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2. Cenni biografici su Bartolomeo di Tebaldo da Orvieto.

Nella supplica di settembre 1423 a papa Martino V fr. Bartolomeo confessa d’esser «vecchio e quasi settantenne» (testo in Appendice). Nato dunque entro i primi anni ‘50 del Trecento? Verosimilmente, perché in una testimonianza rilasciata da Tommaso d’Antonio da Siena OP negli anni 1411-12 Bartolomeo vien detto sessantenne. E dalla medesima fonte apprendiamo che da giovane, anteriormente al 1380, aveva trascorso qualche anno nel convento senese San Domenico in Camporegio, dov’era venuto in contatto con Caterina di Iacopo di Benincasa.

La prima attestazione diretta sul frate orvietano ci viene dai registri del maestro dell’ordine Raimondo delle Vigne da Capua (1380-99). Il 26 agosto 1386 maestro Raimondo dà licenza a fr. Bartolomeo di Tebaldo da Orvieto di trovarsi un collegio in territorio italiano dove possa essere assegnato in qualità di baccelliere in ordine al conseguimento del magistero. Bartolomeo sceglie Pisa, come dobbiamo dedurre dalle successive notizie relative al magistero: «qui legit ibi (scil. in conventu pisano) pro forma»:

(26.VIII.1386) «Item die 26 concessit fr. Bartholomaeo Thebaldi de Urbeveteri quod possit procurare pro se unum collegium in Italia pro magisterio consequendo, in quo procurato assignavit ipsum ibidem baccalarium, nolens etc.» (MOPH XIX, 64 n° 33; nella bibliografia data nella relativa nota si corregga AGOP Cod. XIV.9 in AGOP XIV.19).

Discorso di Simone da Cascina OP per le vesperie di Bartolomeo, BAV, Barb. lat. 710, ff. 105va-106vb: «Vesperie quas feci in conventu pisano pro magistro Bartholomeo Tebaldi qui legit ibi pro forma», su cui ampiamente più oltre.

Nel 1386 il frate orvietano appare dunque già molto inoltrato nel curriculum della formazione intellettuale consueta nell’ordine dei Predicatori, e indirizzato per di più alla carriera professorale. Il baccellierato sentenziario del corso formale è l’ultimo obbligo accademico cui è tenuto il candidato prima di potersi presentare al conseguimento della licenza in teologia. Due anni dopo, esattamente il 15 settembre 1388, il medesimo maestro dell’ordine commette alla discrezione del provinciale Romano, Bartolomeo di Domenico da Siena, di provvedere nel convento pisano circa reggente e formalità accademiche necessarie al conferimento della licenza a fr. Bartolomeo.

(15.1X.1388) «Item die 15 commisit priori provinciali romano quod pro expeditione fr. Bartholomaei Tebaldi possit providere de regente in conventu pisano sicut placebit sibi» (MOPH XIX, 80 n° 203). Correggi prior dell’ed. in priori (AGOP IV.1, f. 84r).

Si riconoscono, nel formulario della disposizione, atti e termini tecnici tradizionali nella prassi amministrativa dell’ordine, specie in quella dei capitoli generali: praesentatio, da parte delle supreme autorità dell’ordine, dei baccellieri formati (che hanno cioè adempiuto gli obblighi accademici del baccellierato) al magistero secondo l’ordine di lettura delle Sentenze; expeditio o disbrigo degli atti accademico-legali connessi con l’effettivo conferimento del grado magistrale. Quanto alla nomina del reggente rimessa al provinciale, la si deve verosimilmente mettere in rapporto con le notizie fornite dalla medesima fonte sul reggente pisano in carica: in data 5 luglio ’88 era stato nominato reggente nel convento pisano per l’anno accademico 1388-89 il maestro fr. Tommaso da Vico Pisano; di fatto la reggenza pisana di Tommaso dovette saltare se il 22 dello stesso mese lo si nomina priore di Priverno essendo stato assolto il priore in carica fr. Paolo da Roma. Di qui, pensiamo, la delega al provinciale di provvedere a nominare il reggente che presiedesse le formalità della licenza.

MOPII XIX, 77 n° 162, 78 n° 170. Su Tommaso da Vico Pisano († 1400) cf. Cr Ps f. 39r, ed. F. Bonaini 582-83. Simone da Cascina, sermone per le vesperie di Tommaso da Vico Pisano: BAV, Barb. lat. 710, ff. 102rb-103rb; AFP 12 (1942) 237-41, 359a.

La nomina cade su fr. Simone da Cascina OP maestro reggente in Pisa e figlio nativo del medesimo convento. Ce ne informa lo stesso Simone, che ci ha tramandato taluni adempimenti formali del conferimento del magistero a Bartolomeo nella raccolta degli atti scolastici del codice Vaticano, Barb. lat. 710, ff. 103va-104rb: «Sermo licentie quam dedi magistro Venture de Mevania et magistro Bartholomeo Tebaldi ordinis Predicatorum in pisana ecclesia katedrali»; ff. 105va-106vb: «Vesperie quas feci in conventu pisano pro magistro Bartholomeo Tebaldi qui legit ibi pro forma» (T. Käppeli, La raccolta di discorsi e di atti scolastici di Simone da Cascina O.P. († ca. 1420), AFP 12 (1942) 235-37, 241-45, tutto l’articolo pp. 185-246; vedi sotto Appendice I e II). Simone, decano della facoltà pisana di teologia (e forse ancora vicario dell’arcivescovo di Pisa) viene delegato dal cancelliere o dallo stesso arcivescovo, come in molti altri casi, a presiedere il conferimento della licenza ai due frati domenicani. Degli atti accademici di prammatica maestro Simone ci lascia il sermone di licenza e quello delle vesperie; quest’ultimo tenuto di regola qualche giorno dopo il precedente, e a conclusione della pubblica disputa sostenuta dal candidato.

Nella stessa collezione di atti scolastici di Simone da Cascina si ha una testimonianza (1409) molto dettagliata della prassi universitaria invalsa in Pisa circa tempi e sequenza degli atti accademici legati al magistero (AFP 1942, 245-46):

(29 maggio) presentazione del baccelliere e iscrizione all’esame, fissato per il 1° giugno;

(30 maggio) assegnazione di due distinzioni delle Sentenze di Pietro Lombardo da presentare come materia d’esame;

(1° giugno) esame nella cappella del palazzo arcivescovile, approvazione, consegna del signetum di convocazione per il giorno 2 giugno nella chiesa cattedrale;

(domenica 2 giugno) conferimento della licenza nella chiesa cattedrale;

(3 giugno) vesperie nella chiesa San Francesco (il candidato era frate Minore);

(4 giugno) solenne consegna delle insegne dottorali.

Quando esattamente furono licenziati Ventura e Bartolomeo? La expeditio di cui fanno parola le disposizioni del 15 settembre 1388 equivale, come accennato, al disbrigo degli obblighi accademici necessari alla licenza. Il 12 settembre il maestro dell’ordine aveva nominato Simone da Cascina reggente nello studio fiorentino per l’anno successivo; incarico che ricoprirà per quattro anni; a fine discorso per le vesperie di fr. Ventura da Bevagna, maestro Simone nomina Ventura suo successore nella reggenza del collegio San Michele in Pisa:

MOPH XIX, 80 n° 198; Käppeli, AFP 12 (1942) 231; qui e a p. 225 Käppeli trova qualche difficoltà a collocare la licenza di Bartolomco e Ventura in autunno 1388 e preferisce differirla tra gli estremi 11.IX.1388 (Ventura, si dice, compare senza il titolo di maestro) e 22.V.1391, preferibilmente in primavera 1391. A nostro giudizio, nessun dato si oppone positivamente a che il rilascio della licenza abbia avuto luogo a ridosso della stessa commissione del 15 settembre e prima che Simone si trasferisse, a inizio dell’anno accademico, allo studio fiorentino.

BAV, Barb. lat. 710, f. 105va: «Reverende admodo vesperiate, quia moris est in universitatibus quod regens in scolis dimictat magistrato noviter cathedram scolas et suam regentiam, hinc est quod faciens vos successorem meum, auctoritate reverendissimì cancellarii vos in hiis scolis et in hoc approbato collegio <scil. Sancti Michaelis de Pisis: f. 104va> regentem instituo in nomine Patris et Filii et Spiritus sancti, amen».

Tutte le indicazioni convergono coerentemente per l’autunno 1388, in adempimento alle disposizioni del 15 settembre per l’expeditio, e dunque a ridosso di questa data; ossia trascorsi i tempi utili (dell’ordine di qualche settimana?) per la presentazione del candidato alle autorità universitarie e per la successiva convocazione dell’esaminando (signetum, si diceva in Pisa) da parte del collegio dei maestri esaminatori; e prima che Simone da Cascina si trasferisse a Firenze per inaugurare la sua nuova reggenza in Santa Maria Novella.

Il padre di fr. Bartolomeo, Tebaldo, proveniva dalla minuta borghesia urbana, modesto commerciante e venditore («treccone») di frutta, salumi e formaggi, se dobbiamo far credito al genere derisorio del sermone vesperiale; al quale il maestro in teologia Simone da Cascina s’abbandona a freni sciolti, compiaciuto di un’aneddotica pettegola e greve, non riscattata né dall’astuzia dell’ironia né dall’abilità della narrazione.

«Pater huius novelli vesperiandi est vocatus Tebaldus... erat venditor fructuum, era un pissicaiuolo, un treccone» (AFP 1942, 242). Caratteristico dei dialetti toscani occidentali lucchese e pisano era il grafema s o ss per rappresentare il suono della z sorda: pissicaiuolo (= pizzicaiuolo); la tradizione degli atti accademici di Simone da Cascina nel cod. Vaticano potrebbe non esser molto lontana, geograficamente e cronologicamente, dall’originale se ne ha preservato tale peculiarità grafica. Che il sermone vesperiale potesse accogliere anche «ficta obpropria» o «vituperia fabricata mendaciis» lo confessa apertamente Simone nel sermone vesperiale per Tommaso da Vico Pisano: AFP 12 (1942) 237.
Vedi ora Cronica di Santa Caterina in Pisa..., §11 Il cronista Simone di Filippo da Cascina, MD 27 (1996) 266-72.

Il Käppeli ha trascritto gran parte dei sermoni di licenza e vesperie per Bartolomeo (BAV, Barb. lat. 710, ff. 103va-104rb, 105va-106vb); qui in Appendice si troveranno i brani omessi. In uno si narra della beffa poco ridevole fatta da frati tedeschi a danno di Bartolomeo = Margherita sul greto d’Isola Maggiore del lago Trasimeno.

In giugno 1389 si dà licenza a fr. Bartolomeo d’accompagnare Francesco arciprete pisano alla curia romana: 

(22.V1.1389) «Item die 22 ciusdem concessit fr. Bartholomaeo Tebaldi quod possit ire ad curiam romanam cum domino Francisco archipresbitero Pisano, et stare cum eodem ibidem prout fuerit necessarium, repraesentando se procuratori ordinis, ut in actis generalis capituli continetur» (MOPH XIX, 94 n° 317).

Segue un’imprecisata residenza nel convento d’origine, Orvieto, dal quale il 22 maggio 1391 Bartolomeo vien di nuovo trasferito «pro perpetuo» a Santa Caterina di Pisa. Un mese dopo, il 22 giugno, è nominato lettore del convento domenicano della città dove risiede la curia, nonché vicario nel convento perugino in preparazione della celebrazione del capitolo provinciale. E in Perugia, agosto 1391, fu difatti tenuto il capitolo della provincia Romana:

(22.V.1391) «Item transtulit mag. Bartholomaeum Thebaldi de conventu urbevetano ad conventum pisanum pro perpetuo» (MOPH XIX, 104 n° 432).

(22.VI.1391) «Item fecit lectorem in conventu ubi curia residet vel pro tempore residebit mag. Bartholomaeum Tebaldi» (ib. XIX, 104 n° 434).

(22.VI.1391) «Item, fecit cundem mag. Bartholomaeum vicarium in conventu perusino pro praeparatione provincialis capituli cum plenaria auctoritate » (ib. XIX, 104 n° 435).

In pieno accordo con la terminologia del suo tempo invalsa dopo il trasferimento della curia ad Avignone, per indicare il maestro o reggente del sacro palazzo Bartolomeo parla di «scole palatii», «scole palatii apostolici» (vedi in Appendice notizia biografica su Raimondo da Capua); di sé dice invece che è stato «lector in romana curia» (supplica a Martino V, 11.IX.1423, in Appendice). Bartolomeo è stato lettore del convento domenicano della città dove risiedeva o si spostava la curia romana (lector curie o in romana curia, nel lessico degli ordini religiosi), ma non lettore o maestro dei sacro palazzo. Negli anni nei quali Bartolomeo è detto «lector curie», maestro del sacro palazzo («magister sacri palatii») è il fiorentino Simone dei Salterelli iunior OP: Necr. II, 477 (ott. 1392); I. Taurisano, Hierarchia ordinis Praedicatorum, Romae 1916, 41 n. 6. S. Orlandi, AFP 18 (1948) 330

Ancora «lector in curia romana», nel convento cioè della città dove risiede o muove la curia, Bartolomeo risulta in marzo 1392 e agosto 1393:

Venezia 15.III.1392: Niccolò da Cividale del Friuli, provinciale della provincia della Lombardia inferiore, per l’atto di transizione dei conventi di Udine, Cividale e Capodistria dalla provincia Dalmata a quella della Lombardia inf., nomina tra i propri procuratori «fr. Bartholomeum de Urbeveteri magistrum in sacra pagina et in curia romana lectorem» (AGOP XIV lib. A, pars I, f. 132r).

Perugia 14.VIII.1393: «fr. Bartholomeo Thebaldi de Urbeveteri magistro in sacra pagina et in curia romana lectore» presente nell’atto di transizione dei suddetti conventi dalla provincia di Dalmazia a quella della Lombardia inf., presieduto dal commissario fr. Ugolino da Camerino procuratore dell’ordine (AGOP XIV lib. A, pars I, ff. 133r, 133v).

Fa seguito poco dopo un lettorato di reggenza nel prestigioso studio fiorentino; non se ne conoscono gli esatti estremi cronologici, ma questi includono alcuni anni e coprono certamente il 1395. Maestro in teologia, lettore e reggente fiorentino, lo s’incarica in più di un’occasione di conferire la licenza: al fiorentino Leonardo di Stagio dei Dati OP per commissione di papa Bonifacio IX, 7 luglio 1395; ad Andrea di Tommaso da Firenze OP, 16 aprile 1398; a Benedetto dei Testi da Arezzo OFM, 1 giugno 1398:

ASV, Reg. Later. 38, f. 58r (Bonifacio IX, Roma 7.VII.1395): «Dilecto filio Bartholomeo de Urbeveteri ordinis fratrum Predicatorum professori, in sacra theologia magistro, salutem etc... Cum itaque sicut accepimus Leonardus Statii ordinis fratrum Predicatorum professor sic a iuventute sua sexdecim annis literarum studio insudaverit et sex artes ac duobus annis Sententias legerit, et demum per dictum ordinem ad legendum dictas Sententias pro forma magisterii in conventu florentino dicti ordinis fuerit assignatus, quibus per eum lectis, bibliam, quam adhuc legere tenebatur, legere et cursum suum facere ex eo non valuit quia dictis Sententiis per eum ut prefertur lectis studium a Florentia et pluribus aliis universitatibus ex certis causis fuit revocatum ipseque ipsam bibliam legere pro cursu suo in studio perusino intendat... » (dà facoltà a Bartolomeo di conferire la licenza in teologia a Leonardo dopo che costui abbia portato a termine la residua lettura in Perugia).

ASV, Reg. Later. 59, ff. 38v-39r: Bonifacio IX, Roma 16.IV.1398, dà facoltà a Bartolomeo di Tebaldo OP maestro in sacra teologia d’esaminare, insieme con una commissione di cinque o quattro maestri, il candidato fr. Andrea di Tommaso da Firenze OP, e di conferirgli, se lo troverà idoneo, il magistero in teologia nella città di Cortona oppure in qualche studio generale. «Cum itaque, sicut accepimus, dilectus filius Andreas Thome de Florentia ordinis fratrum Predicatorum professor, qui ut asserit per pluros annos legendo audiendo et disputando et alios actus scolasticos exercendo in logice philosophia et theologie facultatibus sic divina sibi suffragante gracia profecerit quod se dignum reddidit ad obtinendum honorem magisterii..., nos igitur... discretioni tue... committimus et mandamus quatinus si per tuam et aliorum quinque vel saltem quatuor in eadem theologia magistrorum per te ad hoc depuntandorum, diligentem examinacionem eundem Andream ad hoc sufficientem et ydoneum esse reppereris, eidem Andree in civitate cortonensi vel in aliquo studio generali huiusmodi magisterii honorem et docendi licentiam... auctoritate apostolica largiaris...».

ASV, Reg. Later. 59, f. 280v: Bonif. IX, Roma 1.VI.1398, a «Bartholomeo de Thebaldis» OP perché conceda magistero a Benedetto dei Testi da Arezzo OFM.

La commissione del 7 luglio 1395 fa credere che la reggenza avesse inizio almeno in autunno dell’anno precedente. Lettore e reggente fiorentino è espressamente qualificato il 2 e 7 dicembre 1395 quando in Padova è uno dei commissari convocati dal maestro dell’ordine Raimondo da Capua e che prestano l’assenso alla deposizione d’Ugolino da Camerino dalla carica di procuratore dell’ordine.

MOPH XIX, 40-41 n° 324 (Padova 2.XII.1395). Gli altri membri della commissione: Bartolomeo di Domenico da Siena provinciale Romano, Tommaso da Fermo provinciale della Lombardia inf., Niccolò da Nocera baccelliere bolognese, maestro Giovanni da Anagni. Sentenza di deposizione, Padova 7.XII.I395, presente «Bartholomeo de Urbeveteri, sacre theologie magistro ac lectore seu regente conventus florentini ordinis eiusdem»: ed. A.W. van Ree, AFP 33 (1963) 240.

Il 16 dello stesso mese Raimondo mette maestro Bartolomeo a disposizione del vescovo di Cortona (per qualche transazione di curia?); dispone inoltre che tutti i frati originari d’Orvieto siano di fatto ritenuti figli nativi di tale convento e ad esso assegnati:

(16.XII.1395) «mag. Bartholomaeum Tebaldi fecit capellanum domini Cortoniensis, concedens dicto domino N. de Casalibus quod dictum magistrum possit secum retinere et ipsum mittere pro suis negotiis etiam ad romanam curiam si fuerit expediens. Item cadem die deputavit et assignavit et pertinere declaravit omnes fratres de civitate Urbevetana aut de praedicafione conventus Urbevetani ad conventum Urbevetanum, et ipsos ad dictum conventum perpetuo reduxit, quamquam in aliis quibuscumque conventibus fuerint recepti et professi » (MOPH XIX, 114 nn. 533-534).

correggo 28/03/2001: «domini Cortoniensis» non necessariamente «vescovo di Cortona», come interpretato nel testo; può valere anche per il signore politico della città, di fatto un Casali; intendi dunque “nomina maestro Bartolomeo cappellano del signore di Cortona…”.

Quest’ultima disposizione coinvolse in qualche modo anche il nostro Bartolomeo? Non subito, perché i dati disponibili per l’anno 1398 sembrano insinuare ancora i tempi della reggenza fiorentina. Mentre in maggio 1400 lo ritroviamo nella città natale e in qualità di priore (M. Rossi Caponeri - L. Riccetti, Chiese e conventi degli ordini mendicanti in Umbria nei sec. XIII-XIV. Archivi di Orvieto, Perugia 1987, 113 (26.V.1400), 114 (12.VII.1400), 117 (30.XII.1400), 230b); e così in settembre 1402.

In occasione del capitolo provinciale celebrato in Prato, settembre 1402, i Conservatori di pace d’Orvieto sollecitano, tramite missiva al vicario della provincia Romana, un qualche ‘premio’ o promozione a favore del concittadino e priore Bartolomeo di Tebaldo, nonché del lettore in carica fr. Lorenzo di Marco (da Orvieto). Nella risposta il fiorentino fr. Michele della Casa (Prato 6 settembre 1402) dà un bell’esempio, infrequente in questi tempi, di libertà di governo religioso riasserita in un dispaccio diplomatico; senza rinunciare ad un’arguta ritorsione. «Non dite anche voi che nessun premio a mia portata sarebbe pari ai meriti dei due? La ricompensa, allora, i due buon frati se l’aspettino da Dio». Acconsentono invece, definitori capitolari e lo stesso vicario, a che Bartolomeo e Lorenzo rimangano nel convento orvietano e continuino a svolgervi rispettivamente l’ufficio di priore e di lettore (lettera di fr. Michele di ser Tino della Casa, Prato 6.IX.1402, in Appendice).

Lorenzo di Marco da Orvieto OP. Correggi come suggerito in Cronica di Santa Caterina in Pisa, MD 27 (1996) 286-87 nota 396 (119 ed. web): patronimico, e successivamente titolo "magister", permette di sbrogliarlo da
Lorenzo di Marco da Perugia OP
(fl. 1396-1403, AFP 65 (1995) 268-69) e da
Lorenzo di Pietro da Orvieto OP
(fl. 1363-1400).

Lorenzo di Marco da Orvieto, qui priore pisano ott. 1387, licenziato maestro in Pisa tra 1397 e 1400: M. Rossi Caponeri - L. Riccetti, Chiese e conventi..., Perugia 1987, 242b (243a "Laurentius Petri de Urbeveteri"). Käppeli, La raccolta 193 n° 98, 205. Sett. 1402: AFP 62 (1992) 148, 167 n. 69, dove correggi e intendi «magistro Laurentio Marchi <de Urbeveteri>». Tommaso d’Antonio da Siena OP, Tractatus de ordine fratrum et sororum de Paenitentia sancti Dominici (1402-07), ed. M.H. Laurent et F. Valli, Firenze 1938, 88 «de casu terribili magistri Laurentii de Urbeveteri» (giugno 1404) senza specificare oltre.

In settembre 1403 Bartolomeo risulta viceprocuratore dell’ordine, e viene sollecitato da Tommaso da Rieti OP, dietro istanza di Tommaso d’Antonio da Siena OP, a far pressioni in curia per ottenere l’ufficiale riconoscimento papale dell’ordine della Penitenza di san Domenico. E in qualità appunto di viceprocuratore, assente da Roma il procuratore Ubertino degli Albizzi, Bartolomeo risponde con lettera, Roma 27 settembre 1403, alle importune insistenze di Tommaso da Siena. Si tratta verosimilmente d’una temporanea sostituzione nel disbrigo degli affari della procura durante l’assenza del titolare Ubertino, senza implicare trasferimento d’assegnazione, visto che in novembre dello stesso anno si dice semplicemente che Bartolomeo «fece ritorno a Orvieto»; e visto che nel 1405-06, dopo la bolla d’approvazione dell’ordine della Penitenza (26 giugno 1405) e vivente ancora Innocenzo VII († 6 novembre 1406), lo si ritrova di nuovo al lavoro di viceprocuratore:

Tommaso da Siena, Tract. de ordine fratrum et sororum de Paenitentia s. Dominici, ed. M.H. Laurent et F. Valli, Firenze (Fontes vitae s. Catharinac Senensis historici XXI) 1938, 69-70. Ottobre 1403: «Magister Bartholomeus Thebaldi fuit infirmus, et adhuc non est plene liberatus, et intendebat etiam porrigere supplicationem super predicta materia»; ma il procuratore, rientrato in curia, ha ripreso personalmente in mano la questione: lettera del perugino Bartolomeo degli Acerbi OP a Tommaso d’Antonio da Siena, Roma 14.X.1403 (Tract. de ordine fratrum et sororum.... 71). 22.XI.1403: «Magister autem Bartholomeus Tebaldi rediit ad Urbeveterem etc.» (ib. p. 73).

Già in F. Cornelius (Corner), Ecclesiae Venetae antiquis monuinentis... illustratae, dec. XI/I, t. VII, Venetiis 1749, 1 ss. Cf. SOPMÆ I, 172: 469. I. Taurisano, Hierarchia ordinis Praedicatorum, Romae 1916, 91 n. 5, dove però, ripetendo quanto in A. De Pretis (AGOP XIV.19, p. 30), si contamina la notizia dell’ufficio di procuratore (a. 1407) con quella della vicaria del 1403.

Tommaso da Siena, Tract. de ordine fratrum et sororum..., ed. cit., 130 n. 1: «Facit etiam pro declaratione dicte bulle quod magister Bartholomeus Tebaldi de Urbeveteri, tunc vices gerens procuratoris ordinis et nunc lector in conventu Sanctorum Iohannis et Pauli, retulit pluries invenisse in publica audientia dicti domini Innocentii; et cum mentio fieret per dominum cardinalem <Rainaldum> de Brancatiis, protectorem ordinis, super confirmatione dicte regule dictorum de Penitentia beati Dominici et alique essent contradictiones, dictum summum pontificem sic respondisse...». Da una giunta autografa di Tommaso d’Antonio da Siena nel cod. Siena, Bibl. Comunale T.II.8, f. 107 marg. inf.

Procuratore dell’ordine invece Bartolomeo lo è nell’anno 1407, come sappiamo dalla glossa autografa aggiunta in Cr Ov 45 e sopra discussa. E proprio in questo stesso anno, al seguito della curia romana, pellegrina in Toscana a motivo del progettato incontro di Gregorio XII col papa avignonese, Bartolomeo scrive di proprio pugno (Siena 23 e 25 ottobre 1407) la lettera confidenziale che mette i Conservatori d’Orvieto al corrente dei fatti di curia. In Siena papa Gregorio sosta dal 4 settembre 1407 al 22 gennaio 1408, da dove poi si trasferisce a Lucca (gennaio-luglio 1408).

Abbandonato dai cardinali che si apprestano a eleggere un terzo papa in Pisa, il veneziano Gregorio XII si ritira a Cividale del Friuli e vi indice un concilio (giugno 1409) per i suoi residui seguaci. Tra costoro i domenicani della riforma veneziana, con a capo Giovanni di Domenico da Firenze, creato cardinale durante la sosta lucchese in maggio 1408. Mentre il maestro dell’ordine Tommaso da Fermo e capitolo generale di Bologna 1410 si dichiarano fermamente per l’obbedienza pisana (MOPH VIII, 137-38, 141). Mai tanta confusione nella chiesa di Dio.

Che ne è del nostro Bartolomeo? Vien da credere che rimanesse nel cerchio del papa veneziano Gregorio XII, anche oltre l’elezione d’Alessandro V (26 giugno 1409), se nel corso del 1410 lo ritroviamo lettore del convento dei Santi Giovanni e Paolo di Venezia, centro dei riformati domenicani.

Tommaso da Siena, Tract. de ordine fratrum et sororum..., ed. cit., p. 130 n. 1; qui l’editore, a seguito della giunta di Tommaso d’Antonio nel cod. Siena, Bibl. Comunale T.II.8, f. 107 marg. inf., informa: «Le dette righe sono seguite d’un’altra dichiarazione, scritta da fra Bartolomeo Tebaldi: Et in testimonium dicte clausule ego fr. Bartho[lomeus] Thebaldi nominatus in ea me hic manu propria subscripsi, 1410». Non ho controllato di persona il codice senese, ma non c’è che mettere a fronte la grafia di questa sottoscrizione e le nostre Tavole fuori testo.
Il lettorato veneto, qui attestato dalla nota marginale di Tommaso, è confermato dallo stesso Bartolomeo nella supplica dell’11 settembre 1423 a Martino V (vedi oltre in Appendice). Do per attendibile che il «nunc lector» di Tommaso e anno 1410 della sottoscrizione di Bartolomeo non siano esageratamente distanti l’un dall’altro.

Il lettorato veneziano non durò a lungo. Nella deposizione rilasciata entro il biennio 1411-12 al cosiddetto processo Castellano sulle virtù di Caterina da Siena, Tommaso d’Antonio da Siena racconta che in quegli anni Bartolomeo, d’età sessantenne, era residente in Orvieto; che a suo tempo aveva conosciuto Caterina († 1380) durante una lunga residenza senese e ne aveva goduto i doni spirituali.

M.-H. Laurent, Il Processo Castellano, Milano (Fontes vitae s. Cathar. Sen. hist. IX) 1942, 80-81: «Et consimiliter dico esse etiam actualiter in Urbeveteri quendam alium fratrem Bartholomeum de civitate prefata adhuc sacre theologie professorem atque sexagenarium, qui in Senis magno tempore virginem vidit et in se plures gratias meritis virginis cum pluribus aliis expertus fuit». Vedi Introd. pp. XV-XVI per la cronologia.

Non abbiamo ragioni per contestare gli elementi essenziali della testimonianza, tanto più che i sessant’anni del 1411-12 ben rispondono ai «quasi settanta» dichiarati dallo stesso Bartolomeo in settembre 1423.

Segue una residenza perugina. In gennaio 1416 il nome di Bartolomeo compare tra i maestri del collegio dei teologi dell’università perugina (V. Bini, Memorie istoriche della perugina università degli studi, vol. I pars 1, Perugia 1816, 265: «F. Bartolomeo Tibaldi da Orvieto dell’Ord. dei Predicatori»). Nel convento domenicano di Città di Castello il 16 aprile 1416 Simone di Neri da Cortona OP rilascia la propria deposizione a beneficio del processo Castellano su Caterina da Siena; tra i testi anche il nostro Bartolomeo (Laurent, Il Processo Castellano 459). Per un priorato in San Domenico di Perugia nel 1417 dobbiamo far credito al Masetti, che asserisce di stendere la lista dei priori perugini da «vetustiora documenta»:

Masetti, Monumenta II, 179, 175-76.
Ecco ora (28/03/2001) dalle fonti dirette il biennio 1417-19 del priorato perugino: ASPg, CRS, S. Domenico, Miscell. 5, ff. 14r (VI.1417), 15r (19.X.1417), 22v (14 e 24.I.1419) priore, 23r (9.III.1419) vicarius conventus perusini.  CRS, S. Domenico, Miscell. 96 ins. 9, ff. 39-44 (12.V.1418): «Actum Perusii in sacristia Sancti Dominici de Perusio. Convocato... capitulo et conventu... de licentia et mandato venerabilis et religiosi viri fr. Bartolomei Tobaldi de Urbeveteri magistri in sacra theologia et prioris dictorum fratrum». Capitolari: «fr. Bartolomeus Tobaldi prior, fr. Bartolomeus Paulutii de Acerbis de Perusio, fr. Iacobus Angelerii de Perusio, fr. Thomas Petri, fr. Antonius Andree de Botonto, fr. Petrus Nicolai de Candia, fr. Tomas Dominici de Duratio, fr. Leonardus Petri de Monticchiello, fr. Petrus Berardi de Reate, fr. Bartolomeus Simonis de Castello, fr. Iohannes Francisci de Castello, fr. Antonius Iohannis de Florentia, Herassmus Iohannis de Viterbio, fr. Gregorius Angeli de Urbeveteri, fr. Gregorius Iohannis de Perusio, fr. Antonius Pauli de Perusio, fr. Iohannes Francisci de Spello, qui sunt plures quam due partes dictorum fratrum, qui faciunt capitulum et conv. dicti ordinis».

La residenza nel capoluogo umbro si protrae fino all’anno 1423 e Bartolomeo vi svolge ruoli di prestigio nella vita accademica ed ecclesiastica; in giugno 1423 funge da decano della facoltà teologica e da vicario del vescovo perugino Antonio («Archivum Franciscanum Historicum» 47 (1954) 320-21).

Da Perugia il 14 luglio 1423 indirizza una lettera ai Conservatori di pace d’Orvieto; «decrepito e bisognoso solo di quiete», accede alla proposta delle autorità concittadine di tornarsene al convento natale, ma non per farvi di nuovo il priore (testo in Appendice). Cosicché in settembre dello stesso anno, «fiaccato dalla vecchiaia e quasi settantenne», supplica papa Martino V perché gli conceda di poter dimorare in un convento di suo gradimento e scegliersi il confessore personale. Il papa, Roma 11 settembre 1423, accorda la grazia, ma condiziona la scelta del convento al consenso del maestro dell’ordine (testo in Appendice).

Sarà lecito arguire che abbandonata Perugia non molto dopo settembre 1423, Bartolomeo rientrasse nel convento d’Orvieto e qui passasse il resto dei propri giorni.

Ci è ignota la data di morte.

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