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1315

FI 1315-1316    Raccolta, riordinamento, edizione degli scritti

«Multis itaque ac preclaris ornatus virtutibus, predicationis ac doctrine onera pre nimia senectute corporisque debilitate ulterius sustinere non valens, ad salubria consilia danda omnibus humiliter se exhibens necnon scriptitationi ac compositioni librorum sacrorum, quorum plurima ac perutilia edidit volumina, se totum conferens... » (Cr SMN n° 220, 18-22). È probabile che la cessazione dall’insegnamento e dalla predicazione intensa (di fatto Remigio avrà ancora occasione di tenere altri sermoni e trascriverne il testo di proprio pugno nei margini dei suoi codici) coincida con questi anni (Remigiana 381-82); certo è che in questo periodo un innominato copista tradizionalmente designato mano A, lo stesso che aveva trascritto due opere di fr. Riccoldo da Monte di Croce, è al lavoro di trascrizione delle opere e di composizione dei codici remigiani sotto la sorveglianza dell’autore:

Criteri cronologici:

1) I testi scritti da mano A hanno come termine ante quem il tempo di composizione del relativo codice.

2) I testi di mano B sono stati trascritti tra tempo di composizione del relativo codice e anno di morte di Remigio.

3) I testi di mano B sono stati composti dall’autore tra tempo di trascrizione del relativo codice e anno di morte dell’autore stesso; salva l’eventualità che testi (specie sermoni), tralasciati per distrazione al tempo del riordinamento degli scritti e copia nei codici, siano stati posteriormente inseriti da mano B al tempo in cui questa glossa i codici. Soltanto solidi indizi legittimano il sospetto che tale possibilità sia realmente occorsa, perché i sermoni di mano B con datazione propria cadono di fatto tra composizione del codice e morte di Remigio. Lo studio inoltre degl’intrecci di questi sermoni sulle carte di cod. G4 e cod. D mostra in più occasioni che mano B trascriveva i nuovi sermoni nei margini liberi dei propri codici man mano che li veniva componendo (cf. Un sermone in morte..., MD 1981, 299.300).

4) I rimandi da un codice (rimandi attivi) ad altra opera di Remigio (rimandi passivi) scritti da mano A stabiliscono priorità di composizione dell’opera dei rimandi passivi rispetto al tempo di composizione del codice dei rimandi attivi.

5) I rimandi da un’opera (rimandi attivi) ad altra opera (rimandi passivi) scritti da mano A nel testo base e implicanti utilizzazione contenutistica stabiliscono priorità dell’opera dei rimandi passivi rispetto a quella dei rimandi attivi (cf. Un’introduzione 62-65; Tratt. pol. 91-108).

6) I rimandi ad altra opera (rimandi passivi) scritti da mano B stabiliscono priorità di composizione dell’opera dei rimandi passivi rispetto agli anni d’affività di mano B.

Nei due sermonari G4 e D, oltre ai frequentissimi rimandi interni formulati di regola con indicazione della festa liturgica o rubrica e versetto tematico del sermone, si danno alcuni rimandi per lettere e numeri, tipo «Vide supra f. 6. j. et 7». Formulavo l’ipotesi che quest’ultimi fossero residui d’un primitivo sistema di raccordi tra sermoni ancora sciolti o in quaderni isolati, passati poi nei nostri codici e sopravvissuti al definitivo e più funzionale sistema (perché affrancato da riferimenti topici e numerali) di rinvio per festa liturgica + tema (Remigiana 374-76). L’ipotesi passa a certezza. Il sermone Fundavit eam altissimus è decimo della rubrica «de fundatione ecclesie» in cod. D 371vb-372rb; vi compaiono nel corpo del sermone, e tutti di mano A, i seguenti rimandi: «vide supra E  .3. et 4 (372ra); vide supra E .3. et 4 et O .15 .4 (372rb); de hiis fundamentis vide supra E  .6.  9» (372rb). Il medesimo sermone è anche terzo sulla Decollazione di san Giovanni Battista perché l’anniversario della fondazione della chiesa coincideva con la festività del 29 agosto (cod. D 276vb-277rb); qui i rimandi diventano: «Vide supra in eius nativitate (277rb); vide supra ubi prius et in precedenti sermone (277rb); de hiis fundamentis vide in sermonibus de dedicatione vel fundatione ecclesie» (277rb), dove quanto stampato in tondetto è di mano A, quanto in corsivo è di mano B scritto su rasura. In cod. D 329rb: «Vide supra... E .7. j et 2 »: lettere e numeri sono barrati con tratto di penna; dopo «Vide supra» mano B scrive su rasura eodem de eodem, che rinvia a cod. D 240rb e cod. G4 193vb (dom. XI).

In fatto di tradizione i nostri codici sono gli originali in senso stretto: editi sotto la cura dell’autore. A monte di essi, vi furono quaderni o codici di servizio autografi che l’autore passò al copista e calligrafo di professione. Durante il lavoro di trascrizione l’autore interviene più volte, com’è dato riscontrare sulle carte di tutt’e quattro i codici; per integrare documentazione lasciata in sospeso o non rifinita (cod. G 312r-v); per far trascrivere dal copista nei margini delle carte, antecedentemente già glossate da mano B (Remigio), materiale nuovo o omesso (cod. G3 46v); per correggere errori d’ordinamento: cod. C 231v, marg. destro relativo a 227rb-va; in cod. G4 402vb-403rb era stato trascritto De laico masculo, VI, Defecit manna, ma a fine sermone mano B scrive (403rb) «Istud ponatur supra, secundum de sacerdote»; a f. 391v, marg. inf., è mano A che annota: «[De sacerdote], II: Defecit manna. Ios. 5. Require infra in sermonibus de laicis masculis». cod D 278v autografia di Remigio a sinistra, mano A a destra

Altri codici d’autore o idiografici (trascritti sotto la sorveglianza dell’autore e da costui corretti e glossati), ma indipendenti dal periodo di trascrizione dei precedenti quattro e frutto di lavoro d’altri copisti, sono:

BNF, Conv. soppr. E 7.938 (De modis rerum) anteriore a cod. C; in quest'ultimo il copista A riversa l’opera inserendo nel testo base correzioni e giunte marginali apportate da mano B in E 7.938 (Studio 251-52).

BL, Conv. soppr. 516, ff. 221r-268v: Postille super Cantica, con interventi autografi di Remigio, e Distinctiones bibliche della lettera a interamente autografe. Studio 254-55, 267-83; Commentari biblici d’autori domenicani?, «Angelicum» 61 (1984) 506-20.

Hanno dunque lavorato a trascrivere la produzione letteraria di Remigio, vivente l’autore e sotto la sua sorveglianza, almeno cinque copisti:

principali codici della produzione letteraria di Remigio dei Girolami

copista

codici

  tempo di trascrizione

 contenuto

BNF, Conv. soppr. E 7.938

anteriore a C 4.940

De modis rerum

X1

BNF, Conv. soppr. C 4.940, ff. 1ra-7ra

(1314-1315)

Divisio scientie

X2

BNF, Conv. soppr. C 4.940, ff. 7rb-74rb

(1314-1315)

- De uno esse in Christo
- De mixtione elementorum in mixto
- De modis rerum

- parte di Quolibet I

A

BNF, Conv. soppr. C 4.940, a partire da f. 74v

 (1314-1315)

pari all’84,5% di tutto il corpus remigiano
BNF, Conv. soppr. G 4.936

tra nov. 1314 e ag. 1315

BNF, Conv. soppr. D 1. 937

tra apr. 1314 e ag. 1316/1315

BNF, Conv. soppr. G 3.465

tra 1315 e 1317

BL, Conv. soppr. 516, ff. 221r-268v

?

Postille super Cantica

Nessuno di questi libri manoscritti porta tracce di composizione a pecia.

Arezzo ag. 1315    Punito fr. Uberto di Guido da Nipozzano (OP 1298, † 1.V.1348) baccelliere fiorentino

Il capitolo provinciale, convocato in Arezzo il 5 agosto 1315 (ACP 193/3-5), punisce e rimuove dall’insegnamento per un biennio fr. Uberto di Guido da Nipozzano (bassa Val di Sieve, poco a monte di Pontassieve, piviere Diacceto, dioc. Fiesole) baccelliere fiorentino 1314-15. Importante testo capitolare in ACP 197/10-34:

«Item quia frater Ubertus Guidi baccellarius florentinus hoc anno in conventu florentino dum disputaretur de quolibet in conspectu multitudinis fratrum, secularium, clericorum et aliorum religiosorum, temerarie non solum in ipsa disputatione sed etiam in cathedra dum legeret multa assertive dixit contra sanam et sacram doctrinam venerabilis doctoris fratris Thome de Aquino, quodque in irreverentiam prefati sacri doctoris et contra reverentiam sui lectoris superbe et arroganter multa dixit, quod etiam inauditum est determinando in cathedra contra determinationem ipsius sui lectoris, prout omnia clare probata sunt tam per suamet verba quam etiam per testimonia veridicorum et scientificorum studentium qui presentes in omnibus extiterunt, ne talis et tanta culpa, sicut non debet, pertranseat impunita et sibi sit ac ceteris fratribus in posterum in documentum pariter et exemplum “non plus sapere quam oporteat sapere, sed sapere ad sobrietatem” [Rom. 12,3], habita super predictis diligenti consultatione cum discretis et scientificis fratribus, imponimus ac districte mandamus eidem fratri Uberto ut illa que sic temerarie et contra veram doctrinam prefati doctoris dixit coram multis sic congregata multitudine fratrum et aliorum litteratorum virorum secularium, clericorum et aliorum religiosorum, studeat illa pure et sincere ac humiliter retractare prout et quando reverendus pater prior provincialis sibi duxerit imponendum, et ipsum per biennium omni lectione omnique disputatione cuiuscumque facultatis ac magisterio studentium et omni actu scolastico privamus, et ipsum de conventu florentino removemus et pistoriensi conventui assignamus et x dies in pane et aqua ieiunandos sibi damus» (MOPH XX, 197/10-34).

traduzione italiana del testo!

Nel corso dell'anno accademico 1314-15 coincidente col 1315 Uberto in atto di pubblico insegnamento in SMN fa pronunciamenti dottrinali («assertive» non «recitando») contrari alla dottrina di fr. Tommaso d'Aquino. E questo sia durante disputa quodlibetale aperta al pubblico e alla presenza di molti frati, secolari, chierici e religiosi d’altri ordini (presumibilmente quaresima 1315, periodo scolastico dei quodlibeti) sia in lezioni ordinarie di baccelliere. Non è il solo punto a suscitare il biasimo dei definitori. Indire, presiedere e concludere autorevolmente («determinare») la disputa quodlibetale è competenza del maestro (quilibet, quodlibet = chiunque, qualsiasi cosa; qualsivoglia domanda posta non importa da chi  = de quolibet a quolibet; temi sollevati dall'assemblea, non proposti dal maestro). Il baccelliere Uberto vi prende parte in ruolo di respondens di prima istanza, sotto la guida e responsabilità del maestro. Nei riguardi di costui Uberto tiene un comportamento irriverente; non semplice sfogo temperamentale, ma arrogante e pertinace difesa di tesi controverse: «superbe et arroganter multa dixit». E, cosa estremamente più grave («inauditum est»!), osa definire in cattedra la disputa contro la determinazione data dal maestro. «In cathedra»: lo si addebita due volte all'intemperante baccelliere (ACP 197/13.17).

«Baccalarii autem qui legunt extraordinarie non ascendant cathedram propter reverentiam magistrorum», si legge nelle prescrizioni capitolari (Milano 1278: MOPH III, 197/4-5); «Item ordinamus quod cursores Sententiarum in cathedra lectoris principalis non sedeant quando legunt» (ACP  68/30-31, a. 1284; 79/14-15, a. 1287). Ciò che più di tutto ha indignato i partecipanti alla disputa (costoro testimoniano dello svolgimento dei fatti) e gli stessi definitori è che Uberto si arroga il diritto spettante al maestro di determinare la disputa e risolve in opposizione alla soluzione data dal maestro stesso; lo testimonia l'«inauditum est» (ACP 197/17).

Chi era il maestro che soprintendeva alla disputa quodlibetale? Quali le tesi dibattute?

Alla prima domanda si può rispondere con verosimile attendibilità. Nel 1313 (anno scolastico 1313-14) lettore fiorentino è fr. Matteo degli Orsini (ACP 190/19). Nessuna provvisione per il lettore fiorentino nel CP 1314. Nel 1314-15 Matteo degli Orsini è certamente a Parigi (cf. J. Koch, «Miscellanea F. Ehrle » I, Città del Vaticano 1924, 277-78; AFP 1938, 28 n. 12, 63). Nel terzo prologo su san Paolo, Remigio dice: «Anno preterito, sicut sciunt illi qui fuerunt presentes, ego cum essem simul in alio officio occupatus, utpote simul existens prior et lector, quousque de alio provideretur lectore... » (cod. G 4 324va). Secondo il cronista settecentesco Vincenzo Borghigiani OP (raccoglieva notizia attendibile?) Remigio fu priore nel 1314 (Studio 229). Nel 1316 lettore fiorentino è fr. Angelo (ACP  201/19). La candidatura di Remigio al lettorato fiorentino 1314-15, alla vigilia del suo ritiro dall'insegnamento, è attendibile. Diventa l'unica possibile se si ricorda che la disputa quodlibetale, specie in uno studium generale, comporta il titolo magistrale. Ora tra nomina del maestro Gentile degli Stefaneschi a vescovo di Catania (1296) e conseguimento del magistero (1318-21) di Matteo degli Orsini, Remigio è l'unico maestro in teologia della provincia Romana (SOPMÆ II, 21: MOPH XXII, 135; AFP 1937, 87, 107; 1938, 35).

Più difficile rispondere alla seconda domanda. Ricordiamo che Uberto di Guido viene assegnato studente a Parigi nel 1310 (ACP  179/23-24); Remigio era priore provinciale. Gli anni 1308-1313 coincidono con la prima fase del dissenso di Durando da Saint-Pourçain OP dalle tesi tomasiane e relativi interventi dell'ordine. Ma poiché Uberto non ha lasciato alcuno scritto di scuola, risulta vano ogni tentativo di rintracciare derivazioni dottrinali. Non resta che indicare l'area teologica d'ispirazione tomasiana coperta dal magistero di Remigio (e principalmente la produzione quodlibetale) quale probabile ambito del dissenso di Uberto. Si noti un brano dell'articolo biografico di  fr. Uberto: «gentilium ystorias et poetarum fabulas renuens» (Cr SMN n° 331; ed. Necr. I, 68 omette ystorias et), assiduo lettore solo della bibbia e santi padri. «Renuens» suona netto e incompromesso rigetto. Bisogna intravvedervi un temperamento intellettuale intransigente nei riguardi della cultura e letteratura pagana? I tratti culturali delle resistenze coeve o immediatamente posteriori alla teologia di Tommaso d'Aquino non avevano una matrice essenzialmente conservatrice rispetto al nuovo corso indotto da Tommaso nella «sacra doctrina»? "Filosofeggiano troppo, questi teologi; più theophantes che theodocti"! Sappiamo con quanta ampiezza d'informazione e simpatia Remigio valorizzi e impieghi - specie nei trattati politici - le fonti della letteratura pagana e le "virtutes politicae"della romanità classica.

Uberto è punito con un biennio d'interdizione dall'insegnamento, rimozione da Firenze e assegnazione a Pistoia, dieci giorni a pane e acqua: provvedimenti presi in consultazione «cum discretis et scientificis fratribus» (ACP  179/24). Difficile pensare che Remigio, predicatore generale con diritto di partecipazione al capitolo, lettore e priore di Firenze, e certamente frate «scientificus» di punta in quel tempo, sia stato estraneo alle severe misure contro la dissidenza intellettuale del suo baccelliere.

Note di biografia 270-73; I quodlibeti 13-14; SOPMÆ IV, 414-15. Dante: «Si come il baccialier s’arma e non parla | fin che '1 maestro la question propone, | per approvarla non per terminarla, | cosi m’armava io d’ogne ragione» (Parad. XXIV, 46-49). Rivive in «s’arma» di Dante la radice cavalleresca del baccelliere (il donzello aspirante al cavalierato e che combatte all’ombra del cavaliere) alimentata dalla lettura delle «ambages pulcerrime» del ciclo arturiano (De vulg. eloqu. I, X, 2). Cf. La chanson de de Roland v. 3197: «De bachelers que Carles cleimet enfanz».

Cr SMN n° 331 (e si corregga ed.): «Fr. Ubertus Guidi de Nepoççano sacerdos et predicator. Hic fuit fama celebris et oppinione venerabilis, in consiliis circumspectus, clarus scientia, cellam amans et usque ad decrepitam etatem habens solatio libros sanctos, gentilium ystorias et poetarum fabulas renuens, sacri canonis libros ac originalia sanctorum cotidie decurrebat. Hic fuit studens Parisius, baccellarius florentinus et magister studentium. Loycalia et naturalia legit pluries sue tempore iuventutis. Fuit insuper lector in conventibus viterbiensi aretino senensi perusino et florentino. Fuit hic etiam supprior florentinus, prior etiam pistoriensis et prioris provincialis vicarius. Vixit in ordine annis La vel circa. Obiit autem anno Domini MCCCXLVIII in kalendis maii».

Fra Uberto di Guido non perse la pubblica stima cittadina. ASF, Dipl. S. Maria Nuova 6.VI.1329 (più rotoli pergamenacei): importante documentazione circa lite tra l'ospedale Santa Maria Nuova e i Portinari per il diritto di patronato; eleggono fr. Uberto arbitro del lodo; rotolo I, pergamena 1a: «volentes dicte partes... ad pacem et concordiam devenire..., consenserunt expresse... et compromisserunt alte et basse in religiosum honestum discretum virum fr. Ubertum Guidi, lectorem ordinis fratrum Predicatorum de Florentia, presentem et recipientem de licentia religosi viri fr. Mattei Iohannis prioris dictorum fratrum...; dantes et concedentes dicte partes, ... omni via et modo quo melius potuerunt, dicto fr. Uberto arbitro et arbitratori plenam dicentiam... laudandi arbitrandi sententiandi componendi...». La sentenza di fr. Uberto, emessa nel palazzo episcolare di Firenze, la si legge nelle pergamene 2a -4a (3.VIII.1329). Idem in ASF, Dipl. S. Maria Nuova 6.VI.1329, rotolo II (diplomi "originali", questi: cosi almeno annotai nel mio quaderno, consultazione giugno 1997).

S.I. Camporeale, Lorenzo Valla tra Medioevo e Rinascimento. Encomion S. Thomae (1457), MD 7 (1976) pp. 12-13.

(2007) "Ne le scuole de li religiosi"

FI 6-11 ag. 1315    In ricevimento di Filippo, figlio di Carlo II d’Angiò, principe di Taranto

De allocutione vel receptione, De principe: Princeps ea que digna sunt principe cogitabit et ipse super duces stabit (Is. 32, 8; cod. G4 353v-354r, marg., tutto di mano B): Dominus princeps tarentinus, qui hic est, describitur nobis in verbo proposito quantum ad duo (353v, mg sup.). Dominus autem princeps tarentinus, qui hic est, ad hoc venit, et sperare debemus quod ipse in virtute Dei hoc faciet; et vere secundum nomen suum erit Philippus idest os lampadis, scilicet ad illuminandum sibi subditos ut ad finem intentum pacis valeant pervenire, iuxta illud Luc. 1 [,78-79] «Visitavit nos oriens ex alto», idest d. Philippus princeps tarentinus oriens ex alto genere domus Francie et ex alto patre scilicet rege Ierusalem et Sicilie, «illuminare hiis etcetera in viam pacis». Et erit princeps tarentinus ad terendum et conterendum omnes qui volent et conabuntur subditorum suorum statum quietum ct pacificum impedire. Quod quidem, ut melius et salubrius valeat ad complementum perducere, placeat vicario príoris quod ego ex parte sua offeram ei orationes fratrum (353v-354r).

Filippo figlio di Carlo II d’Angiò e fratello di re Roberto, da quest’ultimo inviato a rinforzare le truppe di lega guelfa fiorentina contro Uguccione della Faggiola; entra in FI il 6.VIII.1315 insieme col figlio Carlo (Caggese I, 219; Davidsohn IV, 795-98; E.G. Léonard, Les Angevins de Naples, Paris 1954, 225; cf. Villani X, 70-71); l’11 agosto si parte da FI per raggiungere l’esercito al comando di Pietro conte di Eboli (Cronichetta, ed. P. Santini, Quesiti e ricerche di storiografia fiorentina, rist. Roma 1972, 137), il 13 agosto si ricongiunge con Pietro a Fucecchio (Davidsohn IV, 799). Principe di Taranto dal 1294, Filippo aveva sposato (1294-95) Ithamar figlia di Niceforo Comneno, despota dell’Epiro; di qui i suoi diritti sul regno d’Albania ed Acaia. Sposò in seconde nozze (1313) Caterina figlia di Carlo di Valois e di Caterina di Courtenay, che gli permetteva di rivendicare diritti sull’impero latino di Costantinopoli (Léonard 201-02, 297).

Giovanni da Napoli OP in morte (1332) di Filippo: «Omnes ad presens sumus congregati ad exequias principis tarentini qui in vita sua fuit princeps et amicus Dei et elegit post mortem corpus suum sepeliri inter electa sepulcra generis sui qui sunt apud nos, et idcirco fratres huius conventus eum alloquendo congrue possunt dicere sibi verba primo proposita Princeps etc.» (Napoli, Bibl. Naz. VIII.AA.11, f. 18va); nella traslazione del medesimo: «dominus N. vitam suam morti exposuit sepe, saltem bis scilicet in Sicilia et in Tuscia pro Christo domino amico suo et eius ecclesia contra bostes ecclesie pugnando» (f. 37va).

Priore di SMN era fr. Tramo dei Monaldeschi da Orvieto (Priori 281), in quegli stessi giorni al CP Arezzo, cosicché in FI è sostituito dal suo vicario, cui accenna il sermone remigiano.

22 ag. 1315    Sermone Iustorum semita

De processione, sermo III: Iustorum semita quasi lux splendens procedit et crescit usque ad perfectum diem (Prov. 4, 18, cod. G4 368v-369v, marg., tutto di mano B): Ista processio describitur nobis in verbo proposito quantum ad quatuor (368v, mg inf.). Tertio quantum ad processionis tempus festivum quia quasi lux etc. Est enim hodie octava Assumptionis beate Marie, que interpretatur illuminata vel illuminatrix, et est dies sextus septimane, qui potest dici perfectus in quantum senarius est numerus perfectus, secundum Augustinum. Vide in sermone de Nativitate beate Marie, Lux orta est. Quarto... (369v, mg sin.).

Se mano B non trascrive un sermone tralasciato dal copista A, il sermone è del 22 agosto 1315, unico anno dopo la trascrizione di cod. G4 nel quale l’ottava dell’Assunzione cade di venerdi (Pasqua 23 marzo). Lux orta est, cui si rinvia, è sermone XII sulla Natività della Vergine (cod. D 293ra-294rb), ultimo di quella festività trascritto dal copista A; altri due sono aggiunti in margine da mano B (cod. D 293v-295v).

29 ag. 1315 (I)    Sermone Filia Herodiadis

In decollatione beati Iohannis Baptiste, sermo [V]: Filia Herodiadis petivit (Mr. 6, 25; cod. D 277v-278r, marg., mano B).

Tutto il sermone di mano B, fino a f. 278r, marg. destro, tre terzi di colonna; poi inizia subito, sempre al marg. destro, Litera occidit del 29.VIII.1316, rispetto al quale Filia Herodiadis è certamente anteriore. Se non vogliamo supporre che nel medesimo anno 1316 Remigio predicasse due sermoni per la medesima festività liturgica, Filia Herodiadis dovrà risalire all’anno precedente (cf. Studio 31, 234). cod D 278v autografia di Remigio a sinistra, mano A a destra

29 ag. 1315 (II)    In morte di Carlo d’Acaia, figlio di Filippo principe di Taranto

De mortuis, De filio principis: Nobilis grandis interitu (Eçe. 22, 5; cod. G4 387v-388r, marg., tutto di mano B): Dominus Karolus filius domini principis, quem Dominus ad se vocavit, describitur nobis in verbo proposito (387v, mg sup.). Aliqui occidunt et moriuntur ex defectu nature, sed iste non sic, quia iuvenis admodum erat scilicct xviij annorum vel circa; aliqui vero ex infirmitate, sed iste sanus erat; aliqui vero ex violentia, quaravis et quilibet istorum trium modorum generalium multipliciter diversificetur, et iste mortuus est per violentiam gladii contra pugnantium (387v, mg sin.). Vocatus est enim Karolus, quo nomine vocati sunt multi grandissimi de genere suo (387v-388r). Et temporibus nostris avus suus et pater suus vocatus est rex Carolus, et etiam patruus suus rex Ungarie; et ideo secundum interpretationem fratris Arriguccii "Carlo" idest "carum habeo eum" idest istud nomen (388r, mg sup.).

In morte di Carlo d’Acaia, figlio di Filippo principe di Taranto, caduto nella battaglia di Montecatini, 29 agosto 1315, che segnò un grave colpo alla lega fiorentina (Villani X, 71-72; Cronichetta, ed. Santini, Quesiti e ricerche..., Roma 1972, 138; Davidsohn IV, 804-05). La liturgia esequiale sarà di qualche giorno posteriore al fatto d’arme di Montecatini, verosimilmente celebrata in FI, dove il principe Filippo rientrò dopo la disfatta e si trattenne fino ai primi di dicembre 1315 (Cronichetta, ed. cit., 138-39; Caggese I, 230 n. 1). AGOP XIV lib. A, I bis, f. 470r-v (regesti settecenteschi delle pergamene di San Domenico di Napoli): «Filippo principe di Taranto, figlio del re di Sicilia, a’ 23 giugno 1316 comanda che il corpo di Carlo suo figlio primogenito sepolto a Pisa si trasferischi in Napoli nella nostra chiesa, ove anco stanno sepolte le interiora di suo padre e di corpi di altri suoi parenti». ACG II, 97/15-16; 98/31-33 (1316). Tra i morti e dispersi della battaglia di Montecatini anche alcuni Girolami (Tratt. pol. 49 n. 89, 58 n. 110, 72 n. 134).

FI tra dic. 1315 e giugno 1316    In morte di Beatrice, figlia di Carlo II d’Angiò e moglie di Bertrand de Baux

De mortuis, De uxore comitis novelli: Iudicate quoniam non ipsa uxor mea (Os. 2, 2; cod. G4 388v, marg., tutto di mano B), in morte di Beatrice, figlia di Carlo II d’Angiò e moglie di Bertrand de Baux conte di Monte Scaglioso e d’Andria: Un sermone in morte..., MD 12 (1981) 294-301.

Docc. su Beatrice in A. Cutolo, Il regno di Sicilia negli ultimi anni di vita di Carlo II d’Angiò, Milano-Napoli 1924, 82-83 (27.VIII.1308), 100, 103 (30.IX.1308). Giovanni da Napoli OP in morte d’un fratello di Bertrand de Baux: «dominus N. et omnes de suo genere sunt multum nobiles carne, propter quod etiam bone memorie Karolus II rex Sicilie, rex magni cordis et sapientie, tradidit filiam suam in uxorem domini N. comitis Montis Caveosi fratris principis defuncti» (Napoli, Bibl. Naz. VIII.AA.11, f. 19va-b).

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