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 6. Le ricordanze perdute di Bartolomeo di Lionardo da Monterappoli († 1449)

«Frater Bartholomeus Leonardi de Monte Rappoli. Hic fuit venerabilis pater etate antiqus. Fuit prior in conventu, optimus arismetricus, optimus scriptor et in omnibus virtuosus. Qui obiit de peste 1449 die 6a iulii». Monterappoli in Valdelsa, contado fiorentino, oggi comune d’Empoli. Bartolomeo novizio in Cortona 1404-05 (= 1403-04?), dopo una breve residenza in San Domenico di Fiesole (nei precari anni 1406-09 del nuovo convento?) lo si trova permanentemente in Santa Maria Novella almeno dal 1412, dov’è sottopriore (1413-14), priore (1434-36), soprattutto addetto a uffici amministrativi.

■ Cr SMN  n° 640, ed. Necr. I, 157-58, che correggo sull'originale; II, 210-13, 635b. S. Orlandi, S. Antonino, Studi bibliografici II, Firenze 1960, 350b (tra i rimandi p. 99 in luogo di p. 91). Vl.J. Koudelka, Spigolature dal memoriale di Niccolò Galgani O.P. († 1424), AFP 29 (1959) 139. Questo di fra Niccolò di Galgano Arrigucci da Siena, sia detto per transenna, è un "libro di ricordanze" di tipo privato.

Borsaio conventuale negli anni 1419-23, fra Bartolomeo. Autore d’un libro di ricordanze a continuazione del Liber recordationum novus  -  attestava il Biliotti  -, per almeno due secoli a disposizione dei cronisti conventuali. Che la cronologia tuttavia c’impedisce d’identificare con l’alius liber cui rinvia il continuatore del Liber recordationum novus designato mano D; già avviato in Santa Maria Novella sul finire del Trecento e primissimi anni del nuovo secolo, quando Bartolomeo non era ancora in religione, oppure era novizio in Cortona.

 Di certo ancora disponibili, le ricordanze di Bartolomeo di Lionardo, tra fine Secento e inizio Settecento, come vuole un’anonima nota di quel tempo conservata in ASF, CRS 102 n° 81 ins. 92: «Nota cavata da un libro legato in asse, scritto in carta pecora per mano di fra Bartolomeo di Lionardo dell’ordine de’ Predicatori dove sono scritte l’entrate di lassiti di case (…) nel principio di detto libro: Dominus Hugolinus cardinalis (1221)». Raccogliendo dunque tutta la tradizione precedente, fin dalle origini del convento, come già faceva intendere il Biliotti.

Disponibili anche al Vincenzo Borghigiani a metà Settecento? Con la dovuta riserva, data la sua consuetudine di riporre sotto il nome della fonte primaria anche quanto preleva da tardive repliche conventuali: «Così rapporta questo fatto F. Bartolomeo di Monte Rappoli nel suo compendio de’ ricordi di F. Gio. Infangati anno 1292», a proposito della divisione del monastero San Iacopo a Ripoli e provvisoria residenza delle monache del nuovo monastero presso una casa dei Cerchi (ASMN I.A.28, Cronica annalistica I, 211); «bastando… l’autorità del p. f. Bartolomeo da Monte Rappoli, quale questo ricordo inserisce tra gl’altri spettanti al convento trascritti dal libro di f. Zanobi Guasconi compilato delle memorie di f. Gio. Infangati, e dice a 76: Dominus Guillelmus… » con citazione dell’intero testo (nove righe) della ricordanza relativa all’ospizio Santa Maria a Levane («de Leona de comitatu aretino», nel piviere San Piero a Presciano, Arezzo) (ib. p.  224: a. 1297)). «Guas(coni) Rapp(oli) dallo Infangati all’anno 1298, e Lapo Radda n° 267» (ib. p.  226).

■ ASMN I.A.3, Liber recordationum novus f. 2v («de hoc in predicto libro <scil. Iohannis de Infangatis> 76 ca.») ha ser Iacobus de Magistris de Castro Aretino contro F. Iacobus de Magistris de Castello Aretino della citazione del Borghigiani. Costui inoltre, che non si sofferma a definire la natura dalla Cronica fratrum del proprio convento, fa qui forzosamente diventare figlio del convento fiorentino fr. Ugo degli Ubertini (in questo seguìto dalla successiva tradizione conventuale). Cf. Priori di SMN..., MD 17 (1986) 273-74.

ASMN I.A.14, Libro Lapi-Radda (termine ante 1630) f. 37v n° 267. ASMN I.A.29, p. 28: Bartolomeo da Monterappoli «compilò un libro delle antichità del convento, in compendio, ed in seguito di quello di F. Gio. Infangati»; ma era sufficiente leggerlo nella cronaca del Biliotti.

In compenso ecco una cedola autografa di Bartolomeo; decisiva per identificare le sue ricordanze, se dovessero a tutt’oggi sopravvivere tra i mille pezzi anonimi cumulati in ASF, CRS 102. Conservata tra la grossa filza di carte volanti che è ASF, CRS 102 n° 81, inserto numerato 433. Ne trascrivo integralmente il testo:

Sia manifesto a qualunque persona udirà o leggerà la presente scripta che io frate Bartholomeo di Lionardo da Monterappoli, frate di Santa Maria Novella, prestai a dì 8 di dicembre 1438 a Vanni d’Antonio da Empoli, al quale io ò maritata l’Andrea mia nipote, fiorini quindici in grossi, a lire 4 soldi 2 denari 6 per fiorino. Disse che volea vestire la donna.

fior. 15

Et oltracciò gli prestai a dì 8 di maggio 1439 ducati nove venetiani. Portò Biagio suo fratello a dì detto di sopra.

ducati 9

Et oltracciò anchora gli prestai

 

lasciato così in tronco. Cui altra mano, coeva alle date croniche implicate, ha soggiunto:

Le sopradette partite sono tracte d’uno suo quaderno coperto di carta pecora ca. 18.

 

Et più troviamo debbe dare a detto frate Bartholomeo el sapradetto Vanni lire trentatre, soldi 7, per den(ari) prestati a esso Vanni innel 1446, come apparisce in uno quaderno di detto f. Bartolomeo ca. 34. Furono e sopradetti den(ari) per riscuotere dal giudeo panni della Andrea, nipote di frate Bartholomeo e donna di Vanni disopra nominato.

lire 33
soldi 7

Ancora troviamo che detto frate Bartolomeo conprò certi pezi di terra a Monte Rappoli e quali fecie dire innel[20] munistero di Santo Domenico a dì 17 d’ottobre 1448. Costorono in tutto lire cinquanta, soldi sei. D’uno suo quaderno nuovo ca. 1.

lire 50
soldi 6

Partite lasciate sospese da fra Bartolomeo. Sopraffatto dalla peste, come sappiamo, il 6 luglio 1449.

Nel medesimo anno, 1449, il convento mette in cantiere un grosso registro, oggi ASF, CRS 102 n’ 76 <Libro di possessioni segnato †>: cart., 408 x 285, ff. 228 dalla cartulazione romana; foglio di guardia membranaceo e verosimile coperta originale; sovraccoperta di colore rosso scuro (di qui la successiva denominazione della serie Campione rosso?)[21]. L’avvia un’anonima mano che a f. 1r stende il prologo:

Questo libro è de’ frati Predichatori di Santo Domenicho dei chonvento di Santa Maria Novella della città di Firenze, ed è segniato detto libro †[22], in sul quale si schriverrà tutte le chase e possisione di detto chonvento inchominciando da carte due insino a carte <qua>ranta, e da carte quaranta insino a carte dugiento tutte quelle persone che doveranno dare ho[23] per pigione di chasa ho per possisioni ho per danari ho per ongni altra chagione ho chose, e da charte dugiento insino al fine di detto libro si schriverrà tutte quelle persone che doveranno ricevere ho aranno ad avere ho danari ho altre cose dal detto chonvento.

Senza esplicita formulazione del titolo (quella tra parentesi acute è da me proposta). Sulla guardia pergamenacea altra mano di poco posteriore ha scritto: «Questo libro è del convento de’ frati di SMN nel quale si scriveranno tutte le chase e lle poss<is>ione di detto convento e chi le tiene e in che modo, a fficto overo a meçço[24],  s(egnato) †». L’accompagna una vacchetta a rubrica, anch’essa cartacea, 395 x 17, che serve da tabula alfabetica repertoriale, con sovrascritto «del libro Rosso». Libro complesso, di ricchissima documentazione quattrocentesca, che mira a un censimento completo dei beni immobili del convento e alla loro gestione corrente, soluzioni stagionali e annuali, fittuari, intestatari di cappelle, debitori e creditori. Man mano aggiornato da altre mani, che subentrano cronologicamente sotto ciascuna partita, lungo qualche decennio dei secondo Quattrocento.

Libro cerniera tra le precedenti antiche esperienze e i nuovi bisogni di strumenti amministrativi più specializzati, capaci di tener testa alle diversificate figure patrimoniali e contrattuali, nonché alla frenetica variante temporale. Che imporrà di passare, dopo appena pochi decenni, ad un altro libro del genere, segnato B o «libro bianco B», come annotato in calce alle singole partite; e a moltiplicare, distinguendoli, i libri contabili, all’inseguimento della differenziazione ed estensione dei negozi. Le “ricordanze” sono ancora lì, non soltanto nel cliché consolidatosi da lunga data (Ricordanza di quello che è obligata la compagnia del Tempio, ASF, CRS 102 n° 76 f. 78v; Rinovali e piatanze[25] che s’anno a ffare ongni anno f. 46r-v, Rinovali e pitançe e feste f. 79v), ma a motivo della comunione nell’indistinta materia originaria da cui avevano preso le mosse i primitivi libri di ricordanze. E libro cerniera anche per la transizione alla lingua volgare come a ordinario mezzo d’espressione. Sciatta e mescidata; relegata agli usi pratici dalla «crisi linguistica del primo Quattrocento», prima che l’impatto dell’umanesimo creasse nuovi ragioni e nuovi ruoli tra le due lingue in contesa (B. Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze2 1960, 252; tutto il cap. 7 I1 Quattrocento pp. 243-306).

Di certo col Libro di possessioni segnato † in pieno Quattrocento si apre un capitolo nuovo per la storia letteraria dei libri conventuali di ricordanze.


[20] dire innel = dire in:  = intestare a favore di.

[21] “Libro Bianco, Libro Verde segnato C” ecc., dal colore della coperta, anche tra le consuetudini lessicali dei libri di famiglia: F. Pezzarossa, Ugolino... Martelli, Ricordanze..., Roma 1989, 112, 225.

[22] Segno di croce vergato da altra mano su primitiva originale lettera B; che sembra tradire una qualche incertezza di enumerazione nella designazione per lettera seriale.

[23] Ipercorrezione etimologica di o<aut.

[24] G. Pinto, La Toscana nel tardo medioevo, Firenze 1982, 226: «l'affitto poderale continuò a esistere accanto alla mezzadria, soprattutto nelle terre di proprietà ecclesiastica».

[25] Forma vernacolare corrente, per verosimile assimilazione alla vocale tonica, tipo salvatico<selvatico, Attavianus<Ottavianus, Dialago<Dialogo. Lionardo di Niccolò dei Frescobaldi da Firenze (1384-85): « L'altra mattina che fu la vigilia d'Ognisanti, facemo un poco di piatanza a questi calori » (= calogeri, monaci greci): G. Bartolini - F. Cardini, Nel nome di Dio facemmo vela, Bari 1991, 160‑61. Senza smarrire la memoria delle origini, pietas: « e a molti per piatà perdonai » (Esopo toscano, a e. di V. Branca, Venezia 1989, 112).


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