comunità etniche, in primo luogo nel quartiere cinese e nei quartieri latini.
La forma lievemente irregolare del terreno in pieno centro modella alcune strade dall’andamento altalenante, con i tram impegnati in un susseguirsi di salite e discese ben pronunciate: spettacolare e tipica la Lombard Street. La rete ortogonale delle strade infatti taglia decisamente i rilievi del terreno. Ma questo è in definitiva uno degli aspetti simpatici della città.
Lo spettacolo della vastissima baia circondata da un seguito di grosse città antistanti a San Francisco è impressionante specialmente di notte. Di giorno, richiama l’attenzione la vicina isoletta di Alcatraz con al centro l’enorme edificio grigio del penitenziario che non presenta alcuna apertura verso l’esterno. La Golden Gate è la porta d’ingresso alla baia dall’Oceano Pacifico, ora attraversata dall’altissimo ponte che porta verso Sausalito.
A sera ci attira la zona assai vivace dei Pier, uno affiancato all’altro, intasati sino all’inverosimile di negozi e negozietti, di localini di trattenimento, di birrerie, di bar, di ristorantini, che ti propongono mille modi per passare la serata in mezzo a una folla fluente e pacifica. Di giorno ha attirato la nostra attenzione al centro il vistoso edificio del Caffè-Pasticceria Ghirardelli
Un giorno attraversiamo il Golden Gate per una gita nella foresta delle gigantesche sequoie, colossi millenari della natura che – nella specie vivente in California – possono superare i 100 metri di altezza. Troviamo tra le altre la notissima sequoia dalla base sdoppiata attraversata dalla strada della foresta. Il grande parco naturale è ben tenuto e di facile godimento da parte del pubblico. Al ritorno ci fermiamo a Sausalito, una cittadina assai graziosa ricca di porticcioli turistici e con stradine di tipo mediterraneo affiancate da vivaci negozietti di souvenir e piccoli caffè. Il clima qui è piuttosto dolce e leggermente umido. Una ultima mezza giornata ci permetterà di fare una passeggiata per la grande Market Street e per il Golden Gate Park, appena per una sbirciata.
Quindi si parte per il Messico. L’aereo ci porta a Zihuatanejo, sulle rive del Pacifico, poco a nord di Acapulco. In macchina si arriva alla vicina Ixtapa, dove scendiamo al famoso hotel Camino Real affacciato a terrazze sull’oceano. E’ un albergo particolare, lontano dall’abitato, che affianca una grande villa del Presidente della Repubblica. Il Camino Real è stato ideato da un architetto di gran nome e sfrutta in modo assai originale il terreno scosceso, con un seguito di terrazze sulle quali si affacciano le varie camere e con diversi patios utilizzati per caffè, ristoranti e sale comuni, il tutto in mezzo a una vegetazione richissima che entra quasi nelle camere con i suoi fiori assai varii.
L’ambiente si presta bene per un ritiro, magari lussuoso. E infatti il Comitato CISAC lavorerà molto bene in tutta calma. Nell’hotel non manca nulla, neanche il solito Ristorante Italiano nel Patio del Solarium. Le poche signore che ci hanno accompagnati passano la giornata giù al mare, dove si scende in ascensore, in una spiaggia che noi uomini non abbiamo avuto il tempo di vedere di giorno e che peraltro non deve essere molto accattivante, se in quei giorni un giovane ha rischiato la vita perché travolto da una violenta ondata del .. Pacifico. Ma Maria Rosa si gode il sole e soprattutto la compagnia di Maria José, la moglie canaria di Jean-Alexis Ziegler; passano ore insieme spettegolando in castigliano (ad esempio, sulla moglie del Presidente Tournier, morta da poco sotto una valanga sciando in Svizzera). Purtroppo, pochi mesi dopo anche la povera Maria Josè morirà uccisa da un tumore fulminante.
Con Maria Rosa passeremo due sere a cenare fuori. La prima sera scendiamo a piedi verso il centro di Ixtapa. Lungo la strada siamo raggiunti da una giovane coppia di turisti, le sole persone incontrate; parlano italiano. Questi benedetti italiani si trovano davvero dappertutto. Il grazioso centro di Ixtapa è un ambiente esclusivamente turistico, con bei negozi, boutiques, ristoranti e una serie di grandi alberghi. Gironzolando, finiamo per acquistare qualcosa dei tantissimi oggetti di argento a lavorazione grezza che hanno tanto l’aria messicana. L’ambiente comunque è abbastanza caro. La sera dopo prendiamo un tassì per andare a Zihuatanejo, a una decina di chilometri, una autentica cittadina messicana con una brulicante piazzetta circondata da trattoriole festose. Passiamo la serata in una di queste trattorie, un vasto locale tutto aperto verso la piazzetta, addobbato di festoni, di oggetti pescherecci, ma anche di un coccodrillo imbalsamato. Una orchestrina paesana ci fa compagnia mentre mangiamo dell’ottimo pesce in più portate. Anche il conto è paesano.
Conclusi i lavori del Comitato, il nostro piano di viaggio prevede un trasferimento da Zihuatanejo a Città del Messico, dove aspetteremo un paio d’ore in aeroporto, in una calca rumorosa, per prendere un aereo per Chicago. Dall’aeroporto O’Hara un aeroplanino ci deve portare a Terre Haute, ma purtroppo la giornata è molto ventosa e il percorso prevede uno scalo intermedio che allunga il viaggio; l’aeroplanino ad elica sbattuto dal vento ci mette sossopra lo stomaco (stavolta anche a Maria Rosa), finché atterriamo alla nostra meta dove ci attendono mia sorella Maria e sua figlia Julie (il marito di questa Ralph è assente per impegni di lavoro)
Il soggiorno a Terre Haute è una vera rimpatriata. In casa di mia sorella troviamo anche sua figlia Mary col marito Bob, un ingegnere che lavora a Cape Canaveral, venuti dalla Florida. Non vedevo Mary dal 1950; naturalmente è molto cambiata; io sono rimasto per lei lo”zio Ninì” di quando era bambina; ci abbracciamo commossi; mi accorgo presto che lei non ha la vita facile, anche per il carattere di questo marito luterano che ciononostante la accompagna pazientemente quando lei va svolgendo la sua missione di dama di San Vincenzo. Parlando del più e del meno, si finisce per accennare alla recente uccisione del Presidente Kennedy. Con il paziente ausilio di Mary come interprete, la discussione tra me e Bob gradualmente si accalora, io dichiarando il mio stupore per l’andamento dei processi che destano sospetti sulla integrità del sistema giudiziario americano, lui reagendo vigorosamente alle mie insinuazioni. Maria ci porta nel bel parco della cittadina destinato alla sepoltura dei defunti, dove una semplice lapide in mezzo al prato verde segna la tomba di suo marito. Girando per Terre Haute, visitiamo la Public Library, la moderna biblioteca comunale ospitata in un apposito adeguato edificio. Ci affezioniamo sempre più a questa cittadina americana di 100.000 abitanti che ci appare come un modello di comunità moderna.