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Libellus ad nationes orientales (1300)

originale latino

volgarizzamento (2009) di EP

(... 3. De iudeis)

(... 3. Ebrei)

Ostensio per experientiam.

Evidenza dei fatti.

Riccoldo da Monte di Croce: BNF, CS, C 8.1173, f. 185rEt quia iudei ceci sunt et Christum verum solem videre non possunt, suaderi tamen potest presentia solis ceco per experientiam caloris et vritutis. «Nec enim est qui se abscondat a calore eius». Faciamus iudeis quod dixit Ys. 43[,8] «Educ foras populum cecum etc.». Ex quo non possumus eis ostendere solem in domo per oculum scripturarum, educamus eos foras ad opera que fecit Christus, et ostendamus eis per experientiam Christum iam venisse et quod ipse est verus Deus.

Archivio SMN I.C.102 B 74r Locutus est Dominus (resp. dom. Quinquag., la fede d'Abramo). Racconto per immagini della historia salutis dall'alto in basso lungo il tracciato verticale della L, muovi a destra nella base, e richiudi verso l'alto a sinistra.Gli ebrei sono ciechi, e sono incapaci di vedere Cristo, il vero sole. La realtà del sole tuttavia può esser sperimentata tramite il suo calore e la sua potenza. «Nessuno si sottrae al suo calore» (Salmo 19,7). Facciamo allora quel che dice Isaia 43,8: «Fà uscire il popolo cieco, che pure ha occhi» eccetera. Se non riusciamo a mostrar loro il sole in casa tramite l'occhio delle scritture, portiamoli nelle strade a osservare i fatti operati dal Cristo; mostriamogli tramite l'esperienza che il Cristo è già venuto e che egli è il vero Dio.

Talia enim fecit Christus in mundo et sui in nomine ipsius, qualia solus Deus potest facere. Scripta tamen erant de Christo ut faceret et manent in suis effectibus, unde non oportet quod iterentur[1]. Nam subiecit sibi omnia regna, Dan. 2; omnia loca: «In omnem terram exivit sonus eorum»; omnes ritus, omnes linguas, Ys. 45[,23]. Dan. 7[,14]: «Omnes populi tribus et lingue servient ei». Nam non solum cristiani boni sed etiam mali, sed et sarraceni qui habent pessimam legem, et tartari et pagani qui nullam habent legem, omnes dicunt legem cristianorum esse sanctissimam.

Ora il Cristo ha compiuto nel mondo, e a suo titolo personale, opere che solo Dio è in grado di compiere. Opere tuttavia preannunciate che fosse Cristo a compierle, e che ancora persistono nei loro effetti; nessun bisogno dunque di reiterarle. Egli ha sottomesso tutti i regni, Daniele 2; tutti i luoghi: «per tutta la terra è corsa la loro voce» (Romani 10,18); tutti i culti e tutte le lingue, Isaia 45,23. Daniele 7,14: «Tutti i popoli, nazioni e lingue lo serviranno». Infatti non soltanto i cristiani buoni, ma anche quelli peccatori, anche i musulmani dalla pessima legge, anche i tartari e i pagani che legge non hanno, tutti asseriscono cha la legge dei cristiani è santissima.

Iesus Christus novus homo induxit omnia nova, promissa et prefigurata tamen antiquitus. Unde novum baptismum, novum testamentum, Ierem. 31[,31], novum templum, novum sacerdotium Melchisedec[2] -, novum cultum, novum ritum, novum populum, Ys. 65; novum nomen, Ys. 65[,15] «Vocabit servos suos nomine alio» scilicet cristiano; novum vexillum, novum bellum, Iudic. 5[,8], novum stipendium, novum regnum celorum; novum preceptum scilicet diligere inimicum, contempnere mundum et reddere bona pro malis.

Gesù Cristo, uomo nuovo, fece nuove tutte le cose, sebbene fossero state promesse e preannunciate in tempi antichi. Nuovo battesimo, nuovo testamento, Geremia 31,31, nuovo tempio, nuovo sacerdozio di Melchisedek (cf. Salmo 110,4), nuovo culto, nuovo rito, nuovo popolo, Isaia 65; nuovo nome, Isaia 65,15 «Chiamerà i suoi servi con altro nome» ovvero cristiano; nuovo vessillo, nuova guerra, Giudici 5,8, nuova ricompensa, nuovo regno dei cieli;  nuovo precetto: amare il nemico, disprezzare le cose del mondo, rendere bene per male.

Hec omnia fecit Christus solus sine adiutorio. Non enim voluit adminiculum nec mundane potentie nec phylosophice sapientie nec terrene divitie. Nam in die qua natus est, adoravit eum Rome Cesar mundi monarcha; orientales reges et magi venerunt ad eum, et remisit eos per aliam viam in regionem suam. Abagarus[3] rex et toparcha invitavit eum circa passionem suam et noluit ire. Sed accepit et elegit sibi de mundo quosdam discipulos, paucos simplices pauperes |240v| contemptibiles impotentes, qui invocato ipsius nomine totum mundum subdiderunt suis preceptis. Hoc autem factum est non subito, non casu, non violentia, non astutia, sed Dei benivolentia.

Tute queste cose, Cristo le fece da solo, senza aiuto alcuno. Non volle appoggio né del potere temporale né del sapere filosofico né della ricchezza terrena. Nel giorno in cui nacque, lo venerò in Roma Cesare, sovrano del mondo; re e sapienti orientali vennero da lui, ed egli li rinviò per altra strada alla loro terra. Abagaro, re e governatore, lo invitò al tempo della passione, e non accettò. Egli invece accolse e si scelse dal mondo taluni discepoli: pochi, semplici, poveri |240v|, di nessun conto e di nessun potere. Implorato il suo nome, costoro conquistarono il mondo intero ai suoi insegnamenti. Tutto ciò avvenne non repentinamente, non per caso, non per violenza, non per astuzia, ma per benevolenza di Dio.

In Ierusalem destructum est solempnissimum templum iudeorum; Rome adnichilata sunt templa deorum; in Grecia tacent secte philosophorum. Hec autem facta sunt in mundo per veritatem scripturarum et evidentia signa, et manent in suis effectibus. Esset autem omnibus signis mirabilius si absque miraculo procurata fuissent. Nam tam stabile templum hedificavit Christus in mundo per simplices et impotentes quod nec potentes a seculo destruere possunt, scilicet templum fidei. Hoc templum non potuit hedificare Davit cum tota sua regia potestate nec Salomon cum sapientia infusa.

In Gerusalemme fu distrutto il maestoso tempio degli ebrei; in Roma furono annientati i templi degli dèi; in Grecia tacquero le scuole dei filosofi. Tutti eventi accaduti nel mondo in consonanza con la verità delle scritture, simboli chiari, che persistono nelle loro conseguenze. E sarebbe cosa ancor più sorprendente d'ogni segno se tali eventi fossero accaduti senza intervento miracoloso. Ora, un tempio così saldo lo ha costruito il Cristo nel mondo, con persone semplici e di nessun conto; non lo potrebbero abbattere neppure i grandi del mondo. È il tempio della fede! Non seppe edificarlo David con tutto il suo potere regale; e neppure Salomone con tutta la sua sapienza divinamente trasmessa.

Hedificavit autem Salomon quoddam templum figurale quod destructum est; templum autem fidei verum et stabile hedificavit Christus per simplices et impotentes discipulos suos, ut dictum est. Qui invocato Christi nomine fecerunt eadem miracula de resurrectione mortuorum et aliis stupendis operibus que fecerat ipse; unde dictum est II Reg. 7[,5.11] «Non tu hedificabis michi domum, predicitque tibi Dominus quod domum faciat tibi Dominus etc.». Et quando hec domus, scilicet fidei, cepit sollempniter hedificari, domus illa figuralis corruit. Et sicut predixerat Ys. 65[,15] «Vocavit servos suos alio nomine» scilicet cristiano; nam mutavit iudeos in cristianos. Hii sunt cristiani qui dicunt Christum venisse et ipsum Christum esse verum et solum Deum, qui vivit et regnat in secula seculorum.

Salomone costruì un tempio metaforico, poi distrutto; il Cristo costruì il tempio reale e saldo della fede, e lo costruì con i suoi discepoli, persone modeste e di nessun peso, come detto. Costoro, invocato il nome di Cristo, operarono i medesimi miracoli attinenti alla resurrezione dei morti e ad altre mirabili cose fatte dal Cristo. Ed è scritto pertanto in II Samuele 7,5.11: «Non sarai tu a costruirmi una casa; il Signore ti ha predetto che sarà lui a farti una casa» eccetera. E quando iniziò solennemente la costruzione di quest'ultima, ovvero della casa della fede, la casa metaforica crollò. E come predisse Isaia 65,15, «Chiamò i suoi servi con altro nome», ovvero cristiano; mutò infatti gli ebrei in cristiani. E cristiani sono coloro che asseriscono che il Cristo è già venuto, e che lo stesso Cristo è il vero e unico Dio, il quale vive e regna nei secoli dei secoli.

Epylogatio et convenientia de scriptura et experientia.

Riepilogo, e congruenza tra sacra scrittura e fatti.

Sic itaque, dum experientia quam cernimus per omnia concordat cum scriptura iudeorum quam legimus, coguntur iudei ad veritatem redire.
Nec habent aliquam excusationem quia non recipiunt novum testamentum et Christum eo quod lex vetus promittit utrumque, scilicet novum testamentum et Christum et evangelium. Nam et Christus remictit iudeos ad scruttinium scripturarum, Io. 5[,35] «Scrutamini scripturas», et Paulus in omnibus arduis remittit ad vetus testamentum, Rom. 1[,2] «Quod ante promiserat per prophetas suos etc.»; item Zaccarias, Luc. 1[,70] «Sicut locutus est per os sanctorum»; et virgo Maria «Sicut locutus est ad patres nostros, Habraham etc.»
[4].

I fatti dunque che constatiamo con i nostri occhi concordano pienamente con la sacra scrittura degli ebrei che noi leggiamo. Di conseguenza, gli ebrei vengono spinti a far ritorno alla verità.
E non vale la scusante: "non riconoscono il nuovo testamento
e Cristo", visto che l'antico testamento preannunciano l'uno e l'altro, ovvero il nuovo testamento, Cristo e vangelo. Cristo rinvia gli ebrei allo scrutinio delle sacre scritture, Giovanni 5,35 «Scrutate le scritture»; nell'affrontare temi difficili Paolo rinvia all'antico testamento, Romani 1,2 «Quanto egli in passato aveva promesso per mezzo dei suoi profeti» eccetera; Zaccaria, Luca 1,70 «Come aveva parlato per mezzo dei santi»; e la vergine Maria: «Come aveva parlato ai nostri padri, ad Abramo» eccetera (Luca 1,55).

Prophetatum namque erat quod Christus debebat incarnari et temporaliter nasci: ex semine Habrae, Gen. 12; de tribu |241r| Iuda, Gen. penultimo; de domo Davit, «Iuravit Dominus Davit». De quali muliere? Quia de virgine, Ys. 7 «Ecce virgo concipiet». Quando venire? Dan. 9 «septuaginta ebdomades etc.». Ubi nasci? In Bellehem Iude, Micehe 5. Unde vocari? «Ex Egipto vocavi», Os. 11. Ubi educari et nutriri? In Naçaret. Ys. 11, secundum aliam litteram, «Egredietur virga etc.». Qualiter conversari? «Non erit tristis neque turbulentus», Ys. 42. Ubi mori? In Ierusalem. Qua morte? «Turpissima», Sap. 2. Quando resurgere? «Tertia die», Os. 6. Unde ascendere in celum? Zacc. 13 de monte oliviarum. Ubi dare legem novam et legis intelligentiam? Ys. 2 «de Syon exibit lex et verbum Domini de Ierusalem».

Era stato preannunciato dai profeti che il Cristo doveva incarnarsi e nascere nel tempo: dalla discendenza di Abramo, Genesi 12,7; dalla tribù |241r| di Giuda, Genesi 49,10; dalla casa di David, «il Signore ha giurato a David» (II Samuele 3,9). Da quale donna? dalla vergine, Isaia 7,14 «La vergine concepirà». Quando doveva venire? Daniele 9,24 «settanta settimane» eccetera. Dove? in Betlemme di Giuda, Michea 5,2. Da dove? «dall'Egitto lo chiamai», Osea 11,1. Dove crescerlo e istruirlo? in Nazaret. Secondo altra tradizione biblica, Isaia 11,1 «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse» eccetera. Quale temperamento? «non sarà né avvilito né irruente», Isaia 42,4. Dove morire? in Gerusalemme. Che tipo di morte? «vergognosa», Sap. 2,20. Risorgere quando? «il terzo giorno», Osea 6,3. Salire in cielo da dove? Zaccaria 14,4, dal monte degli ulivi. Dove proclamare la nuova legge e la conoscenza della legge? Isaia 2,3 «da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore».

Et quia predicta duodecim vel quattuordecim sunt essentialia fidei cristiane et perfectissime convenerunt in Christo Iesu, qui est sol iustitie, o vos iudei ceci nolite alium expectare sed «accedite ad eum et illuminamini, et facies vestre non confundentur».

Et iam non restat nisi unum fiendum per Christum scilicet ultimum et generale iudicium, quod erit «in valle Iosaffath», Iohelis 2. Et tunc «cognoscetur Dominus iuditia faciens», qui modo ignoratur iniuriam patiens.

Dodici o quattordini elementi essenziali della fede cristiana, e che convengono perfettamente con Cristo Gesù, sole di giustizia. Voi, o ciechi ebrei, smettetela di attendere altri. Piuttosto «guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non saranno confusi» (Salmo 34,6).

Rimane una sola cosa al Cristo da fare, l'ultimo e generale giudizio, che avverrà «nella valle di Giosafat», Gioele 3,12. Allora «il Signore si manifesterà, egli che opera giustizia» (Salmo 9,17),

<De misterio trinitatis et de resurrectione mortuorum>

<Mistero della Trinità e resurrezione dei morti>

Error Iudeorum de trinitate [add. R].

Et licet principalis error iudeorum sit de Christo, quia dicunt quod nondum venit nec est verus Deus, ut dictum est, nichilominus sciendum est quod ipsi errant in pluribus aliis et precipue de mysterio trinitatis et de resurrectione mortuorum.

Errore degli ebrei circa la Trinità.

Principale errore degli ebrei riguarda il Cristo, del quale dicono che non è ancora venuto e che non è vero Dio, come mostrato. È tuttavia da sapere che essi errano in molte altre materie, specie circa la Trinità e la resurrezione dei morti.

De trinitate satis quidem concedunt unitatem essentie quia tota lex clamat unum esse Deum et non plures, sed pluralitatem et distinctionem personarum non credunt. Et non advertunt quod lex ipsa statim in primordio sui aliquam pluralitatem in Deo ostendit; nam ubi nos habemus «In principio creavit Deus celum et terram», ubi nos habemus "Deus" in singulari, ipsi habent "Eloym", quod |241v| sonat tam in plurali quam in singulari, scilicet deus vel dii, dominus vel domini. Et statim fit ibi mentio de Spiritu sancto, quia «spiritus Dei ferebatur super aquas».

A proposito della Trinità essi ammettono sì l'unità dell'essenza perché tutta la legge (o sacra scrittura) proclama un solo Dio e non molti dèi, ma non accettano pluralità e distinzione delle persone divine. Non si accorgono che la legge stessa, proprio nei sue prime parole, manifesta una qualche pluralità in Dio. Infatti laddove noi abbiamo «In principio Dio creò il cielo e la terra» (Genesi 1,1), "Dio" al singolare, essi in ebraico hanno "Eloym", che |241v| sta per plurale e singolare, ossia dio o dèi, signore o signori. E subito dopo si fa menzione dello Spirito santo: «e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque» (Genesi 1,2).

Statim vero in eodem capitulo pluralitatem personarum et unitatem essentie manifeste ostendit dicens «Faciamus hominem ad ymaginem et similitudinem nostram». Hec est vox Patris ad Filium per quem fecit omnia, vel consilium totius Trinitatis ad invicem; et non vox Dei ad angelos, ut iudei et sarraceni mentiuntur. Non enim factus est homo ad ymaginem angelorum sed ad ymaginem Dei, ut ibidem ostenditur dicens «ad ymaginem Dei creavit illum» c. 1[,27] etc.

Subito dopo, nel medesimo capitolo mostra ad evidenza la pluralità delle persone e l'unità dell'essenza: «Facciamo l'uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza» (Genesi 1,26). Parola del Padre al Figlio per mezzo del quale tutto opera, o intento condiviso di tutta la Trinità; di certo non parola di Dio agli angeli, come falsamente sostengono ebrei e musulmani. L'uomo infatti non fu creato ad immagine degli angeli bensì ad immagine di Dio, come asserito nel medesimo luogo: «Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò», Genesi 1,27.

Similiter etiam de resurrectione mortuorum iudei non recte sentiunt. Ponunt quidem resurrectionem sed ad istam eandem vitam, et quod commedent et bibent et terram promissionis habitabunt et incolent sicut prius. Hec dicunt quia in lege fit mentio quod «comedent et saturabuntur» post resurrectionem, et observatoribus legis promictitur «bona terre commedetis».

Anche a proposito della resurrezione dei morti gli ebrei non la pensano correttamente. Ammettono sì una resurrezione, ma diretta a questa medesima vita; mangeranno, berranno, abiteranno nella terra promessa come prima. Sostengono ciò perché nella legge è detto: «mangeranno e si sazieranno» (Deuteronomio 14,29) dopo la resurrezione; e agli osservanti della legge è promesso: «mangerete i frutti della terra» (Isaia 1,19).

Quod iudeis necessaria est allegoria[5].

Gli ebrei devono necessariamente tener conto del senso allegorico.

Et non advertunt iudei figuram et allegoriam, cum non solum verba sed etiam plura facta veteris testamenti figuralia fuerint. Talia enim eis proponit quarum corticem rodere non possunt. Ys. 1[,2] «Audite celi et auribus percipe terra etc.». Neque enim prophete locuntur ut celi audiant neque credunt quod terra habeat aures, neque montes exultaverunt ut arietes neque colles ut agni ovium etc. Set ipse defectus lictere ad allegoriam transmittat, ut dicit Gregorius. Moyses autem dixit que necessaria erant dicenda pro tempore illo, quedam vero reservavit dicenda clare per Christum tamquam principalem; unde dixit Deut. 18[,15] «Prophetam suscitabit Dominus de gente vestra tamquam me ipsum audietis». Unde et Christus, quem Pater celestis designavit audiendum esse, clare dixit de Trinitate et de resurrectione et de omnibus aliis tempore gratie revelate.

Non si rendono conto, gli ebrei, del linguaggio metaforico e del senso allegorico; nell'antico testamento non solo le parole, ma spesso anche gli stessi fatti hanno valenza simbolica o referenziale. Il testo biblico propone loro delle cose di cui non sanno rosicchiare neppure la buccia. Isaia 1,2 «Udite, cieli; ascolta, terra», eccetera. I profeti non parlano perché siano i cieli ad ascoltarli, né ritengono che la terra abbia orecchie; i monti non esultarono come arieti né i colli come agnelli eccetera. La stessa indeterminatezza lessicale rinvierà all'allegoria - dice san Gregorio. Mosè proclamò cose strettamente necessarie ai suoi tempi; altre cose si riservò di comunicarle tramite il Cristo quale principale (profeta); e pertanto disse in Deuteronomio 18,15: «Il Signore susciterà in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto». E il Cristo - il Padre celeste volle che fosse ascoltato - si espresse chiaramente sulla Trinità, sulla resurrezione e su tutte le altre cose relative al tempo della grazia rivelata.

Explicit de iudeis [add. R].

Fine della sezione sugli ebrei.

   


[1] unde non oportet quod iterentur: aggiunto da mano R nel margine destro.

[2] Melchisedec: aggiunto da mano R in interlinea.

[3] Abagarus: cf. Iacopo da Varazze OP († 1298), Legenda aurea; ed. Th. Graesse, Vratislaviae 1890 rpt Osnabrück 1965, 39, 706-707.
Il dotto lessema
toparcha lo si ritrova nei dizionari del tempo: Uguccione, Derivationes II, 87 § 9.

[4] Tutto il brano Nec habent aliquam excusationem ... Habraham etc. aggiunto da mano R nel margine inferiore.

[5] Rubrica aggiunta da mano R nel margine sinistro.


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