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Lapina da Firenze, eretica del Libero Spirito,
madre di fr. Filippo di Lapo OP,

«Archivum Franciscanum Historicum» 79 (1986) 153-78.

sommario
1

Lapina vedova di Lapo da Firenze

 | fra Filippo del fu Lapo OP († 7.VII.1348) | notizie

2

Lapina eretica del «libero spirito» (1327)

 | Miroir di Marguerite Porete

3

Inquietudini spirituali dei laici nella Firenze del '300

 | Villanuzzi | Morandi | Pilestri (Pilastri)| Gianfigliazzi | Donati

 

Documenti

 

Firenze 31.X.1327: lettere testimoniali dell'abiura di Lapina | fr. Accursius OFM inquisitor heretice pravitatis

 

18.XI.1327: fra Filippo acquista casa in borgo della Noce, già confiscata a sua madre Lapina

 

15.VI.1328: fra Filippo, procuratore del convento OP di Pistoia, rivende la medesima casa alla madre | ë

 

raccontato concisamente   |  ed. DBI 63 (2004) 717-19  |  aggiornamento

1. Lapina vedova di Lapo da Firenze

L’episodio non è del tutto sconosciuto. Già Felice Tocco pubblicò le lettere testimoniali rilasciate a Lapina dall’inquisitore di Toscana fr. Accorsio di Ghinuccio Bonfantini da Firenze OFM. Ma sia al Tocco che agli altri studiosi dell’eresia in Toscana - che dal Tocco attingono - sono sfuggite altre notizie sul caso; è sfuggito soprattutto il fatto che Lapina era madre d’un frate domenicano del convento fiorentino di Santa Maria Novella.

F. Tocco, Due documenti intorno ai Beghini d’Italia, «Archivio storico italiano» serie V, t. 1 (1888) 417-23; ed. di Doc. I a pp. 422-23 ; Id., Studii francescani, Napoli 1909, 336-38. R. Davidsohn, Un libro di entrate e spese dell’inquisitore fiorentino (1322-1329), «Archivio storico italiano» serie V, t. 27 (1901) 346-55; Id., Storia di Firenze VII, Firenze 1973, 174. G. Biscaro, Inquisitori ed eretici a Firenze (1319-1334), «Studi medievali» 3 (1930) 279-80 ; tutto il saggio ib. 2 (1929) 347-75; 3 (1930) 266-87; 6 (1933) 161-207. V. Antichi, L’inquisizione a Firenze nel XIV secolo, AA.VV., Eretici e ribelli del XIII e XIV secolo, a c. di D. Maselli, Pistoia 1974, 222- 23.

Nel 1943 Livario Oliger OFM (De secta spiritus libertatis in Umbria saec. XIV, Roma 1943, 80-81) ristampava il documento dall’edizione Tocco (Doc. I) e segnalava altri due documenti relativi al caso, ma di cui aveva corsive notizie dalla consultazione del fondo diplomatico di Santa Maria Novella fatta su sua richiesta da un confratello fiorentino[1]. Non sarà inutile, data l’importanza del caso, riprendere l’episodio di Lapina e illustrarlo con l’intera documentazione disponibile.

Lapina è detta vedova del fu Lapo, cittadina fiorentìna, residente nel popolo di Santa Lucia d’Ognissanti nel documento 31 ottobre 1327 (Doc. I); «que nunc moratur in populo Sancte Lucie Omnium Sanctorum», si dice in quello 18 novembre 1327 (Doc. II); qui «fr. Philippus de ordine Predicatorum filius condam Lapi» acquista dal procuratore del comune fiorentino, col consenso dell’inquisitore, una casa sita nel borgo della Noce del popolo San Lorenzo, già proprietà di Lapina. Le coincidenze antroponimiche e cronologiche sarebbero già sufficienti a suggerire che Lapina vedova di Lapo fosse madre di fr. Filippo dei fu Lapo. Ma lo dichiara espressamente una nota coeva scritta a tergo della pergamena 31 ottobre 1327 (il fondo diplomatico fu conservato nell’archivìo conventuale di SMN fino alla soppressione napoleonica), sfuggita sia al Tocco che a p. Teodoro Cavallon che consultò il documento a nome di Oliger: «Carte domine Lapine matris fratris Philippi Lapi modicum utiles». E nota autografa di fr. Filippo va ritenuto quanto vergato da mano coeva a tergo della pergamena 18 novembre 1327 che registra l’atto di vendita: «Carta de venditione michi facta per inquisitorem et sindaquum comunitatis florentine» (Doc. II). Filippo è frate del convento domenicano di Santa Maria Novella, come tale registrato dalla Cronica conventuale:

«fr. Phylippus Lapi sacerdos et predicator et cantor, fuit vir in serviendo liberalis amicabilis et bene sotialis. Hic fuít baccellarius et supprior in conventu Sancti Miniatis. Fuit insuper lector Mevanas. Cum complevisset autem annos XXX in ordine, existens in hospitali de Ancisa infirmatus ibidem est mortuus et sepultus anno Domini M°CCC°XLVIII° die VIIa iulii» (Cr SMN  n° 377; Orlandi, Necrol. I, 424, non fa menzione dei nostri tre documenti, sebbene il fondo diplomatico S. Maria Novella sia ampiamente utilizzato dall'autore nel commento alla Cronica).

Nel 1327 Lapo, marito di Lapina e padre di fr. Filippo, era deceduto. Apparteneva al popolo San Lorenzo, come attesta esplicitamente Doc. III. Lapina abita nel popolo Santa Lucia d’Ognissanti soltanto provvisoriamente, dopo la confisca dei beni seguita alla condanna per eresia («que nunc moratur in populo Sancte Lucie Omnium Sanctorum»: Doc. II), ma ha modo, tramite passaggi di rivendita della casa sita in San Lorenzo a cui si presta il figlio fr. Filippo, di riscattare l’abitazione e rientrarne in possesso. La rivendita a Lapina è fatta in Firenze il 15 giugno 1328 da «fr. Phylippus filius condam Lapi de Florentia ordinis Predicatorum conventualis pistoriensis, sindicus et procurator capituli et conventus pistoriensis ordinis Predicatorum»; mentre l’atto di procura era stato rogato in Pistoia il 17 marzo 1328 (Doc. III, rogato secondo lo stile «a nativitate» allora in uso in Pistoia). In quest’anno dunque fr. Filippo risulta assegnato nel convento pistoiese («conventualis pistoriensis»), ma in nessun luogo si dice che fosse «de Pistorio»[2].

Il prezzo della rivendita ammonta a lire 500 di moneta argentea, quando nella compera del 18 novembre 1327 fr. Filippo (il convento fiorentino non appare in nessun modo nella transazione) aveva versato al sindaco del comune per il medesimo immobile 13 fiorini d’oro. Negli anni 1327-28 un fiorino scambiava con 65-66 soldi di piccoli[4]. Prendiamo pure una valutazione massima di cambio a ragione di lire 4 (= soldi 80) per fiorino, di fatto mai raggiunte nel corso del Trecento; i 13 fiorini sarebbero pari a lire 52 di piccoli. Come render ragione delle 500 lire nella rivendita fatta dal convento pistoiese? Ignoriamo la possibilità di frode da parte del procuratore del comune (prezzo sottovalutato nel negozio legale accompagnato da conguaglio illegale); il concorso del consenso dell’inquisitore nella medesima transazione la rende improbabile. Le vendite dei beni confiscati ad eretici andavano incontro a trapassi venali molto accidentati. Si dava il caso di deprezzamento a motivo di compera forzosa o più comunemente a motivo dell’ipoteca inquisitoriale, visto che gl’inquisitori procedevano anche contro beni di figli e nipoti di eretici condannati vari decenni prima, e contro beni già di eretici ora posseduti con buon diritto da nuovi proprietari.

Mariano da Alatri, L'inquisizione a Firenze negli anni 1344/46 da un'istruttoria contro Pietro da L'Aquila, in Miscellanea Melchor de Pobladura I, Roma 1964, 231 n. 33, 237; F. Tocco, Quel che non c'è nella Divina Commedia o Dante e l'eresia, Bologna 1899, 73-78 doc. 25; N. Ottokar, La condanna postuma di Farinata degli Uberti, «Archivio storico italiano» 77/II (1919) 155-63; Biscaro, Inquisitori ed eretici, passim; A. Sapori, Un fiorentino bizzarro alla corte di Borgogna, Scaglia Tifi, in Id., Studi di storia economica, 101-31.

Tocco, Quel che non c'è, 69-73 doc. 24 pubblica ASF, Riformagioni 19.VII.1309, vendita per 300 fiorini d'oro da confisca postuma dei beni di Gherardo di Gianni del Massaio dei Lupicini; costui aveva aderito al catarismo nel 1271-1272, come si ricava dalla sentenza di condanna pronunciata 38 anni dopo dall'inquisitore fr. Andrea dei Mozzi: «Noverint universi presentes pariter quod cum ego fr. Andreas de Florentia ordinis Minorum, auctoritate apostolica inquisitor heretice pravitatis in Thuscia, inquisitionem facerem (...), inveni per testes ydoneos et sufficientes Gherardum olim Gianni del Massaio de Lupicinis, populi Sancti Stefani ad Pontem de Florentia, fuisse de crimine hereseos gravatum infamatum atque suspectum fauctorem et benefactorem et receptorem hereticorum et hereticos adorasse iuxta heretici ritus abusum, ac propter hoc hereticorum erroribus fuisse credentem, nec ab eorum credulitate inveni eum aliquando recessisse nec ecclesiastice unitati reconciliatum et canonica reintegratum fuisse. Quia vero crimen istud hereseos non solum in vivos sed in mortuos et etiam in heredes per iura promptissima vindicatur, prefati Gherardi heredes pro eo defendendo legitime citavi (...), comparente Pucio Dusini procuratore Guillelmi filii dicti Gherardi (...). Visis et attentis culpis ipsius Gherardi..., pronuntio et pronuntiando diffinio... prefatum Gherardum labe pravitatis heretice multipliciter fuisse respersum et crimen hereticum commisisse (...). Propter quod eiusdem Gherardi perpetuo dampno memoriam; decerno nichilominus atque declaro ipsius Gherardi olim bona omnia mobilia et immobilia, iura et actiones reales et personales utiles et directas et quecumque alia hereditaria ad eum hactenus de iure spectantia a triginta octo annis citra, silicet a tempore criminis heresis per eundem Gherardum contracti, esse publicata et confiscata (...). Lecta lata et pronunciata sunt hec... in loco fratrum Minorum, presente dicto Pucio procuratore dicti Guillelmi... et presentibus testibus fr. Bonanno guardiano conventus fratrum Minorum Florentie, fr. Anastagio et fr. Rodulfo Florentino et fr. Ponçardo de Pulcibus Minorum ordinis..., anno a nativitate Domini millesimo trecentesimo nono, indictione septima, die quinto iulii. Ego Opiço de Pontremolo not. ...» (ASF, Riformagioni 5.VII.1309).

Ma si dava anche il caso (specie per beni da fallimento, mancata soluzione di gravami fiscali, eresia ecc.) di numerosi passaggi di vendite e rivendite, preferibilmente tra proprietari che per stato sociale potessero “lavare” o rigenerare il bene immobile perché tutti garanti del titolo di proprietà dell’immobile stesso all’ultimo e definitivo proprietario. Qui in realtà non circolava alcuna somma di danaro, ma si dava luogo a intestazioni di comodo, capaci però dì purgare l’immobile da ogni vizio e restituirlo al valore reale di mercato. È quanto verosimilmente accaduto per l’immobile di Lapina. Venduto dal comune a fr. Filippo a un prezzo di favore a motivo dei rischi del caso, l’immobile passa attraverso rivendite che lo restituiscono al suo valore reale, liberato da ogni ipoteca o vizio. Lo fa pensare il fatto che mentre nella transazione 18 novembre 1327 è fr. Filippo che entra in possesso dell’immobile a titolo personale, in quella 15 giugno 1328 proprietario risulta il convento pistoiese. Ci son venute meno le testimonianze dei trapassi intermedi delle rivendite? Ci manca certamente quella che documenta la rivendita al convento pistoiese. Se le cose stessero così, lo stabile di Lapina, del valore di 500 lire, benché non necessariamente un palazzo, è un’abitazione di notevole valore, probabilmente a due piani, con corte e annessi, di cui qualcuno dato a fitto («domum cum furno et eius fructus et redditus»: Doc. III), di certo non un’abitazione “popolare”.

Doc. 3 porta incontestabilmente libras quingentas e non vi sono ragioni plausibili per sospettare una svista in luogo di libras quinquaginta, data l'importanza della cifra del prezzo pattuito in un negozio notarile. Devo alla consulenza dell'amico Franek Sznura (Dipartimento di Storia dell'Università di Firenze) taluni spunti sull'interpretazione del divario nel prezzo della casa di Lapina tra Doc. 2 e Doc. 3. Cf. A. Sapori, I mutui dei mercanti fiorentini del Trecento e l'incremento della proprietà fondiaria, in Studi di storia economica, 191-221 ; Case e botteghe a Firenze nel Trecento, ib. 305-52 ; F. Sznura, Note su un censimento di locazioni per la «Gabella pensionum» a Firenze nel 1305, in «Studi e ricerche» 1 (1981) 201-17.

L’ufficio dell’inquisizione, come risulta dal libro di contabilità di fr. Accorsio, incamera dalla vendita dei beni confiscati a Lapina fiorini d’oro 8 e soldi 44 di piccoli, pari ai due terzi (di cui un terzo per lo stesso ufficio inquisitoriale e un terzo da devolvere alla camera apostolica):

«Item pervenerunt ad dictum officium apud dictum Manovellum, de pretio bonorum domine Lapine confiscatorum propter peccatum per eam commissum, pro duabus partibus in summa floreni auri VIII, soldi XLIIII»[5]

L’altro terzo era di spettanza del comune fiorentino. Fiorini 8 e soldi 44 (due terzi) sommati a fiorini 4 e soldi 22 (terzo spettante al comune) danno un totale di fiorini 12 e soldi 66; che sono pari a fiorini 13 sulla base del cambio 1 fiorino = 66 soldi. La coincidenza nei valori monetari lascia pochi dubbi che l’entrata nel registro inquisitoriale sia nient’altro che i due terzi dei 13 fiorini ricavati dalla vendita della casa di Lapina 18 novembre 1327 (Doc. II) e non frutto di confisca d’altri beni dell’eretica. La registrazione dell’entrata Lapina nel libro dei conti dell’inquisitore suppone pertanto il 18 novembre 1327, data che ben si accorda alla registrazione immediatamente precedente di Cecco d’Ascoli, mandato al rogo il 16 settembre 1327, e alla seconda registrazione successiva a Lapina portante la data 23 novembre 1327.

Quanto al terzo spettante al comune, esso andò a sostenere le spese di costruzione delle chiese di Santa Croce e Santa Maria Novella, se le autorità pubbliche dettero corso alla provvisione del 6 aprile 1324:

«Quod pecunia que percipitur ex officio inquisitionis heretice pravitatis convertatur in opere ecclesie Sancte Crucis et Sancte Marie Novelle. -  Cum ad utilitatem animarum et decorem civitatis expediat ecelesiam Sancte Crucis et ecclesiam Sancte Marie Novelle compleri, provisum est quod pecunia pertinens et que pertinebit ad comune Florentie ex officio inquisitionis heretice pravitatis, que percepta est et que in futurum infra quinque annos proxime venturos percipietur, deputetur et convertatur et deputata intelligatur esse et sit et converti et solvi debeat in opere dictarum ecclesiarum, scilicet due partes in opere ac pro opere dicte ecclesie Sancte Crucis et reliqua tertia pars in opere ac pro opere iamdicte ecclesie Sanete Ilarie Novelle. (S.T.) Ego Lotthus filius condam Puccii de Florentia, imperiali autoritate iudex et notarius, predicta omnia lecta et publicata die sexto mensis aprelis millesimo trecentesimo vigesimo quarto, indictione septima, ex constituto domini potestatis et comunis Florentie exemplavi sub anno Domini MCCCXXVIIII» (ASF, Dipl. Santa Maria Novella 6.IV.1324).

Una provvisione del 27.VIII.1333 stabilì, della terza parte spettante al comune dei beni provenienti dalla condanna postuma di Iacopo Scaglia dei Tifi, «quod dicta tertia pars convertatur et concessa esse intelligatur pro duabus portionibus opere et constructioni Sancte Reparate, et pro reliqua parte tertia, constructioni et opere Sancte Crucis» (Sapori, Studi di storia economica 114). Lo statuto del podestà 1325 (III § 3: De hereticis diffidandis et exbaniendis) niente dice sul criterio della ripartizione dei beni confiscati agli eretici (Statuti della repubblica fiorentina, ed. R. Caggese, II, Firenze 1921, 183-84). I consigli opportuni nominavano di volta in volta i sindaci e procuratori del comune preposti all’esecuzione della confisca dei beni degli eretici: cf. I Consigli della repubblica fiorentina, ed. B. Barbadoro, I, Bologna 1921, 251 (18.II.1306); II, Bologna 1930, 522 (8.XII.1310), 653 (26.II.1314). Un esemplare in extenso in ASF, Dipl. Riformagioni 18.II.1305/6[6].

Notizie su fr. Filippo di Lapo. Entra in religione in SMN nel 1318; conventuale pistoiese 1328 (Doc. III); assegnato studente in filosofia a Lucca nel 1331-32 (Verde-Corsi, MD 1990, 375, 376b) e a Siena nel 1332; studente in teologia a Firenze nel 1338, baccelliere a San Miniato nel 1341, lettore a Bevagna nel 1344.

MOPH XX, 261/16 («Phylippum Florentinum»), 273/21 («Philippum Florentinum»; in base alla cronologia degli altri fr. Filippo registrati in Cr SMN, questo Filippo Fiorentino può esser identificato soltanto con Filippo di Lapo), 296/12 («Filippum Lapi Florentinum»), 333/16 («Phylippum Lapi»), 353/31 («Philippum Lapi Florentinum»).

Sottopriore in San Miniato, secondo l’attestazione della Cronica, la quale c’informa anche che fr. Filippo mori il 7 luglio 1348, anno della grande mortalità, nell’ospizio che il convento fiorentino possedeva all’Incisa Val d’Arno (Cr SMN  n° 377).


[1] L. Oliger, De secta spiritus libertatis in Umbria saec. XIV, Roma 1943, 80-81; p. 81 n. 1: «In Diplomatico S. Mariae Novellae Archivi Status Florentiae (ut P. Cavallon mecum communicavit) alia duo instrumenta adsunt ad Lapinam se referentia: 18 nov. 1327 Fr. Philippus, O.P., filius dictae Lapinae, consensu Inquisitoris emit domum Lapinae confiscatam, quam 15 iun. 1328 vendit eidem Lapinae matri suae. In utroque instrumento Indictio xi habetur. In altero horum documentorum Fr. Philippus, O.P., de Pistorio dicitur, forsitan quia illi conventui erat adscriptus». Come vedremo, nella rivendita del 15.VI.1328 fr. Filippo agisce soltanto come procuratore del convento pistoiese. Fr. Filippo è fiorentino e in nessun luogo è detto «de Pistorio». Ed. di Doc. 1 (da Tocco, Studii francescani) ib. pp. 147-49, dove però il titolo «Sententia Fr. Accursii de Florentia, O.F.M., inquisitoris Tusciae contra dominam Lapinam...» (p. 147) è impreciso perché ASF [= Archivio di Stato di Firenze], S. Maria Novella 31.X.1327 (Doc. I) non è la sentenza di condanna ma testimoniali dell'abiura e riammissione nella Chiesa.

[2] Il fiorentino fr. Filippo di Lapo non va confuso col contemporaneo fr. Filippo da Pistoia, nel convento pistoiese secondo un atto capitolare rogato in San Domenico di Pistoia il 4.VII.1331: «fr. Matheus d. Vinciguerre de Pistorio, supprior et vicarius capituli et conventus fratrum beati Dominici de Pistorio, una cum fr. Filippo de Pistorio, fr. Iohanne de Sancto Barunto, fr. Andrea Profeta, fr. Napoleone lectore de Pistorio, fr. Thomaxio de Cortona, fr. Paulo, fr. Bartholomeo Vescontis, fr. Gualterocto de Cancelleriis de Pistorio, fr. Iohanne de Vingnole, fr. Piero ser Gherardecti, fr. Iohanne Uberti etiam de Pistorio, fr. Blaxio de Pisis, fratribus dicti capituli et conventus..., in quo conventu plures non erant nec morabantur ad presens» (Archivio di Stato di Pistoia, Protoc. notar. 2, f. 90r–v).

[4] M. Bernocchi, Le monete della repubblica fiorentina III, Firenze 1976, 79; A. Sapori, Studi di storia economica, Firenze 1955, 316-17; C. M. Cipolla, Il fiorino e il quattrino. La politica monetaria a Firenze nel 1300, Bologna 1982.

[5] ASV, Collectorie 250 (registro d’entrate-uscite dell’inquisitore fr. Accorsio), f. 98r. L’ultima data che precede l’entrata di Lapina è del 12.IX.1327 (f. 97r), e l’entrata immediatamente precedente a quella di Lapina è del celebre Cecco d’Ascoli: «Item pervenerunt ad dictum officium apud dictum Manovellum, de pretio quarundam rerum magistri Cecchi de Esculo heretici combusti venditarum per dictum officium, pro duabus partibus in summa libre VIII» (f. 97r); heretici combusti è scritto in soprarrigo; la pena del rogo fu eseguita il 16.IX.1327: Villani  XI, 41; Davidsohn, Storia di Firenze IV, 1113-36; Biscaro, Inquisitori ed eretici 1930, 268-72; E. Guidubaldi, Stabili Francesco (Cecco d’Ascoli), «Enciclopedia dantesca» V, Roma 1976, 404-05. La prima entrata immediatamente successiva a quella di Lapina non porta data, la seconda (Nante sorella di ser Cione) è del 23.XI.1327.

[6] ASF, Dipl. Riformagioni 18.II.1305/6: Il consiglio generale dei Trecento e quello speciale dei Novanta del podestà e del comune di Firenze e delle capitudini delle dodici arti maggiori di Firenze, per mandato di messer Monaldello di messer Monaldo da Gubbio, vicario del podestà messer Bino dei Gabrielli da Gubbio, riuniti nel palazzo della Signoria, costituiscono procuratori del comune fiorentino messer Ubertino di messer Iacopo da Certaldo, giurisperito, e altri esperti, «ad prehendendum et retinendum tenutam et corporalem possessionem omnium et singulorum bonorum rerum et possessionum cuiuslibet paterini et heretici quocumque nomine censeantur, vivi vel defuncti, de mandato vel consensu potestatis sive rectoris comunis florentini... vel inquisitoris heretice pravitatatis..., nec non ad omnia et singula bona occupanda, capienda, retinenda et possidenda que confiscata sive publicata sunt seu publicabuntur sive confiscabuntur in futurum occasione criminis heresis..., sive illa bona fuerint patarenorum vel hereticorum sive credentium hereticorum erroribus sive receptorum aut aiutorum(?) vel defensorum ipsorum patarenorum seu heriticorum vel quorumcumque aliorum qui in premissum crimen sive circa crimina premissa quomodolibet commiserunt vel commi<si>sse dicantur (...). Acta sunt hec Florentie in pallatio comunis florentini, presentibus testibus...». Diploma molto lungo. Nessum riferimento a specifico caso di eresia o di eretico.


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