Il monopolio delle attività di diffusione radiofonica e televisiva e di filodiffusione riservato in Italia alla RAI è stato demolito poco alla volta per la pressione delle iniziative imprenditoriali private (che nel nostro Paese hanno avuto una virulenza del tutto particolare, rendendolo antesignano in Europa della affermazione dell’emittenza privata), la quale ha finito per imporre graduali rotture del già esistente sistema giuridico. La incontenibile esplosione delle illegali “radio libere” e delle “TV locali” avvenuta agli inizi degli anni ’70 portò nel 1974 a due sentenze della Corte Costituzionale, l’una, la n. 225, che ammetteva la liceità delle reti di ripetitori di stazioni emittenti estere (era il caso di Tele Montecarlo che emetteva dal Principato di Monaco programmi ridiffusi da ripetitori sparsi nel Nord Italia), l’altra, la n. 226, ben più rivoluzionaria, che considerava lecite le emittenti radiotelevisive operanti via cavo in ambito limitato o locale. A seguito di queste sentenze, la legge 14 aprile 1975, n. 103, con le modifiche apportatevi da altra sentenza n. 202 del 1976 della Corte costituzionale, espressamente liberalizzava la diffusione di programmi radiofonici e televisivi via etere di portata non eccedente l’ambito locale. Questa disciplina costrinse per qualche anno le grandi reti TV di Berlusconi a diffondere programmi mediante registrazioni in più esemplari messe in onda in contemporanea dalle varie emittenti locali del network sparse nel territorio italiano, finché il famoso decreto del Governo Craxi non consentì la diffusione in ambito nazionale, aprendo così in Italia e poi anche in Europa l’era delle emittenti tv private operanti in concorrenza alle emittenti pubbliche.
Questo travagliato periodo rivoluzionario fu da me vissuto, prima come Vice Direttore e poi come Direttore della Sezione Musica, come un periodo di lunghe e faticose battaglie per la difesa del diritto di autore.
In particolare le Radio locali, sorte dappertutto come funghi con lo spirito di chi in nome della libertà di espressione vuole sovvertire l’ordine costituito, trasmettevano quasi soltanto programmi musicali e ritenevano di essere esenti da qualsiasi obbligo in materia di diritto di autore, in quanto utilizzavano registrazioni fonografiche lecite e regolarmente acquistate in negozio. Inutile appariva qualsiasi chiarimento fornito attraverso gli uffici periferici della SIAE sulla base della vigente legge n. 633/1941 che riserva all’autore il diritto esclusivo di diffondere le sue opere mediante l’impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali la radiodiffusione, la televisione ed altri mezzi analoghi, e ciò indipendentemente dal separato e indipendente diritto di riprodurre le opere stesse a mezzo della fonografia, della cinematografia e di ogni altro procedimento di riproduzione (artt. 12, 13, 16 e 19).
La resistenza accanita a qualsiasi richiesta di regolarizzazione obbligò la SIAE a ricorrere ad azioni penali ai sensi dell’art. 171 della legge; ma il ricorso alla magistratura penale doveva essere preparato con idonea documentazione probatoria e attuato con formale circostanziata denuncia caso per caso, dovendosi poi seguire il procedimento, esibire eventuale altra documentazione, indicare se del caso testimoni e, in caso di assoluzioni, fornire alle Procure ogni elemento utile per ricorrere al grado superiore di giudizio. La prima sentenza di condanna penale in materia fu emessa dal Pretore di Cairo Montenotte (Liguria), giovane magistrato sposato ad una cugina di mia moglie Maria, il quale, trovandosi a giudicare una materia inconsueta e senza precedenti giurisprudenziali, si ricordò di me e mi chiese per telefono di fornirgli ogni utile documentazione e chiarimento; la sua rimase poi una sentenza esemplare. Ma non tutti i Pretori seppero interpretare correttamente norme di legge pur chiarissime (a me è sorto da allora qualche dubbio sulla .. onestà professionale di molti membri delle ultime leve della magistratura). Si dovette arrivare in numerosissimi casi sino alla Cassazione, la quale sempre, per anni, dette una univoca e ovvia interpretazione della legge con sentenze che erano volutamente ignorate dai cosiddetti Pretori di assalto e, in un incredibile caso, persino da un Tribunale.
Ovviamente, ebbi a che fare con alcuni legali di singole emittenti che compresero le ragioni della SIAE e facilitarono le prime licenze da noi rilasciate alle loro clienti. Uno di questi legali era l’avv. Eugenio Porta del Foro di Genova, che ebbe l’idea di organizzare una associazione di radio locali (l’ANTI) e che prese quindi contatto con me per negoziare una licenza-tipo convenzionale. Potevo così finalmente avviare il settore verso il sistema degli accordi di categoria che la SIAE adottava ovunque fosse possibile, superando le condizioni di licenza che altrimenti la Società era costretta a stabilire unilateralmente. Avemmo quindi una serie di incontri, che avvenivano di solito nel pomeriggio e fino ad ore anche tarde della sera. Le discussioni procedevano proficuamente; io mi trovai anzi – in una certa fase – a fare la parte di difensore delle emittenti contro una sua improvvisa severità di giudizio verso di loro. Egli si rendeva conto infatti che il settore delle radio locali stava dilagando eccessivamente, perché era troppo facile impiantare una antenna emittente di ridotta potenza, mettere una annunciatore al microfono e diffondere dischi su dischi raccolti dovunque, dedicando canzoni ad ascoltatori e soprattutto ascoltatrici richiedenti. Le risorse economiche di queste radio locali erano essenzialmente gli introiti pubblicitari, che però esse si sottraevano l’una all’altra infittendo sempre più il loro numero in ristretti ambiti locali. L’avv. Porta ebbe così l’idea che solo la SIAE avrebbe potuto effettuare una severa selezione delle emittenti, attraverso pesanti tariffe per diritti di autore, permettendo così finalmente lo sviluppo qualitativo del settore attraverso le imprese più serie e più solide. Riuscii a frenare il suo zelo mantenendo le tariffe a livelli ragionevoli e addivenimmo alla chiusura delle trattative su un testo concordato di comune soddisfazione. L’avv. Porta nella settimana successiva doveva presiedere il primo Convegno delle imprese associate all’ANTI, da tenere a Carrara: dall’Associazione egli doveva ottenere l’approvazione dei nostri accordi, che subito dopo sarebbero stati formalmente sottoscritti.
Lessi nei giornali notizie del clima turbolento scatenatosi nel Convegno, che innanzitutto non volle assolutamente accettare il testo degli accordi con la SIAE proposto dal suo Presidente e che invece approvò audaci azioni da condurre specie sul piano politico.
Subito dopo l’avv. Porta mi chiamò per comunicarmi che egli era stato confermato alla presidenza dell’ANTI e che da allora in poi egli avrebbe condotto una guerra senza quartiere alla SIAE. Da allora infatti egli assistette come legale decine e decine di radio denunciate da noi, con argomenti inconsistenti, portandole sempre puntualmente alla condanna penale definitiva, in secondo o in terzo grado di giudizio.
La battaglia delle emittenti private contro la SIAE durerà ancora un pezzo, ravvivata anche dalla stampa che si fa di solito paladina di questi intraprendenti combattenti della libertà. Qualche rara volta giornali e riviste vengono a chiedere spiegazioni da noi. Ma l’Espresso che ha dichiaratamente iniziato una campagna contro di noi, dopo una visita alla SIAE di un suo redattore venuto a conferire a lungo col Direttore Generale Conte e con me e a ricevere tutti i lumi per rettificare le precedenti irrazionali prese di posizione, smette improvvisamente di occuparsi della materia, senza dar conto degli elementi da noi forniti. Scendono in campo Panorama (15-11-77), che cerca almeno di colloquiare con noi (riportando però con le prevedibili distorsioni alcune delle dichiarazioni da me fatte) e il Mondo (8-3-78) che approfitta dell’argomento per fare un pretenzioso processo alla SIAE e ai suoi criteri di amministrazione dei diritti degli autori.
La lotta alla SIAE viene condotta con accanimento anche dalla
FRED
(Federazione
Radio Emittenti Democratiche
Giacomo Di Iorio, che si è insediato agli inizi del 1979, è abruzzese (del Teramano) e per questo mi tratta subito con una certa familiarità, chiamandomi “il lupo marsicano”.
Mi stupisce che egli non trovi interesse ad ascoltare i suoi collaboratori per approfondire la conoscenza dell’azienda che gli è stata affidata; ha l’aria di averla già studiata dall’esterno. E così è lui che parla e parla, raccontando le sue esperienze ed esponendo sue teorie gestionali, che a me sembrano un po’ fumose e comunque poco attinenti alla nostra realtà aziendale. Chi è costretto a subirlo di più è il decano dei dirigenti Francesco Bernini, direttore delle Sezioni DOR (Drammatica Operette e Riviste) e Lirica e Vice Direttore Generale, il quale viene trattenuto per ore presso di lui a fare da destinatario ordinario delle sue .. conferenze.
Uno dei suoi successi è un ampio servizio sulla SIAE apparso nel numero di febbraio 1980 del “mensile di economia e affari” Espansione pubblicato da Mondadori, un servizio equilibrato e denso di dati obbiettivi. Deve essere stato Di Iorio a farlo pubblicare – con le influenze che ancora può esercitare come ex Provveditore Generale dello Stato, come Consigliere di Amministrazione del Poligrafico dello Stato, ecc. – e, certamente su sua indicazione, bontà sua, io vi vengo indicato come il dirigente “più in vista” della Società, benché abbia diversi colleghi che mi precedono nei ruoli.
Durante la sua piuttosto breve gestione egli mi farà promuovere al più alto livello della categoria dirigenziale con la pomposa qualifica di Direttore Centrale Capo.
Egli mi lascia la più ampia autonomia, più ancora di quanta me ne lasciasse prima il dott. Conte. Anzi, sono io che cerco di non ricorrere mai a lui, non solo seguendo le mie abitudini, ma anche per evitare le lunghe perdite di tempo che mi infliggerebbe con le sue interminabili conferenze.
Nell’ottobre 1979, mi porta con un altro dirigente a Venezia, una vera e propria gita con le rispettive signore e con Maurizio Costanzo che fa parte del Consiglio di Amministrazione della SIAE. Avremo ben poco da fare presso la nostra Sede regionale sul Canal Grande, che egli va a conoscere in visita .. pastorale.
In settembre, tutta la macchina della SIAE si è trasferita in Sicilia, nel grande Albergo di S. Flavia presso Bagheria, per un Convegno del Servizio Enciclopedie, ospite il prof. Vincenzo Cappelletti della Treccani. Sono invitato anch’io con Maria Rosa; sarà una splendida vacanza specialmente per lei che va in Sicilia per la prima volta; si godrà il mare roccioso sotto l’albergo, la festa della serata finale, il clima e la cucina dell’isola ambedue eccezionali, l’allegria della comitiva. Il giorno della partenza (noi due rientriamo a Roma in treno, per percorrere via terra tutta l’Italia meridionale), passeggiamo, incantati, per Palermo e siamo due volte in poco tempo obbiettivo di scippatori; la prima volta in via Maqueda scippano un mio borsello che per fortuna è quasi vuoto; la seconda volta non riescono a strappare la borsetta di mia moglie.
Di Iorio mi darà invece molto da fare come suo assistente nelle difficili trattative per il rinnovo del contratto con la RAI già scaduto e da rinegoziare per tre o quattro anni. L’argomento viene molto dibattuto presso la Commissione della Sezione Musica, fortemente interessata e statutariamente competente, che è incerta sui criteri da adottare e che dà mandato al Direttore Generale di avviare le trattative tenendola informata del loro andamento. E’ questo il contratto più importante, e non solo per il valore economico, fra quelli stipulati dalla Società con un singolo utente.
Hanno inizio gli incontri fra le delegazioni dei due enti, che avvengono in genere presso la SIAE. Preventivamente, la nostra Delegazione (Di Iorio, Bernini, Proia, Argentieri) provvede ad effettuare una disamina dell’evolversi dei diversi contratti precedenti, dello sviluppo più recente dei programmi radiotelevisivi e del loro contenuto nelle diverse tipologie di repertorio musicale, dell’andamento delle entrate RAI in canoni di abbonamento e introiti pubblicitari e delle relative proiezioni per il prossimo avvenire; viene ovviamente analizzata la discussione avvenuta presso la Commissione di Sezione, per dedurne linee di condotta in merito alla posizione da adottare nei confronti della Delegazione RAI non solo relativamente al quantum, ma anche alla formula contrattuale di determinazione del compenso, se cioè convenga mantenere l’ultima formula di compenso a percentuale sugli introiti RAI o tornare a vecchie formule basate su una quota unitaria per ciascun abbonato alla radio o alla TV; viene anche ipotizzata, ma subito scartata, una predeterminazione contrattuale di un importo fisso e crescente per ciascuno dei prossimi tre anni.
Al primo incontro, il nostro Di Iorio, a nostra sorpresa e anche a sorpresa della Delegazione RAI, dopo un lungo speech piuttosto vaniloquioso, propone alla RAI di fissare per ciascuno dei prossimi tre anni un importo globale il primo dei quali sia equivalente, con un congruo arrotondamento, al compenso complessivo risultante per l’anno decorso dalle formule del contratto scaduto, con moderate maggiorazioni per i due anni successivi. Rimaniamo di stucco dalla parte SIAE, ma restano perplessi anche i delegati RAI, i quali chiedono subito di sospendere l’incontro e di rivederci la settimana prossima dopo aver valutato la inattesa proposta della SIAE. Terminato l’incontro, Di Iorio ci spiega che egli ha molto riflettuto sulle formule e che è arrivato alla conclusione che alla SIAE, invece di affrontare rischi, convenga assicurarsi un solido risultato concordato a priori. Con tutto il rispetto dovutogli, faccio presente a Di Iorio che anche la sua proposta comporta un rischio, il rischio di appiattire i compensi degli autori per metterli al sicuro, e che comunque la Commissione di Sezione non ha mai pensato ad una soluzione del genere, mentre il legame del compenso degli autori all’andamento degli introiti RAI o all’andamento del numero degli abbonati, anche se ovviamente aleatorio, è comunque più equo per ambedue le parti.
La settimana successiva la Delegazione RAI, appena iniziato l’incontro, dichiara subito formalmente di accettare la proposta formulata dalla SIAE nell’incontro precedente. Le trattative sarebbero così già concluse, registrando un record di rapidità rispetto a tutti i lunghi e faticosi rinnovi contrattuali del passato. Di Iorio allora, con una faccia assolutamente inespressiva, dichiara che la sua proposta era semplicemente una provocazione per avviare poi seri negoziati. Questa dichiarazione mi provoca sollievo, da una parte, per il passato pericolo, ma anche un notevole imbarazzo per le ironiche espressioni che vedo nei visi dei nostri colleghi della RAI, i quali comunque prendono atto del ritiro della proposta come se l’avessero già messo in conto. E finalmente si avviano le discussioni vere e proprie cominciando con il mettere sul tavolo i dati raccolti ed elaborati da ciascuna delle due parti. Occorreranno diversi incontri per giungere agli accordi, che toccheranno anche molti aspetti normativi.
Una domenica mattina il Direttore Generale mi telefona assai presto a casa per chiedermi di tenermi pronto per un eventuale incontro col Direttore Generale della RAI che egli sta cercando di combinare per la stessa mattina; poco dopo mi ritelefona per darmi appuntamento da Vanni, presso la sede RAI di Viale Mazzini, in modo da essere pronti a presentarci all’appuntamento appena che gli sia confermato. Mi precipito in Prati e ci troviamo da Vanni a discutere qualche punto della complessa materia; poi egli si apparta, va al telefono pubblico del locale e ritorna per dirmi che l’appuntamento è sfumato. Intanto, mi ha fatto perdere una preziosa domenica.
I comportamenti di Di Iorio cominciano a destare perplessità presso il Presidente e alcuni dei Consiglieri di Amministrazione, perplessità da lui alimentate con le discussioni spesso strampalate che sostiene con una indisponente presunzione su argomenti all’ordine del giorno. Le cose vanno tanto avanti, che arriva il momento della rottura: il Consiglio, su proposta del Presidente, revoca l’incarico del Direttore Generale, incarico di indiscutibile carattere fiduciario. Di Iorio si trova così, a sorpresa, da un momento all’altro defenestrato.
Egli naturalmente reagisce chiamando in giudizio la SIAE per la revoca del provvedimento. La vertenza giudiziaria sarà lunga. Nel giudizio di primo grado io vengo indicato dalla Società come testimone per rispondere a domande in merito alle trattative con la RAI. Nel corso del lungo iter giudiziario la SIAE propone a Di Iorio una soluzione amichevole offrendogli il pagamento di 700 milioni di lire contro una pacifica accettazione della revoca, ma egli sdegnosamente rifiuta. Al termine dell’intero iter, la sentenza definitiva conferma la validità del provvedimento adottato dal Consiglio di Amministrazione e pertanto egli perde anche l’indennizzo generosamente offertogli e da lui rifiutato.
Durante la gestione Di Iorio, viene a fargli visita Michael Freegard, Direttore della consorella inglese PRS (Performing Right Society). Al termine del loro incontro, vengo chiamato perché Freegard ha questioni delicate da discutere. Egli mi riferisce delle voci sempre più insistenti che corrono in giro e specialmente fra gli editori musicali inglesi circa “fondi neri” che la SIAE gestirebbe sottraendo importanti somme alle normali ripartizioni di diritti per distribuirle illecitamente ai soli iscritti italiani. Credo sia venuto il momento di mettere fine a queste voci, che sento sempre più spesso e che non giovano all’immagine della SIAE. Propongo quindi a Freegard di condurre un esame completo e approfondito di tutte le attività gestionali della Sezione Musica (tariffe e incassi, documentazione del repertorio, ripartizione dei diritti) ad opera dei dirigenti responsabili della PRS più esperti in questi tre settori fondamentali. Gli anticipo che questo esame metterà sicuramente in evidenza che il trattamento fatto dalla SIAE al repertorio inglese è ben più favorevole di quello fatto dalla PRS al repertorio italiano e che in gran parte da ciò deriva l’alto volume delle rimesse periodiche della SIAE alla PRS in confronto alle troppo modeste rimesse della PRS alla SIAE.
Freegard accettò la sfida e dopo pochi mesi inviò a Roma i suoi tre diretti collaboratori per le materie concordate. Essi trascorsero una settimana presso di noi ed ebbero modo di controllare ogni aspetto della gestione SIAE sui documenti originali, come se fossero in missione ispettiva. Al termine, dovettero riconoscere che le voci correnti sulla SIAE erano pure calunnie, specie se confrontate con le realtà ad essi note di altre Società europee anche importanti e prestigiose. Io mi preparai quindi a raccogliere appena possibile i frutti di questi incontri.
La sostituzione di Di Iorio dà luogo ad ampie discussioni sui criteri di scelta del nuovo Direttore Generale. Nell’ambiente dirigenziale della Società si fa l’ipotesi di una nomina interna, richiamando il precedente abortito della scelta del povero Angelo Natoli. L’idea si fa strada anche presso qualche Consigliere di Amministrazione, scottato dalla esperienza Di Iorio per la assoluta impreparazione della persona allora prescelta. Anche la scelta interna del Presidente Conte, già Direttore Generale, conforta questa ipotesi. Interpellato in via amichevole da qualche socio autorevole, io mi dichiaro contrario, pensando allo scatenarsi di lotte intestine per la candidatura a ogni rinnovo dell’incarico. Al collega più anziano, che ovviamente aspira alla nomina, confermo la mia contrarietà; a scopo provocatorio, gli chiedo anzi: “Che ne diresti se fosse scelto Lucio Capograssi?” (Lucio è molto giovane; una sua nomina metterebbe fuori gioco per diversi anni gli altri dirigenti); il collega mi guarda come se avessi detto una eresia.
Il Consiglio di Amministrazione conferisce la nomina a Direttore Generale, con effetto dal 1° marzo 1980, al collega Lucio Capograssi, classe 1927, che ha un brillante curriculum e che si è fatto apprezzare soprattutto nel suo ultimo incarico di Direttore dell’Ufficio di Rappresentanza di Milano della Direzione Generale, impiantando il sistema di gestione dei diritti di autore nei confronti della industria fonografica e in particolare l’originale sistema di lotta alla pirateria fonografica mediante l’applicazione del bollino SIAE sui dischi messi in commercio. Nello svolgimento del suo compito egli è stato sempre in rapporto funzionale con la Sezione Musica, non riscuotendo grandi simpatie presso il dott. Cecchini e soprattutto presso l’avv. Natoli; toccava perciò a me lubrificare questo rapporto per facilitare il buon andamento del settore.
Appena insediatosi, Capograssi, presente il Presidente Conte, ha un incontro con tutta la Dirigenza presente a Roma per un saluto e i reciproci auguri di buon lavoro, incontro con un pizzico di elettricità trattandosi di colleghi che ben si conoscono fra loro e che sono chiamati a un nuovo tipo di rapporti gerarchici. Il collega Mario Lanni, Capo del Personale, è particolarmente franco nel mettere in rilievo i rovesciamenti di posizione conseguenti alla nomina di un Direttore Generale che ha così sorpassato alcuni colleghi più avanti in ruolo. Nel complesso, l’incontro si conclude bene.
Subito dopo, Capograssi mi fa chiamare. Vuole conoscere il mio stato d’animo, dato che in un passato ormai lontano egli mi ha già scavalcato con una promozione accordatagli da Antonio Ciampi che aveva molta stima di lui; pensa che io mi senta danneggiato dal licenziamento di Di Iorio, il quale aveva avuto qualche scontro con lui mentre invece sembrava proteggere me; aveva sentito fare anche il mio nome come candidato alla nomina poi toccata a lui. Con molto garbo mi manifesta la sua stima e conta sulla mia collaborazione. Io non ho alcuna difficoltà a confermargli la mia amicizia di sempre e a dichiarargli quanto mi abbia fatto piacere lo scampato pericolo della nomina, da me temuta, di colleghi più anziani che avevano avuto forti aspirazioni senza una valida esperienza nel campo della attività istituzionale della SIAE. Gli garantisco inoltre la piena lealtà di Mario Lanni e di qualche altro collega. Al termine del colloquio, egli è più tranquillo e mi ringrazia affettuosamente.
Lucio Capograssi – il padre abruzzese di Sulmona e la madre napoletana – ha studiato e si è laureato a Napoli; è entrato alla SIAE con il primo serio concorso esterno per la categoria direttiva; di carattere forte, ma assai garbato nei modi; sa coltivare i rapporti con le personalità di cui la nostra azienda ha bisogno; ha una eccezionale conoscenza delle risorse umane della Società, specialmente del personale degli uffici periferici; sa ottenere la migliore collaborazione dai suoi sottoposti: tutte doti che io gli invidio e che gli saranno utili nella navigazione qualche volta procellosa della gestione sociale.