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(III - Il contesto letterario)

7. De bono pacis

1. Primo sermone della Trinità, Pacem babete, et Deus pacis et dilectionis erit vobiscum. II Cor. ultimo (cod. D, ff. 203vb-204rb): Vivete in pace e il Dio della pace e dell'amore sarà con voi (II Cor. 13,11). A fine sermone, mano B trascrive una lunga nota marginale (f. 204r, mg. s. e inf., B):

originale latino

volgarizzamento (2008) di EP

Ubi nota quod Pater est Deus pacis in quantum gignit personam Filii, qui quidem est pax hominum, iuxta illud Eph. 2[,14] «Ipse est pax nostra qui fecit utraque unum». Persona vero Patris simul cum persona Filii spirat personam Spiritus sancti, qui quidem spiratus ab utroque est pax utriusque et concordia, iuxta illud Augustini in libro I De doctrina christiana «In Patre est unitas, in Filio equalitas, in Spiritu sancto unitatis equalitatisque concordia». Et per consequens quelibet persona est Deus dilectionis quia pax est proprius effectus dilectionis, iuxta illud Ps. [118,165] «Pax multa diligentibus».

Nota che il Padre è il Dio della pace in quanto genera la persona del Figlio, il quale è la pace degli uomini, Efesini 2,14: «Egli è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo». La persona del Padre insime con la persona del Figlio spira la persona dello Spirito santo; il quale, spirato da entrambi è pace di entrambi e concordia, secondo Agostino, Dottrina cristiana I, 5,15-18 (CCL 32,9; PL 34,21): «Nel Padre è l'unità, nel Figlio l'uguaglianza, nello Spirito santo la concordia dell'unità e dell'uguaglianza». Di conseguenza, ogni persona è Dio dell'amore perché la pace è effetto proprio dell'amore, secondo Salmo 119,165: «Grande pace per chi ama».

Vel e converso quia Pater diligit Filium mictendo, Io. 3[,17]; et Filius veniendo, Ans(elmus); et Spiritus sanctus qui est dilectio; ideo quelibet persona est Deus pacis. Ex causa enim interdum concluditur effectus et e converso; homo enim sequitur ad risibile et e converso. Vide in tractatu De bono pacis. Potest ergo significari in verbo proposito et essentie unitas quia Deus, et personarum trinitas in gignendo in spirando et in procedendo.

O al contrario, perché il Padre ama inviando il Figlio, Giovanni 3,17; e il Figlio venendo; e lo Spirito santo è l'amore. Ogni persona (divina) pertanto è Dio della pace. Dalla causa talvolta segue l'effetto, e viceversa; l'uomo infatti consegue all'essere risibile, ovvero capace di ridere, e viceversa. Vedi nel trattato Il bene comune. Si può dunque intendere nelle parole del tema (Vivete in pace e il Dio della pace e dell'amore sarà con voi) sia l'unità dell'essenza, perché Dio, sia la trinità delle persone nel generare, nello spirare e nel procedere.

Vel dicatur quod tria possunt elici ex verbis istis, quorum unum pertinet ad festum Trinitatis, sicut preexpositum est, in hoc quod dicitur Deus pacis et dilectionis; unitas enim essentie notatur in nomine Dei qui unus est, trinitas vero personarum notatur in Deo pacis scilicet genitore, et dilectionis scilicet spiratore idest Spiritus sancti qui est amor, ut dicit Gregorius. Secundum pertinet ad tractatum civitatis quia Pacem habete; tractatur enim modo de pace inter nos et pisanos, inter hanc civitatem et illam. Tertium pertinet ad fructum nostre utilitatis, quia Pacem etc. (cod. D, f. 204r, mg. s. e inf., B).

Oppure: Tre spunti si possono trarre dalle parole del versetto tematico. Primo, in rapporto alla festa della Trinità, come sopra esposto nel sermone, laddove si dice Dio della pace e dell'amore; l'unità dell'essenza è annotata nel nome di Dio che è uno, la trinità delle persone è annotata nelle parole Dio della pace ossia genitore, e dell'amore ossia spiratore dello Spirito santo che è amore, come dice Gregorio (Nazianzeno?, lezioni festa della Trinità). Secondo, in rapporto al trattato della (notra) città, ossia Vivete in pace; sono in corso infatti le trattative di pace tra noi fiorentini e i pisani, tra la città di Firenze e Pisa. Terzo, in rapporto a nostri fruttuosi benefìci, Vivete in pace eccetera (cod. D, f. 204r, mg. s. e inf., B).

La giunta marginale, oltreché rinviare esplicitamente al trattato, utilizza De bono pacis 2, 8-14. E introduce una variante redazionale che ristabilisce più controllato linguaggio teologico; da sola avrebbe provato posteriorità della giunta al testo del trattato. «Persona vero Filii simul cum persona Patris spirat personam Spiritus sancti» diceva De bono pacis; «Persona vero Patris simul cum persona Filii spirat personam Spiritus sancti» scrive il sermone. La giunta inoltre non sembra uno dei tanti interventi marginali che provvedono spunti alternativi al predicatore in cerca di materiale predicabile; fa cenno al trattato di pace tra Firenze e Pisa che mal si adatta ad una semplice addizione redazionale mirante ad arricchire gli ausili omiletici del sermonario. Molto verosimilmente Remigio ha ripredicato il sermone Pacem babete («sicut preexpositum est») adattandolo alla specifica circostanza del momento; ha poi trascritto a fine sermone la materia nuova del sermone ripredicato, tra cui l’accenno alla cronaca cittadina. Un bell’esempio di sermone “vivo”. In agosto 1316, e forse in agosto 1315, il sermonario di cod. D era già trascritto (Studio 31). Dopo la cacciata da Pisa d’Uguccione della Faggiola, che aveva inflitto alla lega florentino-angioina la dura sconfitta di Montecatini 29 agosto 1315, re Roberto d’Angiò conclude il 12 agosto 1316 la pace con Pisa. Subito dopo hanno inizio laboriose trattative di pace tra i comuni toscani, sempre patrocinate da re Roberto; soltanto il 12 maggio 1317 viene concluso a Napoli il trattato di pace tra Firenze e comuni alleati da una parte, e Pisa e Lucca dall’altra.

«mcccxvii, a dì xii di maggio, lo dì dell’Assensione, in Napoli in presentia del re si fece la pace: e bacioronsi in boccha i sindachi del chomune di Firenze e di Pisa e di Luccha e degl’usciti di Luccha. Fu in Firenze la novella a dì xvii di maggio» (Cronichetta, ed. P. Santini, Quesiti e ricercbe di storiografia fiorentina, rist. Roma 1972, 141). Villani X, 82. Davidsohn IV, 832-34. Testo del trattato di pace in Delizie XI, 269-81.

La giunta marginale sopra trascritta dovrà essere in rapporto alla pace di maggio 1317; quando le trattative erano ancora in corso, «tractatur enim modo de pace inter nos et pisanos», o durante le negoziazioni esecutive seguite alla firma del trattato (liberazione e scambio dei prigionieri, regolazione dei fuorusciti, revoca dei bandi ecc.). Concordati i patti coi pisani, dice il cronista fiorentino«tornarono i pregioni in Firenze dì XXVIIII di maggio» 1317 (Villani X, 82,17-20). E nel 1317 la festa liturgica della Trinità cadeva proprio il 29 maggio (Pasqua 3 aprile).

Caggese II, 20-22; E. Cristiani, Il trattalo del 27 febbraio 1314 tra Roberto d’Angiò, Pisa e la Lega Guelfa toscana alla luce di nuovi documenti, «Bull. Ist. Stor. Ital. per il Medio Evo» 68 (1956) 259-80, che concerne anche la pace del 1317.

Al precedente trattato di pace tra Pisa e Roberto d’Angiò, 12.VIII.1316, aveva partecipato tra gli ambasciatori pisani anche fr. Iacopo di Donato da Pisa OP († sett. 1327/6): «Unde illustrissimus rex Robertus, contra pisanos odio et furore turbulentus, placari eis non potuit nisi verbis istius [scil. fr. Iacobi Donati] dulcissimis et sapientissimis primo receptis; nam pisanorum ad ipsum regem ambaxiator directus et missus, ita eumdem ad concordiam inclinavit ut ipso volente cives legati ad ipsum pacem firmissimam impetrarunt» (Cr Ps137, cf. ed. 487); notizia confermata da fonti angioine, che in data 16.VIII.1316 registrano soluzione di 2 once in donativo al frate pisano in Napoli insieme con gli ambasciatori di Pisa (Caggese I, 675-76).

L’oltranza guelfa di Folgore da San Gimignano irride la pace con Pisa patrocinata dal «pugliese» (Roberto d’Angiò) e sprona a vendicare con le armi i morti di Montecatini (sonetti Così faceste voi o guerra o pace, e Guelfi, per fare scudo delle reni).

2. Quello contenuto nel sermone ora riportato è l’unico rimando esplicito al De bono pacis dagli scritti di Remigio. Ma spigolando nei sermonari, ci s’imbatte in brani che possono utilmente illustrare il tema della pace e le sue molteplici variazioni.

Settimo sermone dell’Epifania, Ecce magi (Mt. 2,1) (cod. D, ff. 84rb-85rb): «Cum intrasset Iesus Ierosolimam commota est universa civitas. Iesus dicit, idest salus, quia salus civitatis pax est, per quam quidem civitas commovetur idest movetur; et per previas tribulationes sicut per medicinam; pene enim sunt quedam medicine, ut dicitur in II Ethicorum. Exemplum de Brixia. Unde proverbium “Firençe non si muove se tutta non si duole”. Et per status mutationem scilicet de malo in bonum. Sed quid? Melior est manifesta guerra quam pax simulata» (f. 84vb).

Precedentemente il sermone s’era intrattenuto sulla magia e pratiche superstiziose, dopo aver preso lo spunto dalla “derivatio nominis”: «magus dicitur a magnitudine idest maggio secundum vulgare nostrum» (cod. D, f. 84rb); «a magnitudine scientie magi sunt nuncupati» (Guglielmo il Bretone, Summa Britonis, ed. Daly, Padova 1975, 405); “maggio” è apocope di “maggiore”; in Firenze era detta - e lo è tutt’oggi - via Maggio (via Maggiore) la strada che traversava il sesto d’Oltrarno, portata a termine nel 1261 (E. Sznura, L’espansione urbana di Firenze nel Dugento, Firenze 1975, 122-23). «Item vocantur magi modo qui utuntur quibusdam prestigiis faciendo hominem apparere equm et huiusmodi... ; ut sic dicantur magi quasi illusores ab ymagine quasi ymagi [= i magi?]. Et tales mage sunt hodie multe mulieres que ostendunt se mulieres in facie et tamen in veritate sunt arietes corda hominum cornibus percutientes» (f. 84va). Trattati altri modi e operatori d’arte magica, si conclude: «Omnes tales sunt per dominum episcopum excomunicati» (f. 84vb). Costituzioni sinodali 13.VIII.1310 dal vescovo fiorentino Antonio dell’Orso, rubrica De sortilegiis: R.C. Trexler, Synodal law in Florence and Fiesole, Città del Vaticano 1971, 284). Remigio aveva ampiamente discusso l’arte magica nella Divisio scientie cc. 18-20 (MD 1981, 110-19).

Terzo sermone su san Michele, Factum est prelium magnum in celo (Apoc. 12, 7) (cod. D, ff. 309ra-310rb). Subito dopo il pròtema:

originale latino

volgarizzamento (2008) di EP

Verbum propositum cantabitur in sexta, in quo beatus Iohannes, angelus et virgo purissimus, quatuor tangit. Primum est nostri status misera in bello conditio, quia Factum est prelium magnum in celo; sicut enim beatitudo est in pace esse, iuxta illud Ps. [147,3] «Qui posuit fines tuos pacem», ita miseria est esse in bello.

Queste parole vengono cantate nell'ora sesta dell'ufficio liturgico odierno; e san Giovanni, angelo e vergine purissimo, vi raccoglie quattro punti di riflessione. Primo, misera condizione di guerra del nostro stato: Scoppiò una grande guerra nel cielo. Come infatti la beatitudine consiste nella pace, Salmo 147,14 «Egli ha messo pace nei tuoi confini», allo stesso modo è cosa miserevole essere in stato di guerra.

Sed sciatis quod dominus papa videtur multum intendere ad pacem istius civitatis; nec est bonum relaxare linguam contra eum, ne contingat eis quod contigit Oçe, II Reg. 6[,6-7], qui voluit sustentare manu archam Domini (…). Dominus papa est sapiens et prudens homo et ideo forte vult homines qui ei non resistant ministros (cod. D, f. 309rb).

Sappiate però che messere il papa è molto premuroso per la pace di questa città, e non è bene sparlare di lui. Che non gli tocchi, a quanti malignano, la stessa sorte di Uzzà, il quale pretendeva di sorreggere con le proprie mani l'arca del Signore, II Samuele 6,6-7 (…). Messere il papa è uomo saggio e prudente; verosimilmente si aspetta persone disponibili al servizio non alla contestazione (cod. D, f. 309rb).

Il testo biblico tema del sermone è il capitolo dell’ora sesta dell’ufficio di san Michele Arcangelo (celebrazione liturgica 29 settembre). Nessun esplicito indizio permette di datare il sermone con certezza. Interventi papali sulle vicende di Firenze furono molti. La seconda legazione di Matteo d’Acquasparta si protrasse da giugno a ottobre 1300 (includeva dunque anche settembre) e mirava a riportare la pace negli affronti cittadini seguìti alla scissione tra bianchi e neri. E fu in occasione della legazione di Matteo che in Firenze si alzò la voce e si reagì pubblicamente contro l’intromissione di Bonifacio VIII nelle cose interne della città. «Nec est bonum relaxare linguam contra eum», dice il testo di Remigio. Si distinsero Lapo dei Salterelli e Dante Alighieri, priore nel bimestre giugno-agosto 1300. Relaxare linguam. Con la medesima metafora papa Bonifacio aveva bollato i suoi critici nella lettera 15.V.1300 al vescovo fiorentino: «in verba non tam heretica quam insana relaxare linguas suas temere presumpserunt, maxime Lapus Saltarelli» (G. Levi, Bonifacio VIII e le sue relazioni col comune di Firenze, Roma 1882, 96). Il 28 o 29 settembre 1300 il legato Matteo lanciò la scomunica contro le autorità fiorentine, e ai primissimi d’ottobre si partì da Firenze.

Davidsohn IV, 142-44, 160, 185-88, 198. Villani IX, 40, 27-31: «Quelli della parte bianca che guidavano la signoria de la terra, per tema di non perdere loro stato e d’essere ingannati dal papa e dal legato per la detta riformagione, presero il piggiore consiglio e non vollono ubbidire». Per il ruolo di Dante in quei mesi cf. S.A. Chimenez, Dante Aligbieri, DBI II, 399-404; G. Petrocchi, Biografia, ED VI, 24-30; id., Vita di Dante, Bari 1984, c. 9, pp. 77 ss. Nel primo sermone di domenica III di Quaresima si legge: «Via superborum est montuosa, unde dicit stultiloquium [Eph. 5,4] vel lubrica; hic nota: sicut contra papam et legatum; via scurrilium est tortuosa...» (cod. G4, f. 76ra).

Oltre alle fonti comuni su mr Lapo di Guido dei Salterelli cf. ASF, Arte dei Giudici e Notai 5, f. 22r, dove si dice che è «de Monte Crucis»; ASF, Notar. antecos. 4111, ff. 161r-v (30.VIII.1295), 167v (17.II.1295/6), 168v (6.III.1295/6).

Suo fratello è fr. Simone di Guido del Salterelli OP (Cr SMN  n° 320) già frate negli anni ’80 del Dugento.

Altro fratello è Cerbino, detto Bino, di Guido (ASF, Notar. antecos. 995, f. 31v: 11.VIII.1264); due figli di costui, Andrea († 1333) e Michele († 1373) sepolti in SMN (Libro dei morti: MD 1980, 120, 175). E in SMN furono sepolti anche Martino di Andrea († 1361) e Simone di Michele († 1383) (ib.: MD 1980, 105,175).

Proposta di riallaccio cronologico frammentata ma attendibile: 29 settembre1300(?). Preziosa testimonianza sull’atteggiamento di Remigio durante la legazione del cardinal Matteo; e avallo al rientro del frate fiorentino dalla Francia a fine anno scolastico 1300, come già suggerito sopra.

Sedicesimo sermone d’Ognissanti, Beati pacifici (Mt. 5, 9) (cod. D, ff. 338vb-339rb). Il sermone termina col rimando «Vide in sermonibus de pace» (f. 339rb). Segue poi, con richiamo a fine testo, una lunga giunta di mano B:

originale latino

volgarizzamento (2008) di EP

Ubi nota quod pax principaliter et directe causatur a dilectione...; et ideo secundum ordinem dilectionis, iuxta illud Cant. 2[,4] «Ordinavit in me caritatem», debet esse ordo pacis (…). Primo igitur debemus habere pacem cum Deo pro fundamento vere pacis... Secundo debemus habere pacem cum comuni nostro ut scilicet pars subiciatur toti secundum maius et minus comune, semper preferendo maius, iuxta illud Rom. 12[,18] «Cum omnibus hominibus pacem habentes», et Luc. 2[,14] «In terra pax hominibus bone voluntatis» (…).

Prendi nota che la pace è generata principalmente e direttamente dall'amore...; e dunque è l'ordine dall'amore che regola l'ordine della pace, secondo Cantico dei Cantici 2,4 «Ha riposto in me l'amore» (…). Dobbiamo prima di tutto vivere in pace con Dio per stabilire le fondamenta della vera pace… Secondo, dobbiamo vivere in pace col nostro comune, in modo che la parte si sottometta al tutto su misura della maggiore e minore rappresentanza, dando sempre precedenza alla maggiore; Romani 12,18 «Vivete in pace con tutti»; Luca 2,14 «Pace in terra agli uomini di buona volontà» (…).

Tertio cum nobis ipsis... Quarto cum proximis... Sed inter proximos primo cum amicis..., secundo cum inimicis... |339v|... Item primo cum coniunctis (…). Item primo cum coniunctioribus. Coniunctior autem et coniux coniugi... Sed coniunctior est  filius parentibus quantum ad coniunctionem originalem...  Item omnes predictos primo cum melioribus quia scilicet sunt Deo coniunctiores... (cod. D, f. 339r-v, mg. d. e inf., B).

Terzo, vivere in pace con noi stessi... Quarto, con le persone prossime... E tra le le persone prossime, prima con gli amici..., poi con i nemici... |339v|... Inoltre con i congiunti... E primo con i più strettamante congiunti. Fortemente congiunti sono i coniugi... PIù congiunto è il figlio ai genitori quanto al ricongiungimento nelle origini... Tra tutti costoro, anzitutto con i migliori, perché più congiunti a Dio... (cod. D, f. 339r-v, mg. d. e inf., B).

Dopo l’ordo caritatis e l’ordo misericordie (sopra III § 6 n° 4), ecco l’ordo pacis. Anche qui tra Dio e noi stessi è inserito il comune, la città-stato.

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